Il ritorno del camoscio appenninico

475
Tempo di lettura: 3 minuti

Mostrato come sia possibile conciliare le esigenze di conservazione di una specie delicata come il camoscio e lo sviluppo del settore economico nelle aree montane

È stato un momento importante per far conoscere la valenza scientifica del progetto e le grandi prospettive che la presenza del camoscio appenninico sulle nostre montagne potrà aprire, ma è stata anche una prima occasione di confronto tra il Parco e gli operatori economici del territorio.

Il seminario è stato aperto dalla relazione del professor Sandro Lovari dell’Università di Siena, uno dei massimi zoologi a livello europeo, che ha illustrato le caratteristiche di questa delicatissima specie ed ha presentato gli elementi salienti del Piano d’azione nazionale per la Conservazione del Camoscio appenninico; la ricercatrice Anna Bocci, poi, ha parlato dei primi risultati del monitoraggio degli animali rilasciati sui Sibillini, spiegando i metodi e le apparecchiature utilizzate e mostrando, in modo dettagliato, le localizzazioni degli animali raccolte sulla carta in più di un anno di ricerca: una presentazione che è risultata molto utile per comprendere la delicatezza di questa prima fase in cui gli animali reintrodotti stanno pian piano colonizzando il territorio montuoso dei Sibillini.

I dati sono, infatti, molto confortanti, nonostante il numero degli animali reintrodotti sia di due terzi inferiore a quello inizialmente previsto.

Hanno poi preso la parola gli operatori economici che lavorano nel Parco nazionale d’Abruzzo e nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, territori in cui la presenza del camoscio è ormai radicata; esperienze dirette, quindi, raccontate in prima persona da chi ha fatto dell’accompagnamento in montagna la propria professione.

Cesidio Pandolfi, della cooperativa Ecotur, e Maurizio Pietropaolo di Abruzzo Mountain Guide hanno mostrato come sia possibile conciliare le esigenze di conservazione di una specie delicata come il camoscio e lo sviluppo del settore economico nelle aree montane: nei parchi abruzzesi, infatti, la presenza del camoscio appenninico ha attratto flussi importanti di visitatori che, in molti casi, sono stati regolamentati; questa regolamentazione è finita spesso per essere un elemento di valorizzazione del territorio e, quindi, uno stimolo in più per il visitatore attratto dagli aspetti naturalistici di un parco, rendendolo anche più consapevole del grande patrimonio che la fauna costituisce per un area protetta.

Gli interventi del dibattito finale hanno permesso di approfondire gli aspetti prettamente scientifici del progetto di reintroduzione che il professor Lovari ha illustrato. Le tante persone, intervenute a vario titolo al dibattito, hanno sottolineato in modo unanime il grande valore che la presenza del camoscio potrà apportare a questo territorio; il Direttore del Parco, Alfredo Fermanelli, ha posto l’accento sull’importanza del coinvolgimento su questo progetto: gli operatori turistici dovranno far fronte comune con il Parco per una grande operazione di valorizzazione del territorio che parta proprio da questi formidabili valori ambientali che, adesso, i monti Sibillini sono in grado di offrire ai visitatori. Il Direttore ha fatto anche esplicito riferimento agli incontri che il Parco ha ultimamente organizzato con le Guide professioniste delle regioni Marche ed Umbria: tutti (Guide Alpine, Guide del Parco e Guide ambientali escursionistiche) comprendono la grande importanza di questo progetto e tutti ne condividono le finalità, che non sono solo scientifiche come ha dimostrato il seminario di oggi. I professionisti della montagna hanno anche condiviso le misure di salvaguardia adottate sinora (con particolare riferimento alla chiusura di alcune limitate aree del sottogruppo del monte Bove) dimostrando, così, di aver compreso molto bene che il dialogo e la condivisione degli obiettivi con il Parco potrà, in un prossimo futuro, essere un importante elemento di valorizzazione delle stesse figure professionali legate alla montagna.

Un grande progetto di conservazione, quindi, e un’opportunità per il futuro che tuttavia richiede, in questa prima e delicata fase, la massima cautela da parte di tutti e, soprattutto, l’impegno da parte di tutti gli enti e soggetti interessati affinché l’operazione venga completata attraverso il rilascio di un maggior numero di animali nel più breve tempo possibile.

(Fonte Parco Nazionale dei Monti Sibillini)