Settembre, si risveglia lo stomaco

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La realtà è che il nostro organismo, come tutti gli organismi animali, ha un proprio ritmo biologico e risente in modo preciso delle variazioni annuali legate alla stagionalità e, nel caso della malattia peptica (in cui rientrano le gastriti, le duodeniti, l’ulcera ed in qualche misura l’esofagite da reflusso) ha un picco sia in primavera sia in autunno, a prescindere da quello che si mangia e da come ci si comporta

Arriva Settembre e torna a farsi sentire lo stomaco. Sembra una condanna, per chi soffre di gastrite o di duodenite o di ulcera o di esofagite, ed è una condanna non piacevole, a cui non infrequentemente ci si abitua, ritenendola una sorta di pedaggio da pagare alle proprie vie digestive, una sorta di tassa alle esagerazioni estive, alle troppe pizze, alle abbondanti fritture, alle immancabili grigliate.
I propositi di «mettersi a dieta» così da riprendere a digerire in maniera più tranquilla si scontrano però spesso con la persistenza di un’acidità gastrica che nonostante tutto si fa intensa dopo i pasti, magari esordendo già dal mattino e che fa compagnia anche durante la notte, rendendo il sonno difficile e spezzettato ed inducendo a sperimentare le soluzioni più varie, dal bicarbonato al bicchiere di latte, dal digiuno serale alla cena a base di sola frutta.

La realtà è che il nostro organismo, come tutti gli organismi animali, ha un proprio ritmo biologico e risente in modo preciso delle variazioni annuali legate alla stagionalità e, nel caso della malattia peptica (in cui rientrano le gastriti, le duodeniti, l’ulcera ed in qualche misura l’esofagite da reflusso) ha un picco sia in primavera sia in autunno, a prescindere da quello che si mangia e da come ci si comporta.
Certamente esistono abitudini che tendono a rendere i disturbi più probabili, come darsi dei ritmi di vita e di alimentazione troppo diversi dai soliti (mangiare troppo tardi o troppo abbondantemente la sera non aiuta di sicuro a digerire più facilmente) oppure come scegliere cibi e condimenti che fanno a botte con uno stomaco già sofferente di suo (come esagerare con le spezie o alimenti piccanti o preferire una pizza non sottoposta in precedenza ad una corretta lievitazione o ancora abbondare in carni o in brodi ricchi di proteine) e sarebbe opportuno che alla ripresentazione autunnale di quel corteo sintomatologico che si usa tecnicamente definire col termine di «dispepsia» (vale a dire, letteralmente, «digestione difficile») tutte queste abitudini fossero abbandonate a favore di scelte più consone.
È un fatto, però, che mangiare in modo leggero o preferire cibi meno grassi o speziati o comunque «pesanti» molto spesso non basta. E non basta perché il nostro stomaco in qualche misura vive una vita propria che risente, come si diceva, di quella stagionalità che ci mette in relazione dinamica con il mondo ed il suo ciclo annuale.
Può capitare, cioè, che pur in presenza di un’alimentazione attenta e morigerata il nostro stomaco, in questo inizio di autunno, torni a farsi vivo e cominci a parlarci con un linguaggio di fuoco e fiamme (spesso viene descritto dai pazienti proprio così) e di acido che sembra non finire mai o di dolore che nasce poco sotto lo sterno, centralmente, per diffondersi per tutta la parte superiore dell’addome o verso l’alto seguendo il decorso dell’esofago sino a raggiungere le alte vie digestive.
Può anche succedere che di notte ci si svegli all’improvviso con la sensazione angosciante di un ritorno in bocca di cibo o di acido oppure con la percezione di un dolore lancinante proprio in direzione dello stomaco. La eventuale e piuttosto frequente presenza di un’ernia jatale gastroesofagea complica il quadro, predisponendo ad una maggiore facilità di reflusso alimentare o anche esclusivamente acido e determinando una giusta preoccupazione per la propria salute.
Ebbene, se non l’abbiamo fatto prima dobbiamo parlare di questi sintomi al nostro medico di fiducia scegliendo insieme a lui sia l’iter diagnostico più opportuno sia la strategia terapeutica migliore e più adatta ai sintomi in questione. Molto spesso un buon colloquio clinico e una scrupolosa raccolta di segni e sintomi riportati dal paziente riescono a far inquadrare il problema in modo pressoché completo, magari evitando inutili esami e rendendo possibile una digestione migliore anche solo con l’aiuto di semplici antiacidi utilizzati regolarmente dopo i pasti per un periodo sufficientemente lungo (almeno per un mesetto). Altre volte invece si deve fare qualcosa di più e provare ad indagare in profondità, scegliendo semmai di sottoporsi ad una esofagogastroduodenoscopia con la quale si riesce a valutare con esattezza le condizioni sia dell’esofago (cosa importante in caso di esofagite da reflusso) sia quelle dello stomaco sia del duodeno.
Infine non dimentichiamoci dell’Helicobacter Pylori, quel microbo che vive preferibilmente nello stomaco e che è causa di riacutizzazioni di gastroduodeniti nonché fattore di rischio di cancro gastrico: per scovarlo (e quindi successivamente debellarlo con una appropriata terapia a base di antibiotici ed antisecretori) basta anche un semplice esame del respiro, l’Urea Breath Test, che ci permette di controllare la situazione e verificare il successo della cura medica effettuata.