Ipocrisia, no alla deforestazione ma importiamo soia

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nave soia
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Mentre la deforestazione galoppa in Brasile, in Europa giunge via mare una gigantesca fornitura di soia. Wwf: «Serve una legge europea forte e vincolante per impedire che la circolazione di soia sia responsabile della deforestazione»

La «Pacific South», una nave mercantile proveniente dal Brasile con un carico di oltre 100.000 tonnellate di soia (il più grande carico di soia mai sbarcato all’interno dell’Ue) ha attraccato qualche giorno fa ad Amsterdam. È salpata dal Paraná con soia coltivata su circa 40.000 ettari di terreno* (circa 60.000 campi da calcio) che un tempo era foresta o prateria. Questa terra è stata quindi disboscata per far posto a una coltivazione che è soprattutto alla base dell’alimentazione degli animali domestici per la produzione di carne.

Il report Deforestation made in Italy ** curato da Etifor (spin-off dell’Università di Padova) riporta che, secondo gli studi di Pendrill et al. (2019) il 62% della superficie deforestata lorda su scala globale nel periodo 2005-2013 (equivalente a 5,5 Milioni di ettari/anno) è attribuibile all’espansione di aree agricole (principalmente per la produzione di soia e cereali), pascoli (per la produzione di carne e derivati) e piantagioni (tanto forestali quanto di palma da olio).

Il consumo italiano di soia avrebbe provocato, tra il 2000 e il 2010, una deforestazione media di almeno 16.000 ettari/anno.

Anche se è possibile che gran parte della soia provenga da terreni che sono stati trasformati molto tempo fa, i cittadini italiani non possono essere certi che le spedizioni di soia verso l’Ue e verso l’Italia, non siano legate alla recente deforestazione o alla conversione dell’ecosistema forestale. Ad oggi non esiste una legge nazionale né dell’Unione che garantisce che le importazioni di soia e di altri prodotti di base siano esenti da deforestazione; il che significa che i consumatori europei rischiano inconsapevolmente di alimentare, seppur indirettamente, la distruzione della foresta tropicale e di altri importanti ecosistemi naturali.

Gli scienziati proprio in questi giorni ci dicono che la deforestazione nell’Amazzonia brasiliana è salita per il quindicesimo mese consecutivo, raggiungendo livelli che non si vedevano dalla metà degli anni 2000. Sono questi i dati diffusi dall’istituto nazionale di ricerca spaziale brasiliano Inpe. Il sistema di monitoraggio satellitare dell’Inpe ha inoltre rilevato 1.034 chilometri quadrati di disboscamento nel giugno 2020, portando il totale calcolato su dodici mesi a 9.564 chilometri quadrati: l’89% in più rispetto a un anno fa nello stesso mese. L’entità della deforestazione nell’ultimo anno è la più alta mai registrata da quando l’Inpe, nel 2007) ha iniziato a diffondere aggiornamenti mensili. Il tasso di deforestazione su 12 mesi è aumentato del 96% da quando il presidente Jair Bolsonaro è entrato in carica nel gennaio 2019. I numeri parlano da soli.

Quello dell’Unione europea è il secondo mercato mondiale per i prodotti di base a rischio deforestazione dopo la Cina. Mentre l’Ue importa meno soia della Cina, gli studi dimostrano che le sue importazioni hanno una probabilità maggiore di essere legate alla deforestazione.

Quest’estate la Commissione europea aprirà una consultazione pubblica su una nuova legge per impedire ai prodotti legati alla deforestazione di entrare nel mercato europeo. Il Wwf esorta anche i cittadini italiani a prendervi parte per far sentire forte la voce di chi non vuole si porti nel piatto alimenti che hanno contribuito alla progressiva scomparsa della foresta ammazzonica.

 

*Questo calcolo si basa su una produzione di circa 2.500 chilogrammi di soia per ettaro. La cifra reale potrebbe essere superiore o inferiore, a seconda delle circostanze specifiche in cui la soia è stata coltivata (terreno, condizioni climatiche, ecc.).

** Pettenella, D., Masiero, M. (a cura di) (2020). Deforestation made in Italy. Le responsabilità delle imprese e dei consumatori italiani nella deforestazione dei paesi tropicali. Etifor Srl – Spin-off dell’Università di Padova. Padova, Italia.

 

(Fonte Wwf)