La necessità urgente di una visione olistica del mondo

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È un peccato che manager, leader politici e coloro che dirigono le multinazionali che controllano in gran parte l’economia globale, non sono stati educati al paradigma ecologico, ma ad una versione meccanicistica e atomizzata dell’economia. Lester Brown scrisse: «i deficit economici possono dominare i nostri titoli, ma i deficit ecologici domineranno il nostro futuro»

Il secolo che viviamo è caratterizzato da una quantità enorme di informazioni ed allo stesso tempo di riduzione della conoscenza. L’avvento delle tecnologie della rete, considerato come un valore, si è rapidamente trasformato in una scusa per giustificare la frammentazione e la polverizzazione delle esperienze reali. Il paradigma della scienza moderna ci insegna che dovremmo concentrarci sulle singole parti e non sul complesso, per cui ci si sente colpevoli di credere in idee teleologiche, come l’ipotesi di Gaia.

Il riduzionismo del nostro mondo, iniziato con Newton e Descartes, ha continuato a raggiungere i massimi livelli sino ai giorni nostri. In questo momento sono molti più gli scienziati e gli economisti che guardano agli elementi della natura attraverso lo schermo dei loro computer senza mai esser stati fuori a sperimentare, a toccare direttamente quello che stanno studiando.

Forziamo i topi a vivere in gabbie per poi studiare la loro reazione ad una dose di farmaco. Dal loro comportamento cerchiamo di trarre risultati, ignorando che il topo è un essere vivente con stress ed altre sensazioni emozionali. La scienza moderna considera ancora gli elementi della natura come macchine, allo stesso modo in cui Descartes li considerava secoli fa. Gli economisti fanno lo stesso ignorando l’effetto di sistemi lineari, produzione-consumo, sul resto del pianeta, sull’ambiente, o sui lavoratori dall’altra parte del Mondo. Questa è l’epoca di iPhone meravigliosi, luminosi ed eleganti, con alle spalle una scia di sangue umano e ambientale. Nel mondo occidentale nessuno si preoccupa dell’impatto delle azioni «economiche» sugli altri. Il problema principale è che questo modus vivendi si sta espandendo ad altre culture, ed invece di esportare la democrazia stiamo esportando la follia e la bruttura di cui l’economia reale ha bisogno per sopravvivere.

L’obsolescenza programmata di cui è permeata la nostra tecnologia «smart» è l’anima della moderna idea di economia. Quest’ultima è basata su una scienza fuorviante asettica ed artificiale. Siamo perciò circondati da modelli matematici che, anche se possiedono una coerenza interna e un logica rigorosa, non hanno nulla di simile alla realtà. I modelli per le previsioni meteorologiche sono tra i più sviluppati, ma non riescono a prevedere una pioggia o l’arrivo della neve a distanza di tre giorni. Questo accade perché la Natura è molto più complessa dei sistemi artificiali e composta di diverse variabili fondamentali che i nostri modelli ignorano completamente. Questo è il caso ad esempio del modello di crescita malthusiana, delle equazioni di Lotka-Volterra sulla predazione, delle regole di Hamilton sul sesso e la cooperazione, dell’ottimo Paretiano in economia, del rapporto costi-benefici, etc.

Poiché gli esseri umani sono parte integrante del grande sistema terrestre, non è possibile per l’uomo prendere in considerazione ogni aspetto che modella la nostra realtà. Possiamo solo avere l’umiltà di immaginarli e porre domande circa la portata della nostra conoscenza. Pensare all’Ecologia ed all’Economia senza considerare uno scopo non è un modo ateo di approcciarsi alla scienza, ma semplicemente un punto di vista cieco. È molto difficile osservare la Natura e non cogliere un fine. Guardare le foreste e non apprezzare il loro ordine interno. Ammirare la Terra e non accorgersi della sua omeotelia.

I terribili problemi ecologici che abbiamo di fronte oggi non possono far altro che peggiorare nell’economia globale altamente competitiva che abbiamo creato. Alla fine il nostro mondo sarà dominato solo da enormi ed incalcolabili multinazionali. Come l’ecologista Edward Goldsmith ha suggerito citando Eugene Odum: «Questo può fornire un mezzo di espansione dell’economia mondiale, ma deve davvero essere la nostra priorità assoluta?».

L’unica possibilità che abbiamo per cambiare questa prospettiva è quella di creare un’economia mondiale differente da quella attuale. Abbiamo bisogno di costruire un sistema molto meno competitivo, integrato e ancora più localizzato. Ma ciò che è davvero importante è costruire un’economia in cui è possibile muoversi con passo leggero, se siamo ancora intenzionati ad avere un pianeta vivo. È un peccato che i nostri manager, i leader politici e coloro che dirigono le multinazionali che controllano in gran parte l’economia globale, non sono stati educati al paradigma ecologico, ma ad una versione meccanicistica e atomizzata dell’economia. Lester Brown a questo proposito scrisse: «i deficit economici possono dominare i nostri titoli, ma i deficit ecologici domineranno il nostro futuro».

La Società di Economologia è orgogliosa di motivare le persone e gli ambienti scientifici/economici di spostare per cambiare paradigma e ricollegare l’ecologia all’economia. Il secondo numero della rivista Economology Journal (Vol. II Year II – February 2012) scaricabile dal sito www.economologos.com presenta tutti gli elementi discussi sopra ed è un esempio concreto di come potrebbe la scienza cambiare questa prospettiva.

Questi sforzi sono solo piccoli semi in un mare di informazioni. Raccoglierli e custodirli potrebbe permettere lo sviluppo di conoscenze fondamentali, utili ad alimentare il nuovo paradigma economologico.