Il mare in Toscana: ecco i controlli

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La Regione Toscana, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e l’Unione Europea promuovono la valutazione delle risorse ittiche attraverso vari programmi di ricerca e monitoraggio realizzati anche dall’Arpat

Similmente a quanto riportato nel Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente sul Mediterraneo, anche l’Arpat Toscana realizza da decenni vari programmi di monitoraggio in collaborazione con Istituzioni regionali, nazionali e internazionali. Seguono alcuni dei principali ambiti di attività dell’Arpat in ambiente marino.

Le attività di pesca e acquicoltura

La Regione Toscana, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e l’Unione Europea promuovono la valutazione delle risorse ittiche attraverso vari programmi di ricerca e monitoraggio realizzati anche dall’Arpat: ad esempio da oltre vent’anni vengono eseguiti campionamenti estivi e autunnali (Medits e Grund) con le relative analisi ed elaborazioni. Parallelamente a questi, sono attivi altri programmi di ricerca e monitoraggio, indirizzati allo sbarcato commerciale (Campbiol), ad aspetti economici e di mercato (Birdmod), su strumenti di valutazione della pesca (Fisboat), sulle zone di riproduzione ittica (Nursery), sulle metodologie statistiche e sullo sfruttamento di particolari risorse marine di interesse locale (rossetti, cannolicchi,ecc.). Per quanto riguarda l’acquacoltura l’Arpat e l’Arsia conducono progetti su impianti pilota con gabbie off-shore per l’allevamento di specie ittiche pregiate (spigole, orate, ecc.) in aree di mare di particolar pregio. I progetti si inseriscono nelle nuove linee di sviluppo del settore che prevedono il consolidamento delle pratiche di maricoltura, con gli auspicati sviluppi verso tecniche responsabili e a ridotto impatto ambientale. L’Arpat si occupa della valutazione dell’impatto ambientale dell’allevamento, con particolare riguardo alla vita bentonica ed alla prateria di posidonia, ed al controllo dei principali parametri legati all’allevamento (crescita, mangimi, patologie, qualità delle carni, ecc.), per verificare se la produzione di pesce in condizioni ambientali idonee porti ad un prodotto finale di ottima qualità, con modesta incidenza sul costo di produzione e basso impatto ambientale.

Sfruttamento delle risorse marine

Il più semplice ed immediato dei parametri descrittivi utili alla pesca è rappresentato dall’indice di biomassa, ovvero il quantitativo di pesci presenti in una certa area, esprimibile ad esempio in kg per km quadrato. Tale indicazione, seppur molto sintetica non tiene però conto della composizione e della varietà delle specie presenti. Nel Tirreno ad esempio abbiamo oltre 400 specie ittiche che sono comunemente oggetto dell’attività di pesca, e tra esse circa 250 specie di pesci ossei, 50 di crostacei, 40 di molluschi cefalopodi, 35 di selaci e altre ancora. Due tra le specie più conosciute e importanti per la pesca in Toscana, sono la triglia e il nasello: queste, tra innumerevoli altre, sono monitorate dall’Arpat, grazie a programmi di ricerca ministeriali e comunitari che proseguono da oltre 20 anni: si dispone cioè serie temporali sufficientemente lunghe, che rappresentano l’evoluzione dei quantitativi in mare delle specie. La biomassa del nasello (Merluccius merluccius) risulta relativamente stabile intorno ai 50 kg/kmq e si può anche ipotizzare anche un leggero incremento che però finora non risulta statisticamente significativo. È invece molto evidente l’incremento della popolazione di triglie (Mullus barbatus) che passa da valori intorno ai 20 kg/kmq negli anni 80 fino a valori attuali anche superiori ai 100 kg/kmq nel periodo autunnale.
Seppure con tutte le dovute cautele, si può quindi affermare la sempre maggior efficacia della protezione dell’area costiera e uno stato di miglioramento per queste popolazioni. Per molte altre specie, gli indici di abbondanza e biomassa mostrano andamenti coerenti, suggerendo la stabilità della struttura delle popolazioni, come è anche dimostrato dall’andamento costante della taglia media.
Da sottolineare comunque l’esistenza di ampi cicli naturali che sono stati osservati in specie quali il moscardino, lo scampo e i gamberi. Considerando le serie storiche di indici di abbondanza e biomassa è possibile osservare andamenti differenti nelle diverse aree, che evidenziano distinti scenari nell’area a nord dell’Isola d’Elba e in quella a sud: per una più accurata gestione delle risorse, tali osservazioni suggeriscono quindi di prendere in considerazione anche una scala più locale di quella regionale.
Nell’ottica di raggiungere uno sfruttamento ottimale delle risorse ittiche dell’area toscana, si ritiene comunque importante adottare misure in grado di diminuire la pesca sulle forme giovanili delle specie più importanti. In linea di massima, si ritiene poco efficace un aumento della dimensione delle maglie delle reti, in considerazione della multispecificità mediterranea, in cui molte specie di notevole importanza commerciale sono di piccole dimensioni. Sarebbe invece auspicabile un miglioramento dei metodi di pesca, in particolare, accrescere la selettività degli attrezzi da pesca per catturare meno novellame possibile e ridurre le quantità di scarti con accorgimenti tecnici quali maglie quadre, griglie selettive, tunnel di fuga, ecc. Nel passato, per diminuire la pressione della pesca sulle forme giovanili si è attuato il fermo di pesca, ma in un sistema multispecifico e complesso è però difficile definire una misura che sia adeguata per più specie contemporaneamente.
Si ritiene comunque valida la realizzazione di un fermo di pesca più articolato che preveda la chiusura temporanea di aree caratterizzate da elevate concentrazioni di giovani e/o riproduttori, prevedendo una rotazione spazio temporale di tali aree di nursery.

