Ora biocombustibili meno cari

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La ricerca riguarda il processo di saccarificazione mediante il quale i polisaccaridi complessi della parete cellulare dei tessuti vegetali vengono trasformati in zuccheri semplici per mezzo di enzimi o di acidi minerali

Un brevetto internazionale della Sapienza consentirà di abbattere i costi di bioconversione di materie prime vegetali a biocarburanti.
La ricerca riguarda il processo di saccarificazione mediante il quale i polisaccaridi complessi della parete cellulare dei tessuti vegetali vengono trasformati in zuccheri semplici per mezzo di enzimi o di acidi minerali. Questo procedimento chimico ha costi elevati che incidono pesantemente sul prezzo dei biocarburanti.
I ricercatori del dipartimento di Biologia vegetale della Sapienza, coordinati dal professor Felice Cervone, hanno scoperto come migliorare il processo di saccarificazione attraverso l’impiego di proteine che, modificando la struttura dei polisaccaridi della parete, rendono i tessuti più aggredibili da parte degli enzimi idrolitici.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati su «Pnas» (Proceedings of the National Academy of Sciences), la rivista ufficiale dell’Accademia delle scienze americana.
L’articolo a firma di Vincenzo Lionetti, Fedra Francocci, Simone Ferrari, Chiara Volpi, Daniela Bellincampi, Roberta Galletti, Renato D’Ovidio, Giulia De Lorenzo, e Felice Cervone, è disponibile on line.

La biomassa vegetale è una importante risorsa rinnovabile per la produzione di biocarburanti. Per essere convertito in etanolo, per esempio, il tessuto vegetale, formato principalmente da polisaccaridi complessi, deve essere ridotto a zuccheri fermentabili attraverso un processo chiamato «saccarificazione». L’utilizzo su scala industriale di questo processo è ostacolato dalla limitata efficienza della tecnologia che si basa sull’idrolisi enzimatica dei polisaccaridi e dalla necessità di utilizzare pre-trattamenti termochimici e meccanici che incidono più del 30% sul costo del biocarburante.

I ricercatori della Sapienza hanno escogitato una soluzione al problema dimostrando che le piante possono essere trasformate o trattate con proteine che modificano la struttura della pectina e rendono i tessuti più aggredibili da parte degli enzimi idrolitici. La pectina è una sorta di collante che determina l’irrigidimento della parete cellulare formando legami crociati fra i vari polisaccaridi.

Piante che esprimono una poligalatturonasi che idrolizza la pectina e piante che esprimono un inibitore della pectina metil-esterasi, che interferisce con la formazione dei legami crociati, sono più suscettibili alla saccarificazione e hanno una ridotta necessità di pre-trattamenti degradativi.

(Fonte Università Sapienza di Roma)