Dopo 23 anni si gioca ancora con le cifre. Il problema della messa in sicurezza dell’impianto
Alla vigilia del ventitreesimo anniversario dell’incidente, un gruppo di attivisti russi e tedeschi ha proiettato scritte antinucleari sul sarcofago di Cernobyl. Per cercare di mettere in sicurezza il sarcofago, che rischia di crollare, i costi sono stati rivisti al rialzo: le stime di circa 600 milioni di euro inizialmente previsti sono oggi cresciute di oltre il 50% a oltre 900 milioni.
Un eventuale collasso della struttura attuale avrebbe come conseguenza un rilascio di radioattività significativo anche a distanze di 50 chilometri e oltre, mentre le conseguenze potrebbero essere gravi in un raggio fino a 20 km dalla centrale.
/> «Stop nuclear madness. Energy Revolution Now» (Stop follia nucleare. Rivoluzione energetica subito) e «Dangerous obstacle toc limate solution» (ostacolo pericoloso alle soluzioni per il clima). Proiettato anche il simbolo «Nucleare? No grazie» in russo.
A 23 anni dall’incidente, le ricerche scientifiche mostrano ancora impatti sia sulla flora sia sulla fauna. Ancora nel 2006 nei campioni prelevati a Bober, villaggio fuori dalla zona di esclusione, la radioattività era 20 volte i valori usati nell’Ue per definire un rifiuto radioattivo.
La propaganda nucleare continua a parlare in modo scientificamente scorretto di 56 vittime tra i «liquidatori». Una cifra che dimostra la malafede dell’industria nucleare.
«Affermazioni di questo genere sono intellettualmente disoneste ? afferma il direttore esecutivo di Greenpeace, Giuseppe Onufrio ?. Le radiazioni ionizzanti causano danni nel corso del tempo, sia di tipo somatico, come tumori e leucemie, sia di tipo genetico, come malformazioni nelle nuove generazioni».
Le dichiarazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna nel 2005 citavano una valutazione dei casi mortali dell’ordine dei 4.000 casi. Quella valutazione è stata poi ritirata e le stime riportate dal forum Cernobyl, cui partecipa anche l’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2006 prevedevano oltre 9.000 casi mortali complessivi, tra passati e futuri, nei gruppi di popolazione più colpiti. Gli stessi autori della ricerca conclusero che, allargando l’analisi anche a gruppi di popolazione meno esposti, la stima dei casi mortali saliva a 16.000.
Ma come si vede nell’analisi pubblicata per il ventennale da Greenpeace esistono stime ben maggiori, nell’ordine delle centinaia di migliaia di vittime. Una valutazione condotta da 51 scienziati ucraini e bielorussi ha infatti stimato l’ordine di grandezza del danno in 100.000 casi mortali.
(Fonte Greenpeace)