L’invasione biologica

Merita anche un accenno il fenomeno della transfaunazione, ovvero la comparsa di nuove specie di pesci nelle acque marine della Toscana. È infatti documentata la comparsa massiva negli ultimi decenni di nuove specie di pesci una volta occasionali o completamente assenti nel Mar Tirreno. Alcune specie quali Taeniura grabata, Pomadasys incisus o Pisodonophis semicinctus, originarie dalle coste meridionali del Mediterraneo, sono da considerarsi completamente nuove, anche se finora qui sono ancora molto rare.
Altre specie invece, una volta presenti in maniera sporadica sono oggi ben stabilite, con popolazioni strutturate che forniscono catture anche significative alla pesca: è il caso del pesce serra (Pomatomus saltator), del pesce balestra (Balistes carolinensis), del pesce rasoio (Xyrichthys novacula) o del pesce lucertola (Synodus saurus).

Urbanizzazione

L’impatto antropico sull’ambiente marinocostiero viene monitorato su vari elementi e all’interno di diversi progetti per lo più coordinati a livello nazionale. L’Arpat conduce il monitoraggio delle acque costiere, dei sedimenti e delle biocenosi marine secondo gli obiettivi del Piano di Tutela delle Acque della Toscana (G.R.T. n.24/2003) e in convenzione con il Ministero dell’Ambiente per il Programma Nazionale di controllo del mare costiero (L. 979/82), come già avviene dal 1997. Inoltre, a questi monitoraggi dal 2004 si è aggiunto l’avvio del controllo delle sostanze pericolose anche nelle acque e nei sedimenti marini ai sensi del D.M. 367/2002 . A questo riguardo l?Area svolge un’attività di coordinamento e di supporto a tutti i Dipartimenti e Servizi costieri, che svolgono il controllo. Durante i mesi estivi, da aprile a settembre viene anche condotto un approfondito controllo sulle acque di balneazione in oltre 360 punti stabiliti dalla Regione lungo le coste della Toscana (DPR 470/82) (i dati sul monitoraggio delle acque destinate alla balneazione sono disponibili on line sira.arpat.toscana.it).
Il monitoraggio delle Secche della Meloria e la protezione della fascia costiera grossetana sono realizzati attraverso il progetto Moniqua (Interreg IIIa – Italia-Francia). Attraverso intense collaborazioni internazionali si cerca infatti di definire le strategie più efficienti (su sedimenti, mitili, posidonie, ecc.) per valutare su scale standard i livelli di inquinamento da metalli pesanti, idrocarburi e altri composti aromatici.

Biodiversità marina

L’Arpat e la Regione Toscana hanno elaborato un programma mirato alla valutazione della biodiversità marina in Toscana (BioMarT), elemento quanto mai importante anche considerando la vocazione del Parco dell’Arcipelago Toscano e il Santuario dei Cetacei. Il progetto prevede la definizione e composizione di un repertorio naturalistico complessivo degli organismi marini della Toscana, un archivio delle componenti biotiche e ambientali determinanti per la biodiversità, la valutazione e individuazione delle biocenosi vulnerabili, delle specie rare e dei siti di elevato interesse conservazionistico nel mare della Toscana.

Erosione delle coste

In collaborazione con la Regione Toscana e alcune Province costiere sono in corso studi sia sui fenomeni di erosione costiera, sia sullo spiaggiamento delle foglie di posidonia. L’obiettivo è quello di identificare azioni di contenimento dei problemi che però al contempo non abbiano gli elevati impatti ambientali conseguenti ai provvedimenti intrapresi negli scorsi decenni.

I passi verso una migliore gestione ambientale

L’uso oculato di tutte le precedenti informazioni mette in condizione Arpat di formulare strategie gestionali che vedono come strumento principale l’approccio ecosistemico, indirizzato alla gestione integrata della fascia costiera in senso stretto e in senso più ampio di tutte le acque territoriali toscane. Le attività antropiche in generale e la pesca commerciale in particolare hanno infatti un impatto diretto sulle risorse presenti in ambiente marino e oggetto di pesca, ma l’attività non produce mutamenti popolazionistici esclusivamente su quelle risorse: tutto l’ecosistema ne è in qualche modo coinvolto.
La pesca di determinate specie dall’ecosistema provoca cambiamenti nei rapporti numerici o strutturali fra le diverse componenti in mare e si ripercuote sui rapporti trofici e di competizione. Di conseguenza, anche se risulta importante conoscere la dinamica popolazionistica di ciascuna specie, occorrere comprendere i rapporti interspecifici e le conseguenze sull’ecosistema di ogni azione gestionale, sia essa indirizzata a una sola specie o ad un gruppo di specie più o meno vasto.
Il percorso da intraprendere prevede essenzialmente due aspetti principali: l’elaborazione integrata, statistica e matematica, delle informazioni esistenti e di quelle ottenute; su scala regionale, da un sistema di rilevamento e di controllo non solo degli aspetti chimico-fisici dell’ambiente, ma anche dei parametri popolazionistici degli stock ittici e degli aspetti produttivi legati alla pesca.
Sulla base di queste informazioni, si può definire quali siano le misure più idonee per ripristinare in questi ambienti la condizione originale, o per garantire che le attività antropiche non mettano a rischio l’incolumità di sistemi complessi, garantendo l’autorinnovo delle popolazioni e la conservazione della biodiversità.
(23 Giugno 2006)