Disinformazione nucleare

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In questi giorni stampa, radio e Tv hanno preso lo spunto da un rapporto presentato nel workshop Ambrosetti per inondarci di servizi sulla bontà e sulla economicità del nucleare. In realtà, il report citato, che ha la pretesa di essere imparziale, è pieno di dati superati e a volte fantasiosi, soprattutto quando affronta gli aspetti economici

Sui costi del nucleare che ha avviato una polemica sui media, interviene Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di QualEnergia e Kyoto Club, con un suo articolo sul «QualEnergia»

«Prezzi dell’elettricità europei e quindi più bassi del 25-30%», così Federico Rendina inizia un articolo a piena pagina sul «Sole 24 Ore» del 6 settembre a commento del workshop Ambrosetti sul ritorno dell’atomo in Italia. «Con il nucleare 11 miliardi di risparmi», titola La Stampa, riferendosi allo stesso incontro. Radio e televisioni hanno preso lo spunto del mediatico workshop per inondarci di servizi sulla bontà e sulla economicità del nucleare.
Incuriositi da queste notizie in controtendenza rispetto ad un contesto problematico che sta rallentando il tentativo di rilancio nucleare nel mondo, siamo andati a leggere il rapporto in questione. Si tratta di un incredibile esempio da scuola di manipolazione delle idee.

Innanzitutto la pretesa di imparzialità. «Nella elaborazione dei contenuti sono state considerate le fonti più qualificate e super partes, al fine di privilegiare al massimo la neutralità e l’obbiettività delle posizioni», si legge nell’introduzione. E, a conferma dell’impostazione non di parte, si ringraziano per i contributi e i suggerimenti molti noti ambientalisti schierati su posizioni antinucleari.
Ovviamente, il testo è totalmente schierato sulle posizioni dei fautori dell’atomo senza alcuno spazio a posizioni critiche. C’è poi un curioso Comitato Guida di otto nomi, che vanno dall’Enel all’Edf (le società che hanno sponsorizzato l’iniziativa), dal deputato del Pdl, Maurizio Lupi, al giornalista Carlo Rossella. C’è anche Fatih Birol, capo economista della Iea che non sappiamo se fosse cosciente del senso di questa operazione mediatica.

Ma veniamo ai contenuti, in particolare gli aspetti economici così enfatizzati dai media. Nel rapporto si ragiona sugli effetti del cambiamento del mix produttivo proposto dal governo, con il nucleare al 25% entro il 2030. È evidente che per portare le nostre tariffe (più alte del 25% e oltre) sui livelli europei, il 25% da fonte nucleare non dovrebbe costare niente; anzi dovrebbe avere un prezzo negativo, considerando che nella tariffa elettrica si considerano anche i costi di trasmissione e distribuzione, le tasse, ecc.

Naturalmente il nucleare ha un costo, molto elevato e crescente. Nel rapporto si ipotizza un costo di produzione nucleare pari a 60 ?/MWh, facendo riferimento ad una serie di studi, alcuni piuttosto vecchiotti. Se avessero adottato le ultime stime per i nuovi reattori previsti al 2020 contenute nell’Energy Outlook 2010 del governo statunitense, avrebbero constatato che l’elettricità nucleare viene considerata più costosa dell’eolico, del gas e del carbone. Nel 2020 il chilowattora nucleare viene stimato pari a 85 c?/kWh, quindi il 38% in più da quanto assunto nello studio che chiameremo Enel/Edf. Usando questo valore (in realtà circolano stime anche più alte), il nucleare porterebbe quindi ad un aumento e non ad una diminuzione delle nostre bollette.

Ma c’è di più nella fantasiosa relazione. Questo risparmio fittizio (abbiamo visto che in realtà si tratta di un aggravio sulle bollette), viene poi «moltiplicato per quattro» per considerare i benefici che la riduzione dei costi garantirebbe al sistema paese, arrivando agli 11 miliardi di euro di cui si parla nella Stampa.
Dunque una spregiudicata campagna di marketing che offusca una realtà in forte difficoltà, come evidenziato dal rapporto dell’ex presidente Edf, François Roussely, consegnato a luglio a Sarkozy (Qualenergia.it, Nucleare, i problemi di Francia e Stati Uniti) o dalle continue richieste di incentivi pubblici che vengono dalle utilities statunitensi.

Se infatti il nucleare fosse così conveniente, che necessità ci sarebbe di aiuti governativi? Del resto nello stesso rapporto Ambrosetti è inserito un capitolo che pudicamente è titolato «Le possibili garanzie per gli investimenti in campo nucleare» che indica alcune facilitazioni per le aziende che si avventurassero in questo comparto. Mancano peraltro nel capitolo in questione altri importanti aiuti che si stanno mettendo a punto in Italia, come la priorità di dispacciamento (analogamente alle rinnovabili) dell’elettricità atomica generata. Ma se sono così convinti che sia più economica perché si sono cautelati con questo diritto di priorità rispetto alla elettricità prodotta con altre fonti?

Insomma, ci troviamo di fronte ad un caso da manuale di informazione di parte che ha l’aggravante di pretendere di essere super partes; uno studio lautamente finanziato dalle aziende del settore e che dovrebbe essere seguito da una poderosa campagna mediatica governativa per spiegare agli italiani come il nucleare sia sicuro, poco costoso e necessario per il paese.

(Fonte QualEnergia)