Nelle Eolie quattro relitti romani

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Sono giacenti su un fondale compreso tra i 100 e i 150 metri di profondità. Il loro tesoro è composto di anfore che mantengono ancora l’originale assetto di carico solo in parte stravolto dal naufragio

 

 

Scoperti quattro relitti di epoca romana nel mare delle Eolie. Le indagini interessano l’area di mare compresa tra Capo milazzese e l’isola di Basiluzzo, sul versante orientale di Panarea. Intorno all’isola di Salina saranno invece scandagliate le acque tra Lingua, Santa Marina, Capo Faro e Pollara. I quattro relitti ritrovati in questa prima fase di ricerca sono giacenti su un fondale compreso tra i 100 e i 150 metri di profondità. Il loro tesoro è composto di anfore che mantengono ancora l’originale assetto di carico solo in parte stravolto dal naufragio.

Vediamo adesso di chiarirci le idee su tutto ciò che riguarda un sito archeologico sommerso dalle acque del mare, essendo questa una tematica di scarsa e rara argomentazione. La zona archeologica, nel diritto internazionale marittimo, è quell’area marina la cui ampiezza non può superare le 24 miglia dalla costa (o più precisamente dalle linee di base dalle quali è misurata l’ampiezza delle acque territoriali) e nella quale lo stato costiero ha giurisdizione in materia di protezione del patrimonio culturale sottomarino. La zona archeologica coincide con la cosiddetta «zona contigua».

Il termine di «zona archeologica» fu introdotto per la prima volta da Tullio Treves nel 1980, commentando i negoziati allora appena conclusi sul futuro articolo 303 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare adottata nel 1982. La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, o Unclos acronimo del nome in inglese United Nations Convention on the Law of the Sea, è un trattato internazionale che definisce i diritti e le responsabilità degli Stati nell’utilizzo dei mari e degli oceani, definendo linee guida che regolano le trattative, l’ambiente e la gestione delle risorse naturali. L’Unclos è stata definita durante un lungo processo di negoziazione attraverso una serie di Conferenze delle Nazioni Unite iniziate nel 1973 ed è stata finalmente aperta alla firma a Montego Bay, Giamaica, il 10 dicembre 1982. È entrata in vigore il 16 novembre 1994, un anno dopo la firma della Guyana quale sessantesimo Stato contraente.

L’Unclos rimpiazza il vecchio concetto della libertà dei mari, risalente al XVII secolo secondo cui, in linea di massima, i diritti nazionali erano limitati a specifiche fasce di mare che si estendevano generalmente per tre miglia nautiche, secondo la regola detta dello «sparo del cannone» sviluppata dal giurista olandese Cornelius Bynkershoek. Tutto lo spazio di mare oltre tale fascia era considerata «acque internazionali», ossia di proprietà di nessuno stato e quindi di libero accesso ad ognuno di loro. Nel ventesimo secolo alcuni Stati espressero il desiderio di estendere la loro giurisdizione nazionale specialmente per poter aumentare la possibilità d sfruttare in maniera esclusiva le risorse marine, principalmente quelle minerarie e di pesca, oltre i limiti delle tre miglia. Fra gli anni 1946 e 1950 una serie di Paesi hanno iniziato a dichiarare in ambito internazionale l’estensione delle loro acque internazionali a 12 o anche 200 miglia. Ad oggi sono solo una piccolissima parte degli Stati rivieraschi del mondo a mantenere un limite di giurisdizione nazionale su una fascia di mare di sole tre miglia. L’Unclos, fra le altre cose, definisce le acque internazionali quindi non più «terra di nessuno» ma di proprietà di tutti.