Perché no Tav?

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> Nimby, un fenomeno che si allarga

Abbiamo chiesto a Franco Tassi quali siano le ragioni della sua posizione nettamente contraria alla Tav in Val di Susa, da lui espressa senza remore fin dal primo momento. Naturalista autentico e «padre storico dei Parchi d’Italia» (ha diretto per 33 anni il Parco d’Abruzzo, salvandolo dalla rovina e facendolo assurgere a indiscusso prestigio internazionale), ha più volte ribadito chiaramente la sua opinione nei Comunicati e Messaggi del Comitato Parchi, di cui è Fondatore e Coordinatore.

Perché lei, così impegnato in altre difficili battaglie, ha voluto lanciarsi in difesa di questa lontana Valle Alpina?

Ma perché è la storia che si ripete, la lotta di resistenza della Val di Susa contro la Tav, in realtà ci riguarda tutti. E in fondo, non è diversa da quella della Basilicata contro le scorie nucleari, o da quella dell’Abruzzo più sano contro la Sangrochimica e il terzo traforo del Gran Sasso. È la lotta di una minoranza genuina contro lo strapotere economico-finanziario, l’eterna rivolta delle idee pulite contro gli interessi costituiti. In un mondo ormai drogato dalla divinizzazione del profitto e del Pil, travolto dall’ineluttabilità degli Ogm e della globalizzazione, oppresso da una pluto-telecrazia che vorrebbe spacciarsi per vera democrazia, forse è proprio vero quello che già molto tempo fa aveva sconsolatamente lamentato Indro Montanelli, in un suo famoso «elzeviro» sui pastori della Maiella: «Dall’alto non c’è più niente da sperare…». Soltanto dallo spirito rinascente di autentiche comunità locali serie, indipendenti e determinate, dove la gente si conosce, si parla e si guarda negli occhi, può forse venire la salvezza.

Quali sono per lei i principali «argomenti forti» contro la Tav?

Io non ripeterò ragionamenti politici né tecnici, ormai a tutti noti, anche se una buona parte dell’intellighenzia e della stampa li considerano semplici accessori (diciamo optional, per farci capire meglio dai nuovi linguisti). Ma poiché in passato ho combattuto contro decine di GM (Grandi Misfatti) analoghi, e ho visto come la gente quasi sempre li subisce senza fiatare, constatando poi quanti disastri provochino, senza mantenere alcuna delle loro promesse, vorrei richiamare l’attenzione su due aspetti. Si tratta di rilievi dimenticati da noi, ma ben noti a livello internazionale (i GM non sono mali solo italiani, anche se noi pecchiamo come al solito per eccesso).

Primo, le GO (Grandi Opere), o meglio i GM, non sono quasi mai determinate da situazioni obiettive o da richieste sentite dalla collettività, ma nascono dall’ambizione politica di qualche personaggio che cerca visibilità e gloria, cavalca qualche buona occasione e si sposa a centri di interesse economico. A volte, persino le emergenze ecologiche o le catastrofi ambientali vengono strumentalizzate in questo senso. Dopo il tragico terremoto dell’Irpinia, furono stanziate somme enormi, e un gruppo di Velociraptor ne uscì miliardario: ma qualcuno è andato a controllare i risultati concreti ottenuti? Stendiamo un velo di pietoso silenzio su questo capitolo del nostro Mezzogiorno…

Secondo, quando le GO, o meglio i GM, prevedono enormi viadotti, gallerie e movimenti di terra, io sento già un vago odore di bruciato. Perché, come molti addetti ai lavori ben sanno, su quei lavori e sui movimenti di terra ogni controllo è difficile, e vi sono seri rischi di manipolazioni e trucchi. Non è proprio qui, in sostanza, che truffe e tangenti impazzano? Magari con il sistema consociativo, che oggi si sta evolvendo nel cosiddetto «inciucio»: un incrocio tutto sommato elementare, io concedo una bella fetta di torta ai tuoi parenti, tu la regali ai miei.

Ma perché, a suo avviso, la questione non è stata affrontata in questi termini?

Il bello è che la dimostrazione incontrovertibile di questi fatti non si trova tanto nel giornalismo d’inchiesta (ma dov’è finito? «Good night, and good luck!»), quanto piuttosto negli studi molto circostanziati delle Università straniere. I nostri Atenei invece, per sopravvivere, debbono affannarsi a cercare fondi, magari inventando lauree honoris causa per il divo di turno. Ma anche se disponessero di risorse consistenti, dubito che certi ricercatori carrieristi si lancerebbero nell’impresa.

