Consumo e produzione sostenibili nella quarta edizione dell’Ambiente della Eea

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Tra i tanti temi affrontati nella Quarta valutazione dell’Ambiente, recentemente pubblicata dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (Eea), di grande interesse è sicuramente la questione della sostenibilità ambientale dei processi
di consumo e di produzione attivati dalla società (sustainable consumption and production, Scp). A tale tematica l’Eea dedica infatti il sesto capitolo della sua valutazione

L’Scp è un approccio olistico volto a minimizzare gli effetti negativi che le attività produttive e di consumo possono avere sull’ambiente. Lo scopo è massimizzare l’efficienza e l’efficacia di prodotti, servizi ed investimenti, al fine di garantire che le necessità dell’attuale società siano soddisfatte senza arrecare danni irreversibili all’ambiente circostante, e senza compromettere le capacità delle generazioni future di rispondere ai medesimi bisogni.
L’Scp è entrata a far parte delle priorità politiche mondiali nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo (Rio de Janeiro, 2002). A partire poi dalla conferenza di Kiev nel 2003, l’Scp ha acquisito una posizione sempre più centrale nell’agenda politica globale, sebbene
i risultati effettivamente conseguiti siano stati fino ad oggi davvero pochi. Anzi, l’impatto ambientale dei processi di consumo e produzione sta crescendo parallelamente allo sviluppo economico. Per tutti i paesi la sfida è dunque quella di interrompere il forte legame attualmente esistente tra crescita economica ed impatto ambientale. La figura qui riportata (a fianco sopra) mostra come i processi produttivi
e di consumo si presentino come dei veri e propri «cicli di vita» formati da quattro fasi distinte: estrazione (di materie prime ed energia), produzione (di prodotti e servizi), consumo (ancora di materie e servizi) e produzione di rifiuti. In tutte queste fasi vengono prodotti scarichi ed emissioni di varie sostanze che possono avere un impatto ambientale.
I settori che originano maggiori pressioni nell’Europa centrooccidentale sono tre: primo tra tutti la produzione di gas, elettricità e fornitura di acqua, seguito poi dal settore dei trasporti e, in terzo luogo,
da quello agricolo. Ad essi si aggiungono, in Europa sud-orientale e orientale, il settore minerario, quello dell’edilizia e, infine, la produzione di metalli e minerali ad uso industriale.
Vi è poi una forte disparità tra le regioni europee causata dalla natura dei flussi commerciali. Infatti i paesi dell’Europa centro-occidentale e sud-orientale esportano, verso le regioni orientali, prodotti provenienti soprattutto dall’industria manifatturiera. Viceversa, le regioni orientali esportano in Europa centro-occidentale e sud-orientale carburanti,
combustibili e prodotti minerari. Vi è dunque un forte sbilanciamento nello spostamento di prodotti dannosi per l’ambiente tra le frontiere dei diversi Paesi europei.
Il rapporto dell’Eea sottolinea dunque come sia necessario, non solo migliorare l’efficienza energetica in tutte le regioni europee, ma anche investire in tecnologie innovative capaci di limitare l’uso di risorse naturali. Per evitare il più possibile i danni, queste tecnologie dovranno essere rese al più presto utilizzabili e funzionanti su tutto il mercato europeo.
Il consumo di prodotti e servizi da parte della nostra società, è un altro processo di grande impatto ambientale.
In particolare, sono i consumi domestici a costituire la fetta più consistente dell’intero settore, tanto che, in molti Paesi europei, la spesa attribuibile ad essi è cinque volte superiore alla spesa per i consumi pubblici.
Cibo, bevande e trasporti privati sono le categorie di consumo di maggiore impatto ambientale e, in Europa centro-occidentale, turismo e trasporti aerei sembrano destinati a divenire un’altra area ad alto rischio.
L’aumento della domanda in tutti i settori di consumo, favorisce lo sviluppo dei comparti produttivi, che, a sua volta, apporta danni all’ambiente. La soluzione sta nell’adozione di specifici sistemi di controllo presso le aree di produzione e
nel trasferimento della domanda verso categorie produttive di minore impatto ambientale. L’Eea invita dunque le autorità pubbliche a fornire una più mirata informazione ambientale al fine di favorire lo sviluppo di una maggiore sensibilità
al problema nell’intera società europea. Infine la produzione di rifiuti. In questo ambito la situazione è decisamente critica in quanto la quantità di rifiuti prodotta da tutte le regioni europee è in continuo aumento. Più precisamente è stata rilevata una crescita media annua del 2%, con percentuali ancora maggiori nei Paesi dell’Europa orientale.
Ad aggravare ulteriormente la situazione è l’intensificarsi
della crescita economica, che rende praticamente nulli i tentativi di controllare la produzione di rifiuti. Il peso varia da 0,5 a 18 tonnellate per persona all’anno, con valori più alti in Europa orientale a causa dell’elevata quantità di materiali di scarto prodotti dal processo di estrazione di materie prime e
dai processi industriali. Circa il 3-4% del totale è composto da sostanze inquinanti o pericolose, che comportano gravi rischi sia per la salute umana che per l’ambiente. In particolare
i rischi maggiori derivano dall’accumulo di sostanze chimiche e pesticidi, e i problemi di smaltimento sono evidenti soprattutto nell’Europa orientale. Recentemente si sono raggiunti importanti traguardi grazie alle iniziative di riciclaggio. Queste però non hanno prodotto risultati soddisfacenti in Europa orientale e sud-orientale. Gli Stati membri si stanno comunque dimostrando sensibili al problema e aumentano li iniziative volte a riutilizzare le risorse contenute nei materiali di scarto, soprattutto di origine
industriale. I paesi dell’Europa sud-orientale ed orientale
hanno sviluppato strategie e legislazioni per il controllo di specifici flussi di rifiuti. Nonostante ciò molti Stati membri devono ancora sviluppare dei piani e delle legislazioni efficaci per lo smaltimento degli stessi. Lo sviluppo di una capacità di raccolta adeguata e la realizzazione di discariche sicure restano ancora tra le maggiori sfide future per i Paesi
europei.