La varietà dell’edilizia rurale nell’area etnea

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Il patrimonio architettonico rurale è l’espressione di due principali attività agricole: quella agricola e quella vitivinicola. Il tipo edilizio più diffuso è la masseria, che include gli edifici destinati all’abitazione e quelli produttivi

Si intende per architettura rurale il complesso di fenomeni legati all’architettura, che riunisce al proprio interno la funzione produttiva e quella residenziale. Essa viene chiamata anche architettura vernacolare, non aulica, per riflettere il suo carattere di edilizia spontanea, nata a seguito delle esigenze funzionali dettate dall’attività agricola, senza pretese di qualità architettonica, utilizzando prevalentemente i materiali e le tecniche costruttive locali, tradizionali.

Il valore dell’architettura rurale come bene da salvaguardare è quello di una realtà che conserva in sé, più di quella monumentale espressione del «potere», un profondo legame con le tradizioni popolari e significative permanenze culturali arcaiche: difatti essa si è evoluta lentamente nel tempo, fondandosi sulla trasmissibilità dei principi edificatori, quindi conserva preziose informazioni sui modelli costruttivi del passato. Gli edifici rurali sono come le pagine di un libro di storia delle tecniche costruttive tradizionali.

A tale proposito, possiamo citare l’esempio della realtà etnea, a noi così vicina: chiunque osservi il paesaggio architettonico etneo si rende facilmente conto della grande diffusione dell’utilizzo di materiale lavico, presente in grande quantità. Così gli edifici rurali si trovano a determinare fortemente l’aspetto del territorio: che si tratti di muri a secco, di muratura a vista, di intonaci realizzati con la sabbia vulcanica, i colori del nero, grigio e rosso dipingono il paesaggio e lo caratterizzano in maniera inconfondibile.

L’edilizia rurale presenta tradizionalmente diverse tipologie di edifici, a seconda del ceto sociale degli abitanti e della destinazione d’uso dell’immobile. Si distinguono generalmente gli edifici destinati a residenza da quelli che vengono denominati «corpi rustici», ovvero quelli destinati alla lavorazione o all’immagazzinamento dei prodotti agricoli o all’allevamento. Tra gli edifici residenziali, si possono distinguere quelli dei proprietari terrieri, che potevano essere latifondisti o anche di estrazione alto-borghese, per cui presentano una certa qualità architettonica, e le abitazioni dei braccianti, che sono quindi essenziali e semplici nella loro conformazione. I corpi rustici si distinguono in base alla attività economica che supportano palmenti, frantoi, fienili, stalle, ecc.

A ciò si devono aggiungere le «torri», ovvero edifici, generalmente a due o più livelli, che, oltre ad essere utilizzati come residenza o magazzini, servivano, in periodi storici in cui le invasioni barbariche erano frequenti, come punti di avvistamento e difesa.

Nel territorio etneo, il patrimonio architettonico rurale è l’espressione di due principali attività agricole: quella agricola e quella vitivinicola. Il tipo edilizio più diffuso è la masseria, che include gli edifici destinati all’abitazione e quelli produttivi, ovvero magazzini per prodotti agrumari, oppure palmenti per la produzione del vino; essa generalmente ad unico livello ed i locali residenziali e quelli rustici sono a diretto contatto, non solo volumetrico, ma anche funzionale; le masserie sono solitamente costruite nei pressi di uno spiazzo, in cui viene realizzata la cisterna, per la raccolta delle acque piovane, utilizzata per l’irrigazione e per le necessità domestiche, a volte, la residenza è disposta su un terrapieno, spesso un sito roccioso, che dà maggiore solidità alla costruzione, è lontano dall’umidità e fornisce una posizione dominante su i corpi rustici, realizzati nelle immediate adiacenze, su un livello inferiore.

Rustico a RandazzoI trovanti lavici sottratti dal terreno venivano utilizzati per la realizzazione di muri di confini, i relativi cumuli di pietrame venivano raggruppati uno sull’altro, queste sono chiamate «turretti», per non occupare il terreno coltivato si sviluppano in altezza, attraverso scale ricavate negli stessi muri di contenimento permettevano ai conduttori dei fondi di accedere sulle parte sommitale, talvolta veniva realizzato un piccolo vano destinato a deposito attrezzi.

Nella costruzione dei muri e delle «turretti» venivano ricavate, in alcuni di essi, piccoli spazi (simili a grotte) lasciati con l’accesso aperto e ad altezza d’uomo, con lo stesso materiale lavico rifinivano la parte superiore con volte ed archi.

Nei terreni non investiti da diverso tempo dalle colate laviche, i primi esempi di edilizia rurale consistevano in opere realizzate in pietrame lavico o addirittura in legno, ricoperte con fogliame, arbusti e terra, comunemente erano chiamati «pagghiari», normalmente dalla forma circolare. Dette opere servivano come rifugio per chi assisteva il bestiame o per chi conduceva lavori in zone lontane dai centri abitati.

Le piccole costruzioni, dette «caseddi» che si trovano sparse in tutto il territorio etneo, presentano dimensioni contenute, realizzate con pietrame lavico con sovrastante orditura lignea e copertura di coppi o canali in terracotta. Ancora oggi troviamo all’interno di questi edifici rurali, piccole cisterne perfettamente funzionali.

Nei terreni coltivati, sottratti alle aree in precedenza boscate, sorgono i primi insediamenti rurali destinati alla conduzione del fondo ed utilizzati anche come abitazioni stagionali.

In Sicilia, il clima favorevole ha suggerito la realizzazione di molti spazi destinati alla vita all’aperto, quali portici, terrazze, pergolati, che ingentiliscono la rigida regolarità ed essenzialità degli edifici tradizionali, dove si possono ancora riscontrare elementi decorativi come basole, stipiti delle porte, canalette e raccoglitori di acqua.

Diversi edifici rurali che rientrino in aree protette o di particolare interesse paesaggistico, sarebbero sicuramente utile supporto alle funzioni di monitoraggio e salvaguardia ambientale, centri natura per gli enti parco e di tutela del territorio, rifugi, punti base per l’escursionismo; laddove il contesto e la realtà produttiva lo consenta, si può pensare ad un recupero della loro funzione originaria, magari inserita in una nuova realtà destinata all’accoglienza ed al turismo, come l’agriturismo, o alla diffusione di una cultura della tradizione agricola e artigiana.

Nella foto del titolo il tipico Portale in pietra lavica nel borgo di Viscalori