Qualità dell’aria, lo Stato è latitante

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Il PM10 causa ogni anno più di 350.000 morti premature in Europa, mentre in Italia per ogni 10.000 abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa delle polveri sottili. Alcune patologie diventeranno la prima causa di morte nel 2020. «Soffocano» molte città in Val Padana

La qualità dell’aria in Italia è pessima! In Europa peggio dell’Italia c’è solo la Bulgaria. Questo è quello che si legge nell’ultimo dossier di Legambiente «Mal’aria di città»2011. E in questo lo Stato italiano non sta facendo nulla di decisivo per far sì che questa situazione possa cambiare. Ormai l’aria cattiva che si respira in Italia è diventata un’emergenza sanitaria più che ambientale. Ma il Governo continua ad assumere un atteggiamento di chiusura, per non dire di superficialità, nei confronti di problematiche ambientali di rilevante interesse, in quanto esse hanno un impatto fortissimo sulla salute dei cittadini. Con questo comportamento il Governo viene meno all’articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

La questione del Benzo(a)pirene

In primis il Benzo(a)pirene, di cui si è trattato ampiamente questa settimana. A inizio settimana si è riunita la VIII Commissione Ambiente della Camera dei Deputati per decidere se modificare l’attuale normativa sul Benzo(a)pirene o meno. È stato deciso che la Camera si impegnerà a chiedere al ministero dell’Ambiente l’obbligo di revisionare il Dlgs 155/2010, per valutare se modificarlo o meno, in poche parole non è stata presa, ancora questa volta, alcuna decisione seria in merito a questo importante tema. Per lo stesso giorno è stata organizzata alla Camera dei deputati la «Commissione Bicamerale per l’Infanzia», dove l’associazione Peacelink, uno dei promotori di questa protesta, insieme alle Associazioni di medici pediatri, hanno presentatoil dossier«Le minacce del B(a)P sulla salute dei bambini».

Nel dossier sono stati evidenziati gli effetti sanitari certi che si manifestano con l’esposizione a tali inquinanti soprattutto sui bambini e sui feti. Ormai su questi effetti gravissimi c’è un ampia letteratura scientifica.

È noto il potere cancerogeno, genotossico e neurotossico del B(a)p e degli altri Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), capaci di modificare il Dna trasmesso dai genitori ai bambini, e procurando anche neoplasie infantili. Lo Iarc (l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) infatti ha inserito il B(a)p nel gruppo 1, quello di massima pericolosità, in quanto gli è stato riscontrato una evidente cancerogenicità per l’uomo e anche durante la gestazione del feto, periodo in cui il Dna è 10 volte più vulnerabile.

La situazione attuale a Taranto, e soprattutto nel quartiere Tamburi, situato nella zona nord della città a ridosso dello stabilimento siderurgico dell’Ilva, sta peggiorando. La concentrazione a ottobre scorso era già due volte superiore al limite di 1 nanogrammo/metrocubo (ng/m3), e ormai è certo che il 99% dell’inquinante presente nel quartiere proviene dai camini della cokeria dello stabilimento, come ha dichiarato l’Arpa Puglia nella relazione del giugno 2010. Il periodo da gennaio a ottobre 2010 è stato caratterizzato da una media di 2 ng/m3 conun picco di 4,05 ng/m3 nel mese di aprile.Non dimenticando che oltre al B(a)p sono stati riscontrati alte percentuali di altri inquinanti tossici, quali gli altri Ipa, l’amianto, il berillio, i metalli pesanti, ecc.

Una situazione simile è presente anche a Trieste, per la presenza dell’impianto siderurgico, la Ferriera di Servola, nel quartiere di Servola, dove si sono registrati valori medi di B(a)p pari a 9,8 ng/m3 nel solo periodo gennaio-luglio 2010, con un picco a maggio di 53,4 ng/m3.

