Colombi, storni e gabbiani… quando sono troppi

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Si tratta di specie che possono procurare problemi all’uomo per cui si impone un monitoraggio accurato e sistemi di controllo che non danneggino né gli animali né la biodiversità

Il tema della biodiversità rappresenta un utile banco di prova per le politiche e le iniziative culturali centrate sulla sostenibilità. Non bisogna dimenticare, infatti, che il successo di qualsiasi progetto di conservazione ambientale, indipendentemente dalla scala a cui si applica, non può prescindere da un radicale cambiamento di prospettiva, che solo un solido lavoro educativo può garantire. Il passaggio da una concezione antropocentrica ad una sistemica, e quindi ecologica, diviene obbligatorio. Una concezione che, se scontata sul piano biologico, non lo è altrettanto su quello etico e culturale.

Per questa ragione, occuparsi di biodiversità urbana non significa soltanto studiare presenze faunistiche, strategie di adattamento ed azioni di tutela e conservazione delle diverse specie. Vi sono altri aspetti gestionali da considerare, come quello relativo al controllo delle specie ornitiche cittadine, cosiddette problematiche. Questi animali sono estremamente adattabili, opportunisti, e riescono a sfruttare al meglio tutte le risorse fornite dall’uomo, seppur indirettamente.

Uccello indesiderato per eccellenza è il colombo di città, Columba livia in forma domestica, da sempre in grado di suscitare accese polemiche fra sostenitori e detrattori. Se i primi si battono, legittimamente, a difesa di una specie, non si può comunque dar torto agli altri, che vedono nel piccione soltanto un animale responsabile della diffusione di molte malattie. Da sempre oggetto di monitoraggi sanitari ed azioni per il contenimento della popolazione, messe a punto da veterinari, biologi, naturalisti ed ornitologi, i piccioni non sembrano mai diminuire. Si stima che siano direttamente responsabili del mantenimento in natura, o meglio in città, di numerose infezioni ed infestioni. Prime fra tutte: Psittacosi, Criptosporidiosi e Salmonellosi.

Sebbene il rischio di contrarre questo tipo di malattie sia davvero molto basso, per cui basta applicare le norme igieniche più comuni, si tratta pur sempre di zoonosi, patologie trasmissibili dagli animali all’uomo.

Vediamo, più nel dettaglio, di cosa si tratta. I primi sintomi della psittacosi compaiono dopo 2/4 settimane dall’infezione e sono costituiti da febbre, cefalea e forti accessi di tosse, con un quadro di interessamento di tutto il tratto respiratorio superiore, ma non solo. Frequenti, oltre le polmoniti, anche problemi a livello encefalico, cardiaco ed urogenitale.

Il sintomo principale di criptosporidiosi, invece, è rappresentato dalla diarrea, assai profusa, che può diventare molto grave, soprattutto in bambini, soggetti anziani e malati di Aids. Questo parassita può localizzarsi anche nel polmone, nel pancreas e nelle vie biliari, provocando vomito ed anoressia. Anche la salmonellosi può provocare importanti disturbi intestinali con diarrea, febbre elevata, disidratazione ed insufficienza renale, a volte fatali.

Altra specie indesiderata, responsabile della diffusione cittadina della salmonellosi, assieme al piccione, è lo storno, Sturnus vulgaris. Famosi per i loro cospicui raduni, invernali e notturni, sugli alberi di piazze e viali, gli storni producono mal tollerati accumuli di guano negli spazi sottostanti con non pochi risvolti sul piano igienico-sanitario. In Italia, è proprio la capitale ad essere una delle città più afflitte dalla elevata presenza di storni, soprattutto nella zona nord-occidentale del quartiere Prati.

Infine, vi è un ultimo volatile problematico, apparso solo recentemente nel novero delle specie urbane non gradite: il gabbiano reale, Larus michahellis. Essendo un uccello acquatico e date le sue caratteristiche etologiche, fortunatamente questo animale è ancora presente nelle sole città costiere, fra cui Roma. Tuttavia, per alimentarsi, deve frequentare discariche, creando non pochi inconvenienti di tipo sanitario quando nidifica sui tetti delle abitazioni. Tutti gli uccelli spazzini, infatti, come anche corvidi e rapaci, possono rappresentare fonti di diffusione di Carbonchio. La malattia, sostenuta dal Bacillus anthracis, può colpire occasionalmente anche l’uomo, provocandone la morte per asfissia, shock ed insufficienza respiratoria.

Nella gestione del controllo delle specie ornitiche problematiche il primo passo da compiere è costituito dalle indagini conoscitive; solo successivamente si potrà intervenire in maniera operativa, tramite strategia integrata (Integrated pest management). Risultati positivi possono derivare soltanto dalla sinergia di più fattori, che vanno dalle modifiche dei regolamenti comunali, inerenti le corrette pratiche di ristrutturazione edilizia, alla realizzazione di campagne educative per i cittadini, dalla regolamentazione delle forniture di cibo, mediante ordinanze, al posizionamento di dissuasori di appoggio su cornicioni e davanzali.

Altri mezzi utili ai fini del controllo epidemiologico di specie aviarie sinantrope indesiderate sono rappresentati dall’utilizzo di colombaie per il monitoraggio sanitario e, soprattutto, dalla collocazione di nidi artificiali per incrementare la presenza di uccelli rapaci predatori.

Infine, non bisogna trascurare l’aspetto culturale, laddove categorie professionali legate per natura al mondo naturalistico, come biologi e veterinari, potrebbero certamente dare il loro contributo anche relativamente alla questione del benessere animale ed al rapporto uomo-natura.