Se si volesse davvero affrontare il problema dei trasporti con un po’ di buonsenso, e con un briciolo di attenzione all’interesse collettivo, si giungerebbe sicuramente a strategie ben diverse: come ad esempio indirizzare il traffico pesante su gomma verso Genova e Trieste, rivitalizzandone i Porti, attraverso i quali una flotta moderna di navi-traghetto potrebbe facilmente trasportare ogni genere di merci e prodotti verso Sud, approdando in ogni porto del Mediterraneo. E liberando le Autostrade e la Penisola da uno dei fardelli più terribili, in termini di traffico, incidenti, sangue, consumi, inquinamenti… Invece, a spingere l’acceleratore in senso opposto sono stati sempre gli interessi petroliferi, cementieri ed automobilistici. E chi dice che la Fiat non avrebbe potuto riconvertire parte della propria produzione in Treni-container? E chi può sostenere che i camionisti non sarebbero stati felici di dormire una notte su un traghetto, anziché guidare senza sosta come forzati della strada?

Ammettendo anche la validità di questi ragionamenti, perché mai allora i politici li disdegnano? E non c’è poi il rischio che la Val di Susa venga tacciata di egoismo, che sia insomma etichettata come Nimby?

Ecco un altro bell’esempio di cultura subalterna, purtroppo subìta in silenzio da tutti, senza ridicolizzarla come meriterebbe. Trovare lo Yuppi di turno che discetta di Nimby è oggi altrettanto semplice quanto acquistare una Via (Valutazione di Impatto, o in altri casi di Incidenza, Ambientale). Si tratta, come dicono gli americani, di «ottimi prodotti che si possono agevolmente acquistare al supermercato». Sarà una battuta un po’ dura, ma credete davvero che stiamo parlando di quei cortili-giardino dietro casa, adiacenti alle villette dei benestanti anglosassoni, tutte uguali con cassette della posta, mangiatoie artificiali per gli uccellini e tosaerba per il giardinaggio di fine settimana? E cioè del «mio angolo pulito e fiorito», dove non voglio che il vicino scarichi i propri rifiuti? Ma siamo per una volta seri: chi protesta contro i rifiuti tossici diligentemente seppelliti dalle eco-mafie in Campania, o contro i pesticidi cancerogeni benevolmente ceduti ai Paesi africani, o contro le scorie nucleari da donare graziosamente alla Basilicata, vi sembra possa essere definito un Nimby? Molti forse non sanno che la vittoriosa rivolta delle comunità del Mezzogiorno era già avviata, ma prese vitalità irresistibile proprio quando un notissimo esponente della «Padania» esclamò senza pudore: «Ma certo che portiamo le scorie laggiù, noi qui vogliamo che i nostri bambini crescano sani!». Grazie infinite, ecco rivelata la verità. E fu allora che non solo le mamme, ma anche le nonne e i nonni scesero in campo. Altro che Nimby, questa è gente che semplicemente, ma fermamente, rifiuta la filosofia di un potere che vorrebbe schiacciarli. Una mentalità che potrebbe essere sinteticamente definita con un altro acronimo: Ban-Daa, e cioè Benefici a Noi – Danni agli Altri. La logica della Banda, insomma. Quella che troppe volte i deboli, gli indifesi e gli onesti sono costretti quotidianamente a subire.

Non possiamo concludere con un messaggio positivo, di speranza?

Ma sì, certo… La speranza non deve mai abbandonarci. Qualche tempo fa, il lupo è stato avvistato, dopo quasi un secolo di assenza, in Val di Susa. Un ritorno importante, per molti inatteso: comunque la conferma che da quelle parti ci sono ancora natura sana e territorio da difendere, perché fratello lupo sceglie bene la propria dimora, e non gradisce che venga contaminata o frantumata. Forse sarà proprio l’immagine di questo straordinario animale, sempre perseguitato ma comunque capace di combattere senza sosta in difesa dei propri cuccioli e del proprio territorio, a rappresentare il miglior simbolo della valle che non vuole soccombere… Sentendo nominare il lupo, c’è chi ha gioito ed anche chi, dimentico di San Francesco e soggiogato dalle antiche fiabe alla Cappuccetto Rosso, ha avuto un po’ di paura. Ma a quest’ultimo direi, niente paura, amico: guardati intorno e rifletti. Ben altri sono i «lupi» da cui tu e la tua valle dovrete difendervi in futuro.

(FonteComitato Parchi)