Purtroppo alla Bicamerale di martedì, alla presenza dei rappresentanti delle associazioni di medici, pediatri e semplici cittadini sia di Taranto sia di Trieste, sono intervenuti all’assemblea solo sei tra deputati e senatori e solo due rappresentanti della maggioranza di Governo che hanno lasciato l’incontro prima della fine della seduta.

Questo disinteresse da parte del Governo verso questa grave situazione non fa sperare in un cambiamento immediato dell’attuale normativa 155/2010, approvata il 13 agosto scorso per recepire la direttiva europea 2008/50/CE relativa alla «Qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa», svincolando le aziende inquinanti dall’obbligo di abbattere le emissioni in eccesso, spostando  al 31 dicembre 2012 il limite del B(a)p a 1 ng/m3 anche per le aree urbane con più di 150.000 abitanti.

Un decreto che in realtà è stato approvato proprio per salvare le sorti dell’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa. Dal primo gennaio 2013 le concentrazioni di B(a)p dovranno essere portate al di sotto della soglia di 1 ng/m3, con tecniche però «che non comportano costi spropositati», non ponendo quindi un obbligo effettivo alla riduzione a 1 ng/m3.

A oggi non ci sono studi epidemiologici su Taranto che possano dimostrare lo stretto legame tra esposizione ad elevate concentrazioni di B(a)p e altri inquinanti tossici, e il diretto incremento di alcune malattie. Sarebbe importantissimo istituire degli studi medico-scientifici che possano documentare tutto questo. Le associazioni di medici e pediatri assicurano che l’allarme nel quartiere Tamburi di Taranto per un aumento dei tumori è reale.

Il Ministero dell’Ambiente dovrebbe essere in prima linea per far sì che venga fatta chiarezza sullo stato dell’ambiente a Taranto, e che venga al più presto approvata un’indagine epidemiologica per accertarsi della diretta corrispondenza tra neoplasie e B(a)p.

Il ministero dell’Ambiente dovrebbe ripristinare al più presto il ruolo strategico dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) per obbligare gli industriali ad adottare impianti con le migliori tecniche disponibili (Bat), come impone la direttiva europea Ippc (Integrated pollution prevision and control) sulla prevenzione e il controllo integrato dell’inquinamento industriale, recepito in Italia con il Dlgs 59/2005 per tutelare tutte le città italiane in cui è presente un industria con un elevato impatto sull’ambiente e sullo stato della salute dei cittadini.

Dovrebbero essere stanziati dei fondi cospicui per effettuare tutti gli studi possibili e monitorare le situazioni di emergenza per la questione B(a)p come Taranto e Trieste, un altro punto caldo per quanto riguarda le elevate percentuali di B(a)p, e fronteggiare con dati alla mano questa questione ambientale e sanitaria.

L’atteggiamento superficiale attuale del ministero dell’Ambiente e del Governo, evidenzia come ci sia più attenzione nel tutelare gli interessi economici degli industriali, che la salute dei cittadini e soprattutto dei bambini. Nei casi in cui entra in gioco lo stato di salute dei cittadini le forze politiche non dovrebbero fare il solito gioco politico delle parti ma dovrebbero lavorare in estrema cooperazione e garantire il diritto alla salute e alla vita dei lavoratori e di tutti gli altri cittadini.

Per questo diritto il Fondo antidiossina di Taranto ha organizzato una marcia di protesta per richiamare l’attenzione sui problemi causati dall’inquinamento e per tutelare la salute dei bambini del rione Tamburi, costretti a vivere a pochi metri dai camini dell’area industriale.

