Sos per la cava Pontrelli di Altamura

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È in grave stato di abbandono

֎Appello da Giovanna Amedei, presidente dell’Ordine dei geologi della Puglia. Per valorizzare i geositi della regione Puglia servono leggi e finanziamenti֎

La Porta di Babilonia esaminata con l’Archeomagnetismo

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Tempo di lettura: 2 minuti ֎Con le nuove tecniche i ricercatori hanno svelato alcuni interrogativi che avvolgono il mistero dell’antico monumento babilonese֎

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Risale lo spreco di cibo, ogni italiano butta 81 grammi al giorno

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(Adnkronos) – Cresce lo spreco alimentare in Italia: si passa da 75 a quasi 81 grammi di cibo buttato ogni giorno pro capite nelle nostre case (80,9 grammi) e da 524,1 grammi settimanali nel 2023 a 566,3 grammi settimanali nel 2024. Si tratta dell’8,05% in più rispetto a un anno fa. Nel 2024 in Italia lo spreco alimentare costa circa 290 euro annui a famiglia, circa 126 euro pro capite ogni anno. Questa la fotografia del Rapporto 'Il caso Italia' dell’Osservatorio Waste Watcher International, nel conto alla rovescia verso l’11esima Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, in calendario lunedì 5 febbraio. Nel dettaglio, si spreca di più nelle città e nei grandi Comuni (+ 8%) e meno nei piccoli centri, sprecano di più le famiglie senza figli (+ 3%) e molto di più i consumatori a basso potere d’acquisto (+ 17%). Si spreca di più a Sud (+ 4% rispetto alla media nazionale) e meno a Nord (- 6% rispetto alla media). Con un impatto economico del food waste nazionale che vale oltre 13 miliardi di euro, per l’esattezza 13.155.161.999: un dato che include lo spreco a livello domestico, che incide per oltre 7miliardi e 445 milioni, quello nella distribuzione che vale circa la metà (quasi 4 miliardi di euro, per la precisione 3 miliardi e 996 milioni), oltre allo spreco in campo e nell’industria, molto più contenuto.  Un tema sociale. "Chi si dichiara 'povero' non solo mangia peggio, ma spreca di più (+ 17%)", avverte l'Osservatorio Waste Watcher International che per la prima volta ha analizzato i dati sulla sicurezza alimentare, usando l’indice Fies (Food Insecurity Experience Scale), che misura il livello di accesso delle persone a cibo adeguato e nutriente. Dal punto di vista socioeconomico, il ceto che si autodefinisce 'popolare' ('mi sento povero e fatico ad arrivare alla fine del mese') e che in Italia conta oltre 5,7 milioni di persone (oltre il 10% della popolazione, dati Istat) presenta un aumento del 280% di insicurezza alimentare rispetto alla media italiana. Insicurezza alimentare che aumenta dell'11% nelle famiglie con almeno un figlio minorenne e diminuisce dell'8% nelle famiglie senza figli minorenni. "Sono dati che dobbiamo attenzionare con cura – rileva il direttore scientifico Waste Watcher, Andrea Segrè – perché ci permettono di evidenziare la stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale da un lato e ricaduta sociale dall’altro, fra potere d’acquisto in calo costante e conseguenti scelte dei consumatori che non vanno purtroppo in direzione della salute dell’ambiente, ma nemmeno di quella personale. Se in un primo momento l’effetto inflazione ha portato a misurare con decisione gli sprechi, prolungata nel tempo ha costretto i cittadini all’adozione di nuove abitudini ‘low cost’ per fronteggiare la crisi. Scegliere cibo scadente, meno salutare e spesso di facile deterioramento non comporta solo un aumento del cibo sprecato in pattumiera, ma anche un peggioramento nella propria dieta e nella sicurezza alimentare". Il Rapporto Waste Watcher 'Il caso Italia' è realizzato per la campagna pubblica di sensibilizzazione Spreco Zero su monitoraggio Ipsos/Università di Bologna Distal, con la direzione del professore di economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile Andrea Segrè, ordinario all’Università di Bologna, e il coordinamento del docente Unibo Luca Falasconi.  —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Eolico offshore, Princess Elisabeth Zone: la prima isola a largo del Mare del Nord

