8 milioni di auto a rischio amianto

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Vendute o riparate prima del 1994 potrebbero avere componenti di amianto nei freni, nelle frizioni, ecc. A rischio la salute dei lavoratori del settore

Sono circa otto milioni le automobili tuttora in circolazione, commercializzate o riparate prima del 1994, che, secondo una stima dell’Aci, potrebbero avere componenti di amianto nei gruppi frenanti, nelle frizioni, ma anche nei carter di protezione termoisolante dei tubi di scarico e nei rivestimenti fonoassorbenti del vano motore.

La presenza delle fibre di amianto, disperse nell’aria, potrebbero essere un serio rischio per la salute dei lavoratori addetti del settore automobilistico, quali sono i meccanici, l’elettrauto, i gommisti, i carrozzieri, i demolitori.

Da qui la necessità di attuare misure di prevenzione e protezione, nonché programmi di formazione ed informazione sui rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere di amianto e dei materiali contenenti amianto.

È questo l’oggetto della relazione che il Dipartimento provinciale di Vibo Valentia dell’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria) ha presentato all’ultima edizione della Conferenza mondiale 2009 sull’amianto, organizzato dall’Ispesl a Taormina dall’1 al 3 ottobre scorsi.

Il direttore del Dipartimento vibonese dell’Arpacal, dott. Mariano Romeo, accompagnato dall’ingegnere Pietro Paolo Capone, del Servizio tematico dipartimentale Aria, hanno presentato in quell’occasione uno studio volto a mettere in luce le problematiche derivanti dall’uso dell’amianto nel settore automobilistico.

Capone, in particolare, ha sottolineato come «anche questo settore in passato, sino all’entrata in vigore di una legge che ne vietava la produzione nel 1992, sia stato interessato da una massiccia diffusione di materiali contenenti amianto (Mca), installate in tantissime applicazioni, tra cui impianti frenanti e frizioni».

Lo sviluppo di metodi sicuri di lavorazione e la realizzazione di opportuni programmi di formazione professionale su questi metodi di lavoro, quindi, rappresentano le principali articolazioni di un’efficace strategia volta a ridurre al minimo i rischi per la salute e per l’ambiente circostante, in linea con quanto dispone il Decreto legislativo 2008 n.81 in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il direttore del Dipartimento vibonese ha richiamato l’attenzione sulla necessità di avviare una serie di iniziative unitarie sia per sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli derivanti dall’esposizione all’amianto, sia per concordare gli interventi più appropriati per smaltirne i rifiuti senza provocare alcun pericolo di contaminazione per gli addetti ai lavori e per l’ambiente.

Romeo ha concluso dicendo che «fare tutto il possibile per contenere gli effetti negativi legati all’uso su larga scala di questo materiale è l’obiettivo principale sul quale lavorare nell’immediato futuro. I risultati, ovviamente, saranno tanto più soddisfacenti quanto più i diversi soggetti interessati sapranno agire, nel rispetto delle specifiche competenze, in piena sinergia e collaborazione».

(Fonte Arpacal)