Un miliardo di affamati

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I dati Fao. ActionAid presenta il rapporto «Chi sta veramente combattendo la fame», con una classifica dei Paesi più virtuosi nella lotta alla fame

Secondo il rapporto annuale «The State of Food Insecurity» (Sofi), pubblicato dalla Fao insieme con il Programma alimentare mondiale (Wfp) la fame nel mondo continua ad aumentare a causa della crisi economica e oggi colpisce più di 1 miliardo di persone, cioè un sesto della popolazione totale. Gli affamati sono cresciuti del 9% quest’anno, arrivando alla vetta di 1,02 miliardi, il livello più alto dal 1970.

«Il primo Obiettivo del Millennio, che aveva come target di dimezzare il livello degli affamati entro il 2015, è ormai irraggiungibile». Così Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid commenta il Sofi, il Rapporto sull’insicurezza alimentare presentato oggi dalla Fao. «Ogni 6 secondi un bambino muore di fame, ma questo scandalo potrebbe facilmente essere eliminato se tutti i governi intervenissero in modo determinato, ma è necessaria una veloce e decisa inversione di marcia per non vedere peggiorare ancora questi numeri».

Basterebbe seguire le politiche seguite dai governi del Brasile e della Cina, oppure come quelli del Ghana, del Vietnam e del Malawi. Sono questi i Paesi in testa alla classifica stilata da ActionAid sui Governi che stanno mettendo in atto le politiche migliori per combattere il problema della fame. Nel rapporto «Chi sta veramente combattendo la fame?», ActionAid ha analizzato il lavoro di 51 governi e le sorprese sono state molte: la Cina, ad esempio, si classifica seconda tra i Paesi in via di sviluppo, poiché ha ridotto i numeri della fame di 58 milioni in 10 anni attraverso un deciso supporto dello Stato per i piccoli contadini. Al contrario in India più di trenta milioni di persone in più vanno a letto affamate, rispetto alla fine degli anni Novanta.

«Questa classifica – spiega Marco De Ponte – valuta non solo i risultati raggiunti dai governi, ma anche le politiche e gli impegni che essi hanno preso per sconfiggere la fame». I Paesi in via di sviluppo sono stati infatti valutati sulla base del loro impegno a garantire il diritto al cibo, agli investimenti in agricoltura e protezione sociale e sulle azioni per salvaguardare la nutrizione infantile. Per quanto riguarda invece i Paesi industrializzati, la loro valutazione si è basata sugli impegni per un’agricoltura sostenibile e per quanto riguarda il modo di affrontare la sfida dei cambiamenti climatici.

Su trenta Paesi in via di sviluppo, il Brasile è al primo posto nella classifica, seguito da Cina e Ghana. Chiude la classifica la Repubblica Democratica del Congo. Su ventidue paesi industrializzati, invece, l’Inghilterra si classifica ottava, la Francia nona, gli Stati Uniti ventunesimi e l’Italia quattordicesima. Al primo posto il Lussemburgo e fanalino di coda la Nuova Zelanda.

«I progressi che si stanno facendo per sconfiggere la fame nel mondo si possono determinare soltanto attraverso le azioni intraprese dai singoli governi, che devono seguire gli impegni presi nelle sedi internazionali. Secondo la nostra classifica, l’Italia si colloca soltanto quattordicesima nel consesso dei paesi industrializzati e addirittura ultima per investimenti nella lotta al cambiamento climatico e nei sistemi di protezione sociale – dichiara Marco De Ponte -. Per rimettersi in carreggiata l’Italia deve rapidamente ripensare le scelte fatte dall’inizio della legislatura e aumentare le risorse destinate alla cooperazione. Il nostro Paese ha il dovere di contribuire allo sforzo complessivo di limitare gli effetti della crisi sui paesi più vulnerabili, che andrebbe a vantaggio anche dell’Italia».

Non bastano più le parole e non esiste una formula magica per risolvere il problema della fame, spiega ActionAid nel suo Rapporto, ma ci sono lezioni e «best practices» che arrivano da quei Paesi che hanno messo in atto azioni efficaci per fermare o addirittura invertire il trend della fame. «Certamente è necessario un massiccio e urgente supporto in termini di risorse per sostenere i sistemi di agricoltura e alimentare reti di protezione sociale per gruppi vulnerabili – conclude il segretario generale di ActionAid -. Al World Food Summit del prossimo mese, gli stati donatori dovranno annunciare un’aggiunta di 23 miliardi di dollari per finanziare queste misure, altrimenti il prossimo anno i dati peggioreranno ancora in maniera drammatica».

(Fonte www.actionaid.it)