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(Adnkronos) – Il Mare del Nord si è candidato ufficialmente a diventare la centrale dell’elettricità rinnovabile d’Europa. Il Belgio, nello specifico, ha puntato sull’eolico offshore con un progetto molto innovativo. Consiste nella realizzazione di una prima isola energetica artificiale al mondo. Si chiamerà Princess Elisabeth Island e sorgerà a 45 chilometri dalla costa belga. Quest’isola avrà un diametro di 280 metri, quindi a forma circolare, occupando una superficie di sei ettari. La grandezza, in sintesi, è l’equivalente di 12 capi da calcio e potrà ospitare un’infrastruttura che faccia da raccordo tra 3,5 gigawatt di potenza fornita da turbine eoliche e la terraferma.  I parchi eolici presenti a largo delle coste del Regno Unito e della Danimarca potrebbero diventare fonte di interscambio con Princess Elisabeth Island, divenendo a tutti gli effetti un hub energetico.  L’energia rinnovabile richiede una sempre maggiore attenzione. Ridurre gli usi di combustibili fossili, infatti, non è solo nell’agenda dell’Unione Europea e degli Stati membri, ma dovrebbe essere un monito quotidiano per ciascuno abitante del Pianeta Terra. Ecco per cui, una rivoluzione energetica di questo tipo potrebbe essere in grado di cambiare o almeno rallentare i disastri che il cambiamento climatico sta causando in molte zone del mondo.  A gestire la rete di trasmissione belga ci sarà la società Elia che ha ottenuto il permesso per la costruzione dell’isola nell’ottobre 2023.  Perché queste isole offshore dovrebbero essere una soluzione sostenibile? La produzione di elettricità, tramite sistemi autosufficienti, consente di sfruttare in modo “sano” l’energia generata da fonte rinnovabili. I venti del Mare del Nord, per questo scopo, rappresentano una grande possibilità di produzione e distribuzione di energia eolica.  Dal 2024 alla metà del 2026 è prevista la costruzione dell’isola. Successivamente si passerà alla costruzione e messa in servizio delle infrastrutture elettriche. Il progetto prevede una programmazione che terminerà nel 2030. Il collegamento dei parchi eolici alla rete Elia è legato alla messa in esercizio dei progetti di rafforzamento della rete onshore inglese e danese. Questo progetto ha l’ambizione di presentarsi come un precursore delle future realizzazioni di infrastrutture in mare. Nell’ambito della richiesta di autorizzazione ambientale per l’isola energetica Princess Elisabeth, e in particolare nella relazione di impatto ambientale che l’accompagna, Elia ha prestato molta attenzione a limitare gli effetti delle proprie attività sull’ecosistema marino, in termini di alternative studiate per costituzione dell’isola energetica e modalità di attuazione. La progettazione dell'isola (forma, orientamento, ecc.) contribuisce notevolmente a limitare gli effetti negativi. “Per andare ancora oltre, Elia ha scelto di aprire la strada a una progettazione veramente inclusiva della natura per l’isola energetica – si legge nella scheda progetto -. Non solo ridurrà al minimo tutti gli effetti dannosi sull'ambiente marino, Elia ha anche voluto cogliere questa opportunità per aggiungere un vero valore ecologico e ambientale al suo progetto. Parallelamente alla preparazione della domanda di autorizzazione, si è svolto un processo di co-creazione unico e innovativo che ha coinvolto un gestore dell'infrastruttura e diversi esperti provenienti da varie istituzioni, università, studi di progettazione e Ong”. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Sostenibilità, ‘La transizione raccontata da chi la fa’ il workshop di Istud Business School

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(Adnkronos) –
'La transizione ecologica (raccontata da chi la fa). Errori ed ostacoli che richiedono nuove strategie delle imprese'. Questo il tema dell'appuntamento, in programma il prossimo 21 febbraio, con l’European Colloquium 2024, organizzato da Istud Business School, in diretta streaming online. A confronto i numeri uno di alcune imprese, professionisti, docenti universitari e tecnici. Adnkronos è tra i media partner. "Su temi come il green e la sostenibilità non si può più rimanere neutrali, e il ruolo della ricerca e della diffusione culturale e scientifica diventano cruciali per incidere nel corpo vivo del dibattito del Paese – afferma Marella Caramazza, direttore generale di Istud Business School, la più antica scuola privata per la formazione manageriale – Il management è per noi una disciplina a forte orientamento sociale, che può giocare un ruolo decisivo nel generare impatto positivo a partire dalla definizione di nuovi modelli di business, dalla valutazione degli investimenti, dalla definizione di nuove metriche e comportamenti attesi". Parlando del paradigma della passione per il green, Maurizio Guandalini, autore di 'La Transizione Ecologica (raccontata da chi la fa)' (Istud Business School), dice: "Si tratta di fulminei innamoramenti. Nostalgici addii. Inframezzati da mode. Disneyane narrazioni rituali, convenienza di brand facili. Occorre uscire dai vizi e costruire una identità verde. Mi piace ricordare quel detto padano ‘voltarsi indietro per andare avanti quando il pane era polenta’. La saggezza contadina dei saperi secolari insieme alla scienza potranno fronteggiare scenari di geoeconomia e geopolitica popolati dai decisori finali della rivoluzione energetica impegnati a duellare per il controllo delle materie prime e delle risorse del sottosuolo".   Interverranno al workshop, nella prima parte 'Il futuro entra in noi molto prima che accada ovvero dalla speranza all’ecoansia', Alessandro Marangoni, Althesys Strategic Consultants, direttore scientifico dell’Irex, e Valentino Piana, University of Applied Sciences Western Switzerland Valais e direttore Economics Web Insitute. Nella seconda parte dell’evento la tavola rotonda dal titolo 'La costruzione dell’identità sostenibile delle imprese' con Roberto Grossi, vicedirettore Generale di Etica Sgr; Massimiliano Braghin, presidente e Co-Founder Infinityhub Spa; Roberto Sancinelli, presidente e amministratore delegato di Montello Spa; Riccardo Bani, presidente di Teon; Romano Stefani, responsabile Area Mercato di Dolomiti Energia Spa; Aldo Fiorini, Chief Operations Officer Marcegaglia Carbon Steel Flat Division; Fabio Golinelli, Advanced Process and Technologies Manager Abb Electrification.  Il workshop si svolgerà online, mercoledì 21 febbraio, dalle 9.30 alle 12.30 (la partecipazione è gratuita; per iscriversi: www.istud.it/transizione-ecologica-2024/). —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Decarbonizzazione imprese, -28 mln tonnellate di CO2 e benefici per 5,5 mld al 2030

