Dissesti idrogeologici, perché non una giornata delle vittime?

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L'ultima esondazione del Fiora
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È una proposta della Sigea che è promotrice della istituzione della «Giornata nazionale in memoria di tutte le vittime delle alluvioni e delle frane». «Con questa iniziativa — sottolinea Antonello Fiore, Presidente nazionale Sigea — vogliamo portare l’attenzione sulla “Vulnerabilità dimenticata”. Sappiamo che vulnerabili sono tutti coloro che possono essere feriti e tutto ciò che può essere danneggiato. Ma spesso lo dimentichiamo»

L’Italia è un Paese fragile, l’orografia del territorio, l’abbandono delle zone appenniniche, il rapporto predatorio delle risorse ambientali, le ampie zone sismiche ed ora anche l’irruenza dei cambiamenti climatici, accelerano processi che nella storia italiana sono stati spesso accompagnati da eventi luttuosi, eppure se ne parla episodicamente, in occasione di altri eventi o in una serie occasionale di celebrazioni e ricordi.

Perché non un’unica giornata? L’idea è venuta alla Sigea (Società italiana di geologia ambientale) che è promotrice della proposta di istituire la «Giornata nazionale in memoria di tutte le vittime delle alluvioni e delle frane».

Solo negli ultimi 50 anni abbiamo pianto, e continuiamo a farlo a ogni evento, oltre 1.700 vittime. Senza calcolare i danni per i beni culturali, il sistema produttivo e le infrastrutture che purtroppo continuano ad essere sottovalutati dagli organi di governo regionali e nazionali.

«Con questa iniziativa — sottolinea Antonello Fiore, Presidente nazionale Sigea — vogliamo portare l’attenzione sulla “Vulnerabilità dimenticata”. Sappiamo che vulnerabili sono tutti coloro che possono essere feriti e tutto ciò che può essere danneggiato. Ma spesso lo dimentichiamo. Ci siamo abituati ad applicare il solito schema dopo ogni evento calamitoso, limitato solo a un breve periodo, e così: si contano le vittime, si stimano i danni, si crea la solidarietà nazionale con raccolta fondi e fiaccolate di solidarietà, si cerca di capire le cause, si approccia con cautela a comprendere le responsabilità tecniche e politiche, si stanziano i fondi per ricostruire. Magari la ricostruzione sarà nello stesso luogo, dove la natura ha tentato di riprendersi i suoi spazi. Lo schema ormai consolidato è pronto per essere applicato per altro evento calamitoso, in ogni stagione e in ogni regione».
E così succede che si allarga l’area dell’indifferenza che riesce anche a soffocare il primo spontaneo e generoso impulso della solidarietà. «A ogni evento — continua Fiore — siamo costretti ad aggiornare le drammatiche statistiche delle vittime, ma nello stesso tempo dovremmo sforzarci di associare a ogni numero un volto, una vita spezzata, una famiglia “mutilata”, dei rapporti sociali interrotti, un investimento dello Stato che non andrà a buon fine».
Quello che ancora non si riesce a fare è mutare il comportamento dell’apparato dello Stato, la capacità d’intervento ed intervenire sulla burocrazia. Infatti, dice ancora Antonello Fiore, disegnando un nuovo impellente scenario prossimo, «la gestione del territorio deve necessariamente cambiare il proprio stile e andare verso un nuovo adattamento a quello che la crisi climatica sta determinando. Bisogna ritornare a curare il territorio attraverso opere di manutenzione dello stesso che ridanno efficienza agli interventi già realizzati creando più occupazione e meno opere strutturali. Bisogna lavorare per ridurre o azzerare il consumo di suolo agevolando la demolizione e la ricostruitone, se non ricadono in aree a pericolosità idraulica e geomorfologica, dei vecchi edifici e delle infrastrutture, facilitando una ricostruzione che tenga conto delle esigenze di sicurezza sismica e delle nuove esigenze di efficienza energetica e ambientale. Dobbiamo lavorare tutti insieme, istituzioni, enti di ricerca, ordini professionali, associazioni culturali per promuovere la cultura della consapevolezza e ripristinare il rispetto delle regole condivise, dobbiamo lavorare per dare fiducia e sicurezza cercando di abbandonare l’approccio imperante di addossare agli altri la responsabilità di quello che è accaduto o non è stato fatto. Allora dobbiamo iniziare dal ricordarci in maniera sistematica quante vite sono state spezzate da quel rischio che quasi sempre noi stessi creiamo».
Opportunamente, il Presidente Sigea ci ricorda il Rapporto Periodico sul Rischio posto alla Popolazione italiana da Frane e Inondazioni (Anno 2019) pubblicato a gennaio 2020 dal Cnr. In questo rapporto le statistiche degli eventi di frana e d’inondazione con vittime nel periodo 1969-2018 che hanno interessato 3.629 località in 2.068 Comuni italiani sono severe:

  • morti: per frana 1.132 e per inondazione 581, per un totale di 1.713;
  • dispersi: per frana 10 e per inondazione 50, per un totale di 60;
  • feriti: per frana 1.457 e per inondazione 454, per un totale di 1.911;
  • evacuati e senza tetto: per frane 148.353 e per inondazione 171.764 per un totale di 320.117 italiani.

Una Giornata nazionale può servire anche a questo, ricordare le vittime, misura delle nostre incapacità e della nostra voracità in una visione della società egoistica e asfittica.

 

I. L.