L’organizzazione vuole ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo affinché venga tutelata la salute dei cittadini. Il presidente della Onlus, Fabio Matacchiera, ha affermato che «solo per aver un’idea, nello stabilimento Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, coesistono oltre 200 camini, a cui si devono aggiungere altre decine di fumaioli presenti nelle altre industrie limitrofe. Tutto questo sta causando un costante pericolo per la salute pubblica ed una condizione di vita molto disagiata, sia dal punto di vista sanitario che ambientale. La manifestazione ha lo scopo di obbligare lo Stato italiano e le istituzioni pubbliche ad adottare tutte le misure idonee alla tutela dei diritti fondamentali di tutti gli abitanti di Taranto e in particolare di quelli del rione Tamburi».

Il prossimo 9 febbraio è stata organizzata dalla Giunta regionale pugliese la valutazione conclusiva, da parte della V Commissione consiliare sul testo del disegno di legge n. 20/2010 «Misure urgenti per il contenimento dei livelli di concentrazione del B(a)p nel’area di Taranto», per assicurare degli adeguati interventi urgenti da adottare per anticipare la scadenza stabilita dall’ultimo Dlgs 155. L’assessore all’Ambiente della regione Puglia ha dichiarato che i monitoraggi diagnostici da parte dell’Arpa Puglia continuano al fine di poter individuare in modo preciso le principali fonti di emissione responsabili e di approfondire i rapporti tra le condizioni meteo climatiche e la ricaduta al suolo degli inquinanti, così da poter definire lo scenario emissivo nel piano di risanamento della qualità dell’aria di Taranto.

L’irrisolta questione del PM10

Anche se sono le industrie siderurgiche e petrolchimiche arilasciare in atmosfera il 75,5% degli ossidi di zolfo (SOx), il 31,5% degli Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), il 28,8% del PM10, a questi si aggiungono le emissioni che derivano dai riscaldamenti domestici: il 18,7% delle polveri sottili e il 46% di Ipa, e soprattutto si somma la tossicità dovuta alle auto, in quanto emettono il 34,7% del PM10, il 55,5% del benzene, il 51,7% degli ossidi di azoto, il 43,1% del monossido di carbonio (CO). Questi sono i dati rilevati da Legambiente e presenti nell’ultimo dossier.

Dal dossier emerge che sono ancora tante le città che superano i limiti di PM10 e di PM2,5, e che per Milano sono già 30 giorni che viene superato il limite per il PM10, a rischio sanzione da parte dell’Ue.

Ben 30 città della Pianura Padana rientrano tra le 48 città che hanno superato nel 2010 il limite di legge per il PM10, questo ad evidenziare quanto la situazione sia sempre molto critica a causa della posizione geografica strategica in cui si trova la Pianura, la quale subisce nel periodo invernale lo stanziamento delle polveri in atmosfera creando una cappa grigia di aria inquinata.

Ogni anno l’unica soluzione palliativa assunta da alcuni comuni, come Milano e Torino, è il blocco del traffico per alcune domeniche, soluzione che si è dimostrata inutile ai fini della la qualità dell’aria, come è stato dichiarato dallo stesso ministro dell’Ambiente l’anno scorso, quando annunciò la pianificazione di un «Piano nazionale antismog» che potesse finalmente risolvere i tanti problemi legati alla mobilità, ma che ancora oggi non è stato ancora approvato.

Secondo uno studio della Commissione europea il solo PM10 causa ogni anno più di 350.000 mortipremature in Europa, mentre in Italia per ogni 10.000 abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa delle polveri sottili. Solo questi dati dovrebbero mettere in moto piani d’azione strategici efficaci a livello nazionale per contrastare tale problema.

Il problema del superamento dei limiti delle polveri sottili è diventato una normalità ogni anno, ma anno dopo anno questi valori elevati causano non solo problemi ambientali ma soprattutto emergenze sanitarie.

Infatti dagli ultimi convegni dedicati alle patologie respiratorie legate all’inquinamento atmosferico, sono emersi dei dati preoccupanti. Dal convegno svoltosi in questi giorni a Bologna, «Respirare Bologna», i dati presentati hanno rilevato un aumento di pazienti giovani (fascia dai 20 ai 45 anni), circa il 20%, in cui è stato riscontrato un problema respiratorio, con una riacutizzazione dopo soli due mesi. Un dato grave in quanto questi problemi anni fa interessavano solo gli anziani.