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(Adnkronos) –
Una riduzione delle emissioni, da qui al 2030, pari a 28 milioni di tonnellate di CO2 (raggiungendo così un livello di 73 Mton di CO2 al 2030 rispetto ad un obiettivo pari a 75 Mton di CO2) e un beneficio economico di 5,5 miliardi di euro. E' quanto stima lo studio 'Il ruolo delle soluzioni energetiche integrate per la competitività delle imprese italiane', di The European House – Ambrosetti in collaborazione con Edison Next, realizzato con il contributo e la partecipazione di importanti stakeholder del settore energetico e del mondo imprenditoriale, che dimostra come la partnership con operatori energetici integrati, unita alla presenza di un piano di investimento di lungo periodo basato su un ampio mix di tecnologie, garantiscano il superamento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 in Italia per industria e servizi.  “La transizione energetica è una sfida che si articola su tre dimensioni, quella ambientale, quella sociale e quella della competitività, tema centrale, emerso in modo chiaro anche durante il confronto con le aziende e strettamente legato al costo delle tecnologie – dichiara Giovanni Brianza, Ceo Edison Next – La transizione energetica, infatti, è un percorso che unisce tecnologie già mature, con un ritorno dell’investimento nel breve periodo, come il fotovoltaico e l’efficienza energetica, a tecnologie più prospettiche come idrogeno, cattura della CO2 e nucleare, su cui bisogna investire per creare il futuro della transizione. Si tratta di un percorso complesso in cui il connubio tra aziende e settore energetico è diventato strategico e nell’ambito del quale è fondamentale fare sistema e lavorare insieme, soggetti privati e pubblici, per creare le condizioni per raggiungere l’obiettivo”. Per accelerare il percorso di decarbonizzazione e contenere il cambiamento climatico e le conseguenze delle tensioni a livello geopolitico, l’Unione Europea ha rivisto al rialzo i propri target al 2030 per lo sviluppo di rinnovabili, efficienza energetica e contenimento delle emissioni, prevedendo un contributo significativo da parte delle imprese. In particolare, per l’industria manifatturiera e il terziario è prevista, al 2030, una riduzione dei gas a effetto serra, rispettivamente, del 61% e del 44% rispetto ai livelli registrati nel 2005. L’industria manifatturiera è un attore chiave della transizione, un quinto delle emissioni e dei consumi di energia finali italiani sono legati a questo settore che è oggi più che mai decisivo nel processo di decarbonizzazione, al terzo posto dopo il settore dei trasporti e l’ambito residenziale.  Secondo la survey di The European House – Ambrosetti condotta con Edison Next rivolta alle aziende italiane, che ha raggiunto 425 imprese manifatturiere rappresentative del sistema produttivo italiano, il 64% ha una buona conoscenza degli obiettivi legati alla decarbonizzazione, ma solo il 26% ritiene di poter contribuire attivamente ai processi in atto. Per 4 industrie su 10 l’adozione di soluzioni energetiche integrate rappresenta un’opportunità di crescita del loro business e una scelta strategica legata agli obiettivi del piano industriale. Tuttavia, manca una consapevolezza diffusa rispetto alle soluzioni energetiche per le industrie, a partire dallo sviluppo di progetti legati a idrogeno ed elettrificazione dei consumi energetici. Concretamente, il 45% non ha realizzato interventi di decarbonizzazione nell’ultimo triennio.  Le aziende del terziario, pur contribuendo solo al 6% delle emissioni di gas climalteranti in Italia e rappresentando il 15% dei consumi energetici finali, secondo i risultati della survey che ha raggiunto 402 imprese rappresentative di questo settore, sono mediamente più consapevoli degli obiettivi di transizione energetica rispetto alla manifattura (+12%) e ritengono di poter dare un maggiore contributo al raggiungimento dei target (+10%). Tuttavia, il 40% delle aziende del settore non ha adottato soluzioni per la decarbonizzazione.  “The European House – Ambrosetti ha realizzato una delle più ampie e strutturate survey sulla decarbonizzazione delle imprese italiane – afferma Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Responsabile Scenari e Intelligence di The European House – Ambrosetti – Oggi le aziende della manifattura e dei servizi non sono in linea con il raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030. Sulla base della survey abbiamo stimato che, se tutte le aziende affrontassero la decarbonizzazione con un approccio integrato basato su un più ampio mix di tecnologie e una maggiore integrazione di competenze si potrebbero raggiungere e addirittura superare i target di riduzione delle emissioni”.  Con l’obiettivo di comprendere la capacità di raggiungimento dei nuovi target energetici fissati a livello italiano a seguito della rinnovata ambizione europea, lo Studio ha approfondito la distanza tra lo scenario di policy e due scenari di fattibilità: scenario di fattibilità business as usual, che proietta al 2030 la situazione attuale delle imprese italiane; scenario di fattibilità accelerato che considera solo ed esclusivamente le risposte di quelle imprese che presentano un piano di investimento significativo per la decarbonizzazione attraverso un mix ampio di soluzioni tecnologiche e che hanno coinvolto un operatore energetico integrato. Le soluzioni per la decarbonizzazione chiave dello scenario di fattibilità accelerato, sono rappresentate da autoproduzione, soluzioni digitali, efficienza energetica ed economia circolare, che insieme rappresentano il 79% del totale della riduzione prevista da qui al 2030. Allo stesso tempo, però, è bene sottolineare come le soluzioni meno mature, come per esempio i green fuels (idrogeno e biometano) e la Carbon Capture, Utilisation and Storage rientrino nei radar delle imprese e sono indispensabili per riuscire a traguardare la riduzione delle emissioni necessaria per raggiungere gli scenari di policy.  —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Sequestrata la storica Biblioteca comunale di Capri

