Copenhagen – Ci vuole un accordo storico per salvare il clima

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La paralisi dei negoziati è dovuta ai Paesi industrializzati che non hanno ancora annunciato né impegni ambiziosi di riduzione delle emissioni al 2020, né impegni per fornire risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo

Oggi, in occasione della giornata mondiale di mobilitazione sui cambiamenti climatici, i gruppi locali di Greenpeace scendono in Piazza in 25 città Italiane per chiedere che a Copenhagen venga raggiunto un accordo storico per salvare il clima da cambiamenti climatici catastrofici.

L’attività rientra all’interno dell’iniziativa «100 Piazze per il Clima», organizzata dalla coalizione «In marcia per il Clima» (una grande giornata di mobilitazione per sensibilizzare i cittadini sull’urgenza della lotta ai cambiamenti climatici e sull’impegno che l’Italia deve assumersi per contribuire al successo del Vertice di Copenhagen. Questa coalizione è composta da oltre 50 associazioni.

Tre giorni fa Greenpeace era salita sul Colosseo, a Roma, e aveva aperto uno striscione di 300 metri quadrati con scritto «Copenhagen: accordo astorico adesso!». I volontari di Greenpeace stanno oggi portando lo stesso messaggio in altre 25 città italiane, facendo foto davanti ai più famosi monumenti storici del Paese.

«I cambiamenti climatici e la pace nel mondo sono due facce della stessa medaglia» afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Se non agiamo ora per ridurre i gas serra, il Pianeta andrà incontro a una bomba climatica destabilizzante per la pace nel mondo. Non è troppo tardi per evitare impatti catastrofici, ma le decisioni devono essere prese a Copenhagen».

Le questioni cruciali sul tavolo dei negoziati rimangono ancora aperte. Per sbloccare la situazione occorre che i Paesi industrializzati si impegnino a ridurre le proprie emissioni di gas serra del 40% al 2020, e a garantire risorse finanziarie pari a 110 miliardi di euro all’anno per fronteggiare i cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo. Il risultato di Copenhagen dovrà essere un accordo legalmente vincolante con impegni differenziati per tutti.

Molti Paesi emergenti – come Cina, India, Brasile, Sud Africa, Indonesia – hanno annunciato impegni concreti per ridurre la crescita delle proprie emissioni di gas serra. La paralisi dei negoziati è dunque piena responsabilità dei Paesi industrializzati, tra cui la stessa Europa, che non hanno ancora annunciato né impegni ambiziosi di riduzione delle emissioni al 2020, ne impegni per fornire risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo.

«Mai come ora milioni di persone nel mondo si stanno mobilitando per chiedere di salvare il Pianeta dai cambiamenti climatici» commenta Tedesco. «È ora responsabilità dei Paesi industrializzati non perdere altro tempo e non mandare stupidamente in fumo questa occasione, purtroppo non abbiamo un altro Pianeta».

(Fonte Greenpeace)