Rifiuti e incentivi illegali come… il gioco delle tre carte

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Agendo sui metodi di calcolo si potrebbe portare il costo dell’incenerimento a 100 euro a tonnellata, un prezzo pericolosamente e artificiosamente vicino ai 60/70 euro pagati per conferire la frazione organica in un centro di compostaggio per ottenere dal trattamento dei rifiuti fertilizzante organico invece di ceneri tossiche

È stata inviata oggi a Pierluigi Bersani, ministro dello Sviluppo Economico e Alfonso Pecorario Scanio, ministro dell’Ambiente, una lettera aperta sul problema degli incentivi illegali all’incenerimento dei rifiuti.
La lettera è stata inviata anche a tutti i parlamentari delle Commissioni Ambiente della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica e mette in guardia sul rischio di perpetuare il meccanismo di incentivazione illegale all’incenerimento.

Si tratta di un rischio estremamente reale: agendo sui metodi di calcolo si potrebbe portare il costo dell’incenerimento a 100 euro a tonnellata, un prezzo pericolosamente e artificiosamente vicino ai 60/70 euro pagati per conferire la frazione organica in un centro di compostaggio per ottenere dal trattamento dei rifiuti fertilizzante organico invece di ceneri tossiche.

LETTERA APERTA

Inceneritori, il diavolo si nasconde nel dettaglio

Gentile Sig. Ministro,
il sussidio illegale ad inceneritori di rifiuti, raffinerie di petrolio e centrali a carbone spacciati per assimilati a «fonti rinnovabili», finanziato dal 1992 ad oggi tramite il 7% delle nostre bollette Enel, sembra oramai al tramonto. Ma come sempre accade in Italia, quando si mettono in discussione pesanti privilegi per pochi soliti noti, emerge una «manina», un «Diavolo che si nasconde nel dettaglio».

L’attuazione della nuova norma sul finanziamento alle fonti rinnovabili, infatti, prevede un Decreto tecnico (normazione secondaria) in capo al ministro dello Sviluppo Economico previo concerto con il ministro all’Ambiente. Questo Decreto tecnico dovrà indicare (in armonia con le norme europee, onde evitare ulteriori e costose procedure di infrazione da parte della UE), come vada quantificata la quota-parte dei rifiuti inceneriti che è costituita di materiali effettivamente «rinnovabili» (ossia la parte organica biodegradabile), potendo tale componente, quand’anche incenerita, vedersi passibile di incentivazione. Il Governo italiano non ha seguito la strada della Germania, che non prevede finanziamento ad alcuna forma d’incenerimento (neanche nella quota parte di frazione biodegradabile), o del Regno Unito.
Il Governo italiano invece sembra indirizzato verso il «Modello olandese» che finanzia comunque la quota biodegradabile del rifiuto incenerito. In Olanda però è un Istituto indipendente ad essere certificatore terzo della quota-parte «rinnovabile» del rifiuto e del suo ammontare. Inoltre la parte di plastica rimanente nel rifiuto non riciclabile da bruciare nei Paesi Bassi non deve essere superiore al 3%: uno scenario di «ammissibilità» dei rifiuti inceneriti a finanziamento, che abbatte l’entità dell’energia sovvenzionata a meno del 50% favorendo di fatto industrialmente raccolte differenziate spinte tramite i metodi porta a porta.

Ora in Italia tutta l’attenzione dovrà essere posta sul calcolo della quota effettivamente rinnovabile. Per questo intendiamo mettere in guardia nei confronti di approcci di calcolo distorsivi ed intesi ad aumentare artificiosamente la quota di energia attribuita impropriamente alla componente «rinnovabile». Bisogna definire soprattutto un concetto ben preciso: la frazione organica costituita da scarto alimentare, pur rappresentando una componente «rinnovabile», è molto ricca di acqua, il che abbatte drasticamente il suo contributo alla resa energetica complessiva. La quota di energia effettivamente «rinnovabile» è dunque tipicamente inferiore al 50%, e qualunque risultato dei metodi di calcolo proposti che preveda di superare tale percentuale è sostanzialmente truffaldina. Inoltre, una inopinatamente elevata percentuale assegnata con questa norma, alla quota-parte rinnovabile dei rifiuti, vedrebbe scoraggiate le raccolte «porta a porta» specialmente delle frazioni organiche che sono fondamentali per la produzione di compost di qualità per la nostra agricoltura, necessarie anche per frenare l’erosione di risorse agricole derivante dal Cambiamento Climatico globale in atto (desertificazione). Siamo in presenza di un potenziale trucco che sfavorirebbe di nuovo le tecniche di smaltimento alternative all’incenerimento. Tecniche a freddo come ad esempio i sistemi di recupero meccanico e trasformazione, attuati nel Trevigiano, dove i residui non riciclabili da raccolte «porta a porta» sono trasformati in sabbie sintetiche per l’edilizia, evitando incenerimento e discarica.

Chiediamo a Lei e a tutti i Deputati e Senatori sensibili all’argomento d’intervenire di concerto con il ministero dell’Ambiente per fermare ogni ulteriore interpretazione distorsiva dello strumento «incentivi». Chiediamo inoltre che si vigili affinché l’incentivazione delle biomasse, non venga estesa ad impianti che bruciano ogni tipo di materia prima. Materia magari importata da paesi lontani disboscando intere foreste o sacrificando sull’altare dell’aumento del consumo energetico terreni e produzioni agricole destinate all’alimentazione. Gli incentivi per le biomasse vanno limitati esclusivamente a piccoli impianti in autoproduzione locale a cosiddetta «filiera corta».

Massimo De Maio, Presidente Fare Verde Onlus
Andrea Di Stefano, giornalista, direttore rivista «Valori»
Rossano Ercolini, Rete Nazionale Rifiuti Zero
Walter Ganapini, Presidente Greenpeace Italia
Matteo Incerti, giornalista
Maurizio Pallante, Movimento Decrescita Felice.

(Fonte Fare Verde, info@fareverde.it ? www.fareverde.it)
(05 Dicembre 2007)