Per quanto riguarda la Bpco (Broncopneumopatia cronica ostruttiva), gli studiosi hanno affermato che tale patologia sarà la prima causa di morte in Italia nel 2020 (e pensare che negli anni 80 e 90 era solo l’ottava!). E gli esperti anche in questo caso hanno confermato l’inutilità del blocco del traffico che serve solo a diminuire le percentuali delle polveri ma non ad abbattere l’accumulo delle stesse. «Sono necessari invece dei provvedimenti strutturali seri e duraturi, che si concentrino più sull’abbassamento dei picchi che sono la causa degli effetti acuti di patologie respiratorie» ha affermato Alessandro Zanasi, pneumologo del Sant’Orsola e organizzatore del convegno.

Nell’altro convegno svoltosi a Verona, il XIV Congresso «asma bronchiale e Bpco: obiettivi, rimedi, strategie», è stata sottolineata la pericolosità della Bpco, che è attualmente la quarta causa di morte in Europa e negli Usa dove si contano quasi 65.000 morti all’anno, ma recenti studi hanno rilevato che tale patologia diventerà la terza causa di morte nel mondo nel 2020, e per questo Roberto W. Dal Negro, della Uoc di Pneumologia dell’Azienda Ulss 22 di Bussolengo, ha messo in evidenza che tali malattie, asma e Bpco «incidono tantissimo sul sistema sanitario e per questo sarebbe auspicabile l’attuazione di una rete di controllo efficace per evitare che la malattia porti allo sfascio economico il sistema sanitario nazionale». La Bpco in Italia colpisce circa tra l’8 e il 12 % della popolazione adulta, e i casi sono in aumento, ecco perché anche per questo i governanti dovrebbero impegnarsi seriamente nel trovare una soluzione seria e duratura.

A Milano c’è stato un altro blocco del traffico, e Wwf, Legambiente e Genitori antismog hanno organizzato un’altra manifestazione per chiedere ancora, dopo un anno, azioni più incisive sui problemi legati all’inquinamento atmosferico. Con questa ennesima manifestazione è stata espressa la completa contrarietà alla decisione del blocco delle auto come risoluzione dell’ultimo minuto, come una cura estrema e senza alcun risultato duraturo, evidenziando come la situazione in un solo anno stia peggiorando nell’assoluta indifferenza della classe politica che continua a far finta di non vedere per non prendere decisioni serie.

Queste sono solo due delle tematiche ambientali che affliggono la realtà italiana. Entrambi questioni vecchie che negli anni non hanno visto alcuna soluzione seria. La classe politica continua a prender tempo e a favorire maggiormente gli interessi economici a scapito di quelli della salute dei cittadini e dell’ambiente stesso.

In Italia ci sono tantissimi problemi legati all’inquinamento in genere, basti citare le più grandi industrie presenti sul territorio nazionale (l’Ilva di Taranto; Raffineria di Gela; l’area industriale di Augusta, Priolo e Melilli; l’area industriale di Milazzo; il centro oli di Viggiano; la raffineria Api di Falconara Marittima; la Thyssen group acciai di Terni; il cementificio di Guidonia; la Ferriera di Servola di Trieste; il polo siderurgico Valese di Oppeano; il polo chimico di Mantova) che presentano tutte problematiche molto serie che aspettano ancora una risoluzione a livello nazionale.

Il governo dovrebbe adoperarsi presto nel porre queste problematiche ambientali, diventate negli anni delle emergenze non solo ambientali, nelle priorità dell’agenda politica italiana. In questo caso non si parla di interessi né economici né politici ma della salute dei cittadini che per l’articolo 32 della Costituzione ha il diritto alla salute e il diritto ad essere tutelato dallo Stato.