Una richiesta di aiuto dal Burkina Faso

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Il deserto può diventare verde: cento euro per continuare a rendere reale un sogno. 3.500 ettari di bosco dove c’era terra arida incoltivabile e oltre 1.500.000 di alberi cresciuti sui terreni lavorati. 15 villaggi che hanno ora pascoli, legname, acqua e non sono più costretti a migrazioni temporanee o permanenti e c’è la concreta possibilità di continuare a vivere sulla terra dove sono nati. Quest’anno si è aggiunto il villaggio di Set-Sère, con una popolazione di oltre 2.000 esseri umani distribuiti su un vasto territorio a sud di Gorom Gorom, capitale dell’Oudulan. La Lettera di Alessandro Galli

Mentre l’Italia ha i fiumi in piena e le strade allagate, un po’ più a Sud, nel Sahel, nel deserto del Sahara, si combatte contro la siccità e il deserto che grazie ad un gruppo di volontari va diventando verde.
C’è ancora molto da capire nel nostro mondo, su come vanno le cose in Terra e ancora di più in cielo, dove i capricci del clima cominciano a diventare molto pericolosi e non solo per le avventure della rivoluzione industriale e della conseguente urbanizzazione con abbandono delle campagne, come le vicende del Deserto ci dovrebbero insegnare (dove di tutte le delizie e croci della modernità c’è poco o niente).

In attesa di maggiori conoscenze sulle dinamiche del clima che possano consentire all’Uomo di influenzarne utilmente le tendenze, su cui hanno lavorato in molti nel deserto tra cui il grande studioso di Goethe, Alessandro Galli, che ha operato con successo negli ultimi dieci anni nel progetto Deserto Verde in Burkina Faso e da qualche mese è passato tra coloro che son sospesi (a causa di un delicato intervento) e nel dovere rispondere agli amici, come fa nella lettera a loro indirizzata, su quello che farà nella terza gioventù post settanta, ha risposto: «voglio continuare la lotta per far verde il deserto» e ha chiesto cento euro per il progetto a tutti gli amici da versare sul conto i cui riferimenti bancari ha riportato sempre nella sua lettera.
Riporto volentieri questa sua risposta/richiesta da cui emergono alcune considerazioni e riflessioni utili:

Ci sono parti del mondo dove si vive in grande precarietà in lotta per la vita contro la fame, fatto da non dimenticare troppo facilmente, alle prese ancora con le ultime vacche grasse e i capricci umani più o meno sventati a tutti i livelli.

Alessandro Galli è uno degli ultimi grandi vecchi della Scuola tedesca che guida l’innovazione nella Scuola e come vediamo anche sulle frontiere del deserto. Grandi vecchi da cui attingere sapienza e esperienza per andare oltre nel futuro di questo tempo difficile per l’Uomo moderno ed ancora più difficile per l’Italia alle prese con una transizione tra Prima Repubblica e Seconda Repubblica che ancora non ha trovato una forma stabile e matura.

Nel viaggio nel deserto che l’Italia sta facendo con troppi morti e feriti (tra cui quello che fu uno dei più floridi sistemi industriali del mondo), davanti ai cosiddetti tecnici, che hanno impazzato in questi anni, davanti ai ricorrenti salvatori della Patria di cui ci siamo anche scordati chi sono, davanti a movimenti antipolitici che dal Novantaquattro hanno occupato parte dei palazzi (comico fu un coordinatore regionale di un partito nascente che disse a quei tempi noi non facciamo politica…), quello che resta del buon senso e dell’Amor Patrio ha costretto il grande Vecchio della Repubblica a rimanere al Quirinale, quando questi aveva preparato le valige e diversi candidati erano scesi in campo autorevolmente per sostituirlo.
Accusare uno dei pochi uomini politici di questa Repubblica di attentato alla Costituzione e di attaccamento alla poltrona (a cui neanche tra le righe si punta spasmodicamente), non fa neanche ridere e oltre il patetico davanti, alle sceneggiate teatrali che finiscono di gettare un’ombra sulla nostra dignità repubblicana.
I sogni di potere possono diventare incubi, specie quando si confonde il potere come servizio per il delirio del potere a cui abbiamo assistito da più parti nel Novecento.