Parte Glast in missione… archeologica

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Farà una mappatura del cielo nella componente di radiazione gamma, ma il satellite seguirà anche le tracce lasciate dalla materia oscura nell’alone della Via Lattea. Il contributo dell’Infn e del Dipartimento interateneo di Fisica di Bari. È possibile seguire la diretta video

Da Cape Canaveral (Florida) sta per essere lanciato il satellite Glast, il più grande strumento di ricerca sui raggi gamma.
Il nuovo sofisticato osservatorio spaziale è parte del programma Nasa per lo studio della struttura e dell’evoluzione dell’universo, ma raccoglie anche le risorse e le competenze di quattro paesi europei (a cominciare dall’Italia) e del Giappone.

Il sostegno scientifico e finanziario italiano a questa missione, del valore complessivo di 1 miliardo di dollari, è stato assicurato dall’Istituto nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), che hanno fornito preziosi contributi progettuali e contribuito allo sviluppo della strumentazione. Un apporto significativo è venuto dalla Sezione di Bari dell’Infn diretta da Eugenio Nappi e dal suo partner Dipartimento interateneo di Fisica (Università e Politecnico), diretto da Franco Romano, i cui specialisti hanno lavorato sui dispositivi elettronici di Glast e stanno ora partendo per Stanford, dove dovranno seguire le operazioni di calibrazione della strumentazione, valutazione dei disturbi sulle misure e precisione di puntamento.

Il compito di Glast è fare una mappatura del cielo nella componente di radiazione gamma, ma il satellite seguirà anche le tracce lasciate dalla materia oscura nell’alone della Via Lattea: la sua è, quindi, una vera missione archelogica, condotta nelle regioni più remote, ovvero più antiche, dell’Universo.

Ma perché gli scienziati attribuiscono tanta importanza ai raggi gamma? La ragione sta nella capacità che hanno queste particelle di attraversare in modo indisturbato distanze enormi ed essere, quindi, messaggere di informazioni fedeli e preziosissime sulle loro regioni di origine.
Nelle regioni più remote del cosmo hanno luogo fenomeni di energia spaventosa e per noi inimmaginabile, veri cataclismi cosmici che coinvolgono oggetti in gran parte sconosciuti come le stelle o quasi-stelle quasar, pulsar e supernove, tutte testimoni delle età giovani e turbolente del cosmo di miliardi di anni fa.

Ora, dalle quattro tonnellate di Glast e dalla sua avanzatissima strumentazione (concentrata sui due componenti, Large Area Telescope e Gamma-ray Burst Monitor) possiamo aspettarci sensazionali novità sulle sorgenti cosmiche più energetiche nella banda dei raggi gamma e, in generale, un salto di qualità nella comprensione di fenomeni ancora sconosciuti, che si scatenano nell’universo violento e invisibile.

Frutto della ricerca italiana made by Infn è proprio il cuore della strumentazione di bordo (un milione di sensori al silicio), che ha comportato la messa a punto di rivelatori innovativi, in grado di consumare pochissima energia e reggere gli stress meccanici e termici, nonché un’esposizione almeno decennale alle radiazioni: una sfida tecnologica che apre la strada a ricadute tecnologiche ed applicative di estremo interesse per il mondo industriale.

Su prenotazione, e fino ad esaurimento dei posti, sarà possibile seguire la diretta video del lancio di Glast (prevista tra le 17,30 e le 19 ora italiana del 5 giugno) dall’Aula multimediale del Dipartimento di Fisica. Gli interessati possono scrivere a sraino@ba.infn.it.

(Fonte Disti, Distretto dell’Informazione Scientifica elisabettadurante@gmail.com ? (+39) 320 17 10 521)
(30 Maggio 2008)