In occasione dell’ultimo anniversario del protocollo di Kyoto, LifeGate traccia un bilancio del progetto Impatto Zero, la prima iniziativa nata per ridurre le nostre emissioni di CO2 e combattere i cambiamenti climatici
1.000 aziende, 380 milioni di prodotti per un controvalore economico di oltre 3 miliardi di euro, 65 milioni di mq di foreste tutelate e 134.000 tonnellate di anidride carbonica compensata. Sono questi i risultati concreti del progetto Impatto Zero di LifeGate, presentati in occasione dell’ultimo anniversario del protocollo di Kyoto.
Nato nel 2002, Impatto Zero è stata la prima iniziativa per l’attuazione volontaria del protocollo di Kyoto. Attraverso il progetto di LifeGate, infatti, è possibile valutare e ridurre le emissioni di CO2 generate da qualsiasi prodotto o attività e infine compensare le emissioni inevitabili attraverso il sistema dei carbon credit, ossia contribuendo a progetti di efficienza energetica o alla creazione e tutela di foreste in crescita. Ad oggi il progetto Impatto Zero è attivo in Italia, Madagascar, Costa Rica, Panama, Bolivia, Nuova Zelanda, Argentina, Cambogia e, a breve, Brasile.
Un progetto importante, ispirato ai principi del protocollo di Kyoto, che ha avuto il merito di anticipare e concretizzare gli obiettivi del protocollo stesso (entrato in vigore solo nel 2005), offrendo ad aziende e persone la possibilità di impegnarsi concretamente nella salvaguardia del pianeta e nella riduzione del proprio impatto ambientale.
Nel corso degli anni il progetto Impatto Zero ha saputo ispirare un nuovo modo di fare business rispettando l’ambiente e sensibilizzando aziende e consumatori. Un modello vincente adottato da oltre 1.000 aziende, da piccole realtà locali a grandi multinazionali, che hanno scelto di aderire al progetto di LifeGate per ridurre e compensare le emissioni delle proprie attività, di eventi, prodotti e servizi. Al punto che esistono sul mercato oltre 380 milioni di prodotti con il marchio Impatto Zero.
«Il risultato più importante – spiega l’ing. Simone Molteni, Direttore scientifico di LifeGate – è la diffusione di consapevolezza sui cambiamenti climatici. Oltre ad aver sensibilizzato le aziende, la presenza del marchio Impatto Zero sui prodotti ha invitato per 380 milioni di volte i consumatori a ricordare che dietro ad ogni nostra azione esiste un impatto ambientale e che ognuno di noi può contribuire a ridurlo».
Risultati concreti non solo da un punto di vista ambientale, dunque, ma anche culturale. Grazie all’adesione di prodotti ed eventi di grandissima visibilità (dai tour di Vasco Rossi e Ligabue fino ai libri di Harry Potter) il progetto di LifeGate è riuscito ad entrare nell’immaginario comune. Basti pensare che dieci anni fa, quando è stato registrato il marchio Impatto Zero da LifeGate, il termine «impatto zero» era evidentemente inutilizzato: facendo una ricerca su Google uscivano zero risultati, mentre oggi ne escono oltre 1 milione.
«Spesso il termine “impatto zero” viene usato nel lessico comune in maniera palesemente errata – continua l’ing. Simone Molteni – visto che nessuna attività può avere un impatto “pari a zero”. Ma come per i cibi di provenienza locale, detti “a km zero”, la semplificazione del concetto in uno slogan ha permesso di stimolare e avvicinare anche il grande pubblico a questi temi. Mantenere viva l’attenzione sui cambiamenti climatici è indispensabile anche oggi. Se basta un inverno freddo per rimettere in discussione il riscaldamento globale significa che sono ancora in troppi a non aver capito la differenza tra l’andamento del meteo locale e i problemi del clima globale. E si tratta di un concetto veramente di base».
(Fonte Yuri Griggio, Espresso communication solutions Srl)