La prima applicazione dell’accordo appena siglato avrà luogo nel bacino idrografico del Tevere, un territorio compreso in gran parte tra Umbria e Lazio dichiarato «critico» dal Piano di Assetto Idrogeologico (Pia)
Legambiente e Anci, hanno sottoscritto un «Patto per il territorio» per promuovere una nuova cultura di protezione per il territorio con l’applicazione di una serie di norme di prevenzione. La prima applicazione avrà luogo nel bacino idrografico del Tevere.
Non può sfuggire, purtroppo, che è sempre più frequente, nei fatti di cronaca, seguire avvenimenti legati a frane e alluvioni che da tempo ormai rappresentano un problema ordinario in Italia, problema che causa ingenti danni alle attività economiche delle zone colpite e gravissimi disagi per le popolazioni che vi abitano. Parole come «Rischio idrogeologico» sono diventate di uso comune e se stimiamo che il 70% dei comuni italiani sono interessati da questo tema, capiamo anche il motivo della facilità nell’utilizzare questo gergo.
Si necessita di risoluzioni urgenti e di interventi volti a mitigare il fenomeno soprattutto se consideriamo che, nonostante i dati allarmanti, ancora oggi l’urbanizzazione nelle zone a rischio idrogeologico è molto elevata. I dati del dossier di Legambiente «Ecosistema rischio 2009», indicano che, nei 79% dei comuni monitorati, sono presenti abitazioni esposte al pericolo frane e alluvioni. Alla luce di quanto presentato, Legambiente e Anci, hanno sottoscritto un «Patto per il territorio» per incoraggiare una nuova cultura volta a proteggere il territorio con l’applicazione concreta di una serie di norme di prevenzione. Alla base di questa alleanza ci sono non solo impegni reciproci e reali idee d’intervento per la mitigazione territoriale del rischio idrogeologico, ma anche l’obiettivo più ardito di acquisire risorse economiche forti per poter effettuare una concreta prevenzione; bisogna difendere il territorio e per far questo si necessita di investimenti in termini economici. Ma la prevenzione non è solo un problema economico, è questo quanto dichiarato da Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente: «la prevenzione necessita soprattutto di un cambiamento di mentalità. Bisogna uscire dalla logica emergenziale post-disastro e impostare una corretta politica di gestione ordinaria del suolo in tutti i suoi aspetti, urbanistici, ambientali, sociali e di manutenzione, che costituirebbe la vera grande opera pubblica su cui impegnare risorse pubbliche, locali e nazionali, e risorse private». Continuando, Flavio Morini, delegato ambiente e territorio di Anci, sostiene che «assume rilevanza il tema del dissesto idrogeologico nella sua concezione più ampia. Non si tratta di soli problemi naturali legati alla situazione geomorfologica del territorio italiano, ma deriva anche da una serie di fattori legati sia all’agricoltura che all’intervento dell’uomo».
Il bacino del Tevere
La prima applicazione del «Patto per il Territorio» siglato da Legambiente e Anci, avrà luogo nel bacino idrografico del Tevere, un territorio compreso in gran parte tra Umbria e Lazio dichiarato «critico» dal Piano di Assetto idrogeologico (Pia). In questo territorio, infatti, sono presenti 328 aree classificate ad alto rischio frana dislocate in 142 comuni e ben 330 aree classificate a rischio idraulico ricadenti in 154 comuni; le aree sono localizzate sia lungo il reticolo principale, che in quello secondario e minore e ricoprono, quelle a rischio di esondazione dislocate lungo le aste fluviali principali del bacino, una superficie di 6867 ettari. Ma la problematica principale è che tali aree occupano un’estensione in progressivo aumento, dati questi confermati dai nuovi studi dell’Autorità di bacino in discussione in questi mesi.
Significativo è partire proprio da questa zona per attuare severe misure di salvaguardia e definire una concreta politica di riduzione del rischio idrogeologico. Per l’intero bacino, difatti, il Pai (Piano di assetto idrogeologico) ha previsto poco meno di 1,7 miliardi di euro per gli interventi necessari da attuare sulle aree del reticolo idrografico a rischio e sui versanti collinari e montani, quota questa inclusiva anche di una percentuale da destinare alla manutenzione; bene, di questa somma ad oggi è stato stanziato poco meno del 4%, a dimostrazione che le risorse in questo settore è molto difficile rinvenirle.
Da qui l’esigenza di cominciare l’applicazione del «Patto per il Territorio» di Legambiente e Anci proprio nell’area del Tevere; bisogna invertire il processo di continuo sfruttamento e consumo del territorio, partendo dalla consapevolezza che la bellezza di un bacino idrografico dipende prima di tutto dagli usi cui si destina e dalla serietà nelle scelte di gestione del bene. Il ruolo di controllo, in questo senso, è svolto da tutti noi, partendo dagli Enti locali e dai cittadini, passando per le associazioni, i tecnici, il mondo agricolo e tutti quelli che operano per la tutela e la sicurezza del territorio, insieme a chi ha un ruolo di coordinamento, come le Autorità di bacino o il Governo nazionale. Tutti siamo responsabili, con poteri diversi di gestione ma non per questo di differente importanza nel raggiungimento dello scopo finale che resta quello della tutela del territorio.
Le priorità del Patto
Di seguito, per fornire una più completa informazione, si riportano i punti del «Patto per il territorio» di Legambiente e Anci, ritenuti prioritari per una concreta azione di mitigazione del rischio:
– Adeguare lo sviluppo territoriale alle mappe del rischio. Intervento necessario per evitare la costruzione nelle aree a rischio di strutture residenziali o produttive e per garantire che le modalità di costruzione degli edifici tengano conto del livello e della tipologia di rischio presente sul territorio;
– Ridare spazio alla natura. Restituire al territorio lo spazio necessario per i corsi d’acqua, le aree per permettere una esondazione diffusa ma controllata, creare e rispettare le «fasce di pertinenza fluviale», adottando come principale strumento di difesa il corretto uso del suolo;
– Torrenti e fiumare, sorvegliati speciali. Sollecitare i diversi livelli istituzionali di governo affinché sia dedicata una particolare attenzione all’immenso reticolo di corsi d’acqua minori, visti gli ultimi avvenimenti in cui proprio in prossimità di fiumare e torrenti si sono verificati gli eventi peggiori e sono stati compiuti gli scempi più gravi;
– Favorire la diffusione di corrette pratiche di manutenzione ordinaria del territorio mediante interventi mirati e localizzati, rispettosi degli aspetti ambientali;
– Convivere con il rischio. Applicare una politica attiva, integrata tra i diversi livelli istituzionali competenti, per la «convivenza con il rischio» con sistemi di allerta, previsione delle piene e piani di protezione civile aggiornati, testati e conosciuti dalla popolazione;
– Lotta integrata agli incendi. In molti casi il disboscamento dei versanti causato dagli incendi può aggravare maggiormente il rischio di frana di un versante, oltre che avere un notevole impatto ambientale. Per questo è urgente attuare una serie d’interventi insieme a gli altri soggetti preposti per ridurre il fenomeno;
– Gestire le piogge in città. Bastano oggi eventi piovosi non straordinari per causare allagamenti e provocare danni rilevanti. Allagamenti che purtroppo causano a volte anche delle vittime. Per questo la gestione delle acque di pioggia è uno dei grandi problemi ambientali anche in città da risolvere attraverso un adeguamento delle reti di raccolta coniugando sicurezza e recupero della risorsa idrica.