Più consumo di suolo più alluvioni

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Il Rapporto Rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente analizza l’evoluzione del territorio e del consumo di suolo all’interno di un più ampio quadro di analisi delle dinamiche delle aree urbane, agricole e naturali ai diversi livelli. In particolare nelle aree urbane ad alta densità solo nel 2018 si sono persi 24 metri quadrati per ogni ettaro di area verde

Sono stati presentati oggi a Roma al Museo Maxxi, dopo la conferenza stampa avvenuta qualche giorno fa presso il Senato della Repubblica, i nuovi dati sul consumo di suolo in Italia e l’edizione 2019 del Rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa).

Un Rapporto che vede il consumo di suolo in Italia in continua crescita con percentuali che in 15 regioni superano il 5% con i valori percentuali più elevati in regioni quali Lombardia, Veneto e Campania seguite quindi da Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Liguria e Lazio.

Una macchia rossa

Una macchia rossa senza soluzioni di continuità ricopre vaste aree della Pianura Padana, del litorale ligure, del litorale adriatico settentrionale e della Penisola salentina. Un’area, quest’ultima, che pur essendo priva di corsi d’acqua significativi, è sempre più frequentemente interessata da alluvioni improvvise provocate da eventi piovosi brevi ma di forte intensità. Sì, perché il consumo di suolo e quindi la sua impermeabilizzazione provoca proprio un aumento del rischio geo-idrogeologico dei territori.

Con uno sguardo al passato, infatti, il Salento leccese aveva subito eventi alluvionali di grande portata ma ci si rende conto che nelle ultime due decadi sembra che i fenomeni siano aumentati in termini sia di frequenza sia di intensità con effetti al suolo resi ancor più pericolosi dalle naturali caratteristiche del territorio (di questo si parlerà durante il convegno «Il rischio geo-idrogeologico nel Salento leccese. Lo stato di conoscenza tra dati storici e cambiamenti climatici» in programma il prossimo 24 settembre nel Comune di Lecce).

L’edizione 2019 del Rapporto, la sesta dedicata a questi temi, fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del nostro territorio, che continuano a causare la perdita di una risorsa fondamentale, il suolo, con le sue funzioni e i relativi servizi ecosistemici.

Il Rapporto

Il Rapporto analizza l’evoluzione del territorio e del consumo di suolo all’interno di un più ampio quadro di analisi delle dinamiche delle aree urbane, agricole e naturali ai diversi livelli, attraverso indicatori utili a valutare le caratteristiche e le tendenze del consumo, della crescita urbana e delle trasformazioni del paesaggio, fornendo valutazioni sull’impatto della crescita della copertura artificiale del suolo, con particolare attenzione alle funzioni naturali perdute o minacciate.

La tutela del patrimonio ambientale, del paesaggio e il riconoscimento del valore del capitale naturale sono compiti e temi a cui richiama l’Europa e che in Italia ricoprono un’importanza notevole e questo alla luce delle particolari condizioni di fragilità e di criticità climatiche del nostro Paese.

E allora il Rapporto mette in evidenza come, con il trascorrere degli anni, si passeggerà sempre di più a piedi nudi nel cemento e sempre di meno nelle aree verdi cittadine. Aumenta infatti lo spreco di suolo soprattutto all’interno delle città italiane. In particolare nelle aree urbane ad alta densità solo nel 2018 si sono persi 24 metri quadrati per ogni ettaro di area verde. In totale, quasi la metà della perdita di suolo nazionale dell’ultimo anno si concentra nelle aree urbane, il 15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense.

La cementificazione avanza senza sosta soprattutto nelle aree già molto compromesse con un valore che è 10 volte maggiore rispetto alle zone meno consumate.

A Roma, ad esempio, il consumo cancella, in un solo anno, 57 ettari di aree verdi della città. Record a Milano dove la totalità del consumo di suolo spazza via 11 ettari di aree verdi. Un fenomeno questo che non procede di pari passo con la crescita demografica dove ogni abitante italiano ha in «carico» oltre 380 m2 di superfici occupate da cemento, asfalto o altri materiali artificiali, un valore che cresce di quasi 2 metri quadrati ogni anno, con la popolazione che, al contrario, diminuisce sempre di più. È come se, nell’ultimo anno, avessimo costruito 456 m2 per ogni abitante in meno.

Consumo di suolo e clima

Il consumo di suolo in città ha un forte legame anche con l’aumento delle temperature elemento questo che evidenzia come la maggiore presenza di superfici artificiali a scapito del verde urbano fa derivare anche un aumento dell’intensità del fenomeno delle isole di calore.

La differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 2°C nelle città più grandi. A livello generale lo screening del territorio italiano assicurato dal Snpa segna in rosso altri 51 chilometri quadrati di superficie artificiale solo nel 2018, in media 14 ettari al giorno, al ritmo di 2 metri quadrati ogni secondo. E anche se la velocità sembra essersi stabilizzata è ancora molto lontana dagli obiettivi europei che prevedono l’azzeramento del consumo di suolo netto.

Ma il consumo di suolo, non necessariamente abusivo, cresce anche nelle aree protette, nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica, in quelle a pericolosità idraulica media e da frana e nelle zone a pericolosità sismica. Negli ultimi sei anni secondo le prime stime l’Italia ha perso superfici che erano in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi, nonché di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio e l’infiltrazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde aggravando la pericolosità idraulica dei nostri territori.

Il recente consumo di suolo produce anche un danno economico potenziale compreso tra i 2 e i 3 miliardi di euro all’anno dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici del suolo. Le nuove coperture artificiali non sono l’unico fattore che minaccia il suolo e il territorio, che sono soggetti anche ad altri processi di degrado come la frammentazione, l’erosione, la perdita di habitat, di produttività e di carbonio organico, la desertificazione.

Il degrado del suolo

Una prima stima delle aree minacciate è stata realizzata dall’Ispra, rappresentando questa una novità assoluta del Rapporto 2019 ossia la valutazione del degrado del suolo e del territorio applicando e adattando il concetto di land degradation, per valutare la distanza che ci separa dall’obiettivo della Land Degradation Neutrality, previsto dall’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Dal 2012 al 2018, le aree dove il livello di degrado è aumentato coprono 800 km2, quelle con forme di degrado più limitato addirittura 10.000 km2.

Il consumo di suolo, il degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi continuano a un ritmo non sostenibile. Un consistente contenimento del consumo di suolo è la premessa per garantire una ripresa sostenibile dei territori attraverso la promozione del capitale naturale e del paesaggio, la riqualificazione e la rigenerazione urbana e l’edilizia di qualità, oltre al riuso delle aree contaminate o dismesse.

Per questo obiettivo è indispensabile fornire ai comuni e alle città metropolitane indicazioni chiare e strumenti utili per rivedere anche le previsioni di nuove edificazioni presenti all’interno dei piani urbanistici e territoriali già approvati. Un esigenza questa che Ispra e Snpa, all’interno del progetto europeo SOlL4LIFE, stanno portando avanti con le Regioni a fine di realizzare Osservatori regionali sul consumo di suolo, sentinelle alle quali spetterà il compito di supportare le attività di pianificazione sostenibile del territorio.

Elsa Sciancalepore