Gli alberi che migliorano il terreno

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Nell’anno internazionale delle foreste, il World agroforestry centre pone l’accento sul ruolo che le piante hanno e avranno sullo sviluppo dell’economia e sulla salvaguardia dell’ecosistema africano

Agroforestazione: è questo il neologismo che è stato coniato per indicare l’impiantamento di alberi su terreni agricoli. Una pratica relativamente moderna, sviluppata soprattutto in Africa e Asia meridionale, che ha ottenuto un successo tale da portare alla fondazione del World Agroforestry Centre, un’istituzione sovranazionale con il compito di sviluppare e diffondere questo tipo di pratica. «L’agroforestazione è una delle più grandi opportunità che l’uomo ha per realizzare un’agricoltura a ridotto impatto ambientale, aumentare le risorse alimentari del pianeta, ridurre la povertà dei Paesi sottosviluppati e ottenere un vero sviluppo sostenibile per tutti» spiega Dennis Garrity, direttore generale del Wac.

A fronte di un andamento mondiale preoccupante per quanto riguarda le foreste naturali (centinaia di migliaia di ettari persi ogni anno), si è registrato un incremento del numero di terreni agricoli destinati a coltivazioni arboricole. Ciò è dovuto alle opportunità che l’agroforestazione concede alle famiglie contadine, sia in termini di resa immediata sia indirettamente. Impiantare alberi, infatti, produce reddito perché il legname può essere rivenduto a fini edilizi o energetici, se si tratta di specie da frutto si possono raccogliere i prodotti e inoltre, immettendo piante medicinali, la produttività dei terreni circostanti aumenta, portando maggiori raccolti da rivendere o da usare come foraggio per i propri animali. A livello ambientale, poi, la presenza di piante ad alto fusto migliora la qualità dei suoli perché ne trattiene le parti fondamentali, impedisce la desertificazione e intrappola l’acqua, bene assai prezioso, specialmente in queste zone.

Il Wac ha sede non a caso a Nairobi, capitale del Kenya, uno degli Stati che maggiormente ha spinto per questo tipo di sviluppo agrario. Ciò ha avuto un ritorno economico immediato perché la maggior parte del legname oggi utilizzato per ardere o per l’edilizia proviene dalle fattorie locali e dunque il Pil nazionale ha goduto di una salutare scossa in avanti. Ma politiche in questo senso si possono trovare nella maggior parte degli Stati africani: in Niger l’immissione di 200 alberi per ettaro ha triplicato la produttività dei raccolti di cereali circostanti; in Malawi, Zambia ed Etiopia, le piantagioni di Acacia albida hanno azzerato le immissioni di fertilizzanti artificiali che impoveriscono il terreno e assuefanno le piante; in Camerun le famiglie che hanno impiantato specie da frutto hanno aumentato di 5 volte i propri guadagni. L’elenco potrebbe ancora continuare perché questo tipo di pratica ha ripercussioni su molti settori, soprattutto economici e ambientali.

Dal punto di vista agricolo, si traggono vantaggi perché le specie utilizzate sono azoto-fissatrici, cioè in grado di trasformare l’azoto atmosferico in composti che tutti gli organismi possono sfruttare. La capacità di organicare l’azoto (N2), infatti, è esclusiva di alcuni tipi di batteri (Nitrobacter, Nitrosomonas), ma le leguminose hanno sviluppato un meccanismo di simbiosi con questi microrganismi che porta vantaggi reciproci, ma arricchisce anche il suolo circostante.

Dal punto di vista ecologico, invece, è noto che, attraverso il processo della fotosintesi, i vegetali accumulino carbonio (CO2), riducendo la quantità che è libera nell’atmosfera e che contribuisce al surriscaldamento globale.

Considerando, infine, gli aspetti più strettamente umanitari, gli alberi possono contribuire a ridurre la fame nel mondo, producendo frutti e favorendo le colture circostanti, e a sviluppare l’economia di quelle nazioni che oggi rappresentano il Terzo e Quarto Mondo.

Insomma, quelli che fino a non molto tempo fa venivano abbattuti senza problemi per fare spazio a nuovi insediamenti e al progresso, oggi tornano prepotentemente al posto che spetta loro di diritto e potranno in futuro permettere lo sviluppo di altre nuove città.