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֎L’operazione rappresenta l’epilogo di una vicenda iniziata due anni fa, allorquando la Soprintendenza, guidata dal dott. Gabriele Capone, ebbe modo di ispezionare i locali della Biblioteca comunale, constatando lo stato di degrado e abbandono in cui versavano֎

Smog, Consulcesi: “In Piemonte +22% adesioni ad ‘Aria Pulita’ con 100mila firme”

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(Adnkronos) – In Piemonte cresce la preoccupazione per lo smog e la qualità dell'aria. Da giugno ad oggi, oltre 100mila persone hanno mostrato interesse per l'azione collettiva 'Aria Pulita' portata avanti dal team di legali di Consulcesi, con un aumento in meno di 2 mesi pari a circa il +22%. A fare da apripista – si legge in una nota – è la città di Torino, con oltre 65mila persone interessate all'iniziativa, seguita da Novara con poco meno di 6mila, Asti ed Alessandria con oltre 1.500, mentre Cuneo chiude la classifica delle 'top 5' con oltre 1.200 cittadini interessati. Non solo: anche dai centri più piccoli, come Biella e Vercelli, si registra un graduale ma costante aumento dell'interesse verso l'azione collettiva. Se infatti la prima si piazza subito dopo Cuneo con circa 1.170 persone che hanno consultato il sito dedicato e richiesto informazioni su come aderire, la seconda segue con oltre mille, mentre tra Alba, Tortona e Trecate si totalizzano oltre 2.500 interessi. "I cittadini – dichiara Massimo Tortorella, presidente del Gruppo Consulcesi – sono sempre più consapevoli dei gravi danni alla salute legati ad un'aria malsana e il crescente numero di persone che decidono di informarsi ed agire, anche attraverso la nostra azione collettiva Aria Pulita, ne è la conferma".  Il Piemonte è tra le regioni italiane che ospita più comuni candidabili all'azione collettiva Aria Pulita. Sono infatti oltre 950 i comuni piemontesi eleggibili per l'iniziativa legale, tra i 3.384 comuni e città italiane individuati dal team di Consulcesi tra quelli per i quali la Corte di Giustizia europea ha multato l'Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (Pm10) e biossido d'azoto (NO2). In totale sono oltre 4 milioni le persone costrette a respirare aria cattiva e potenzialmente dannosa per la loro salute, e che per questo possono richiedere un risarcimento allo Stato, aderendo all'azione collettiva Aria Pulita. Per partecipare – ricordano da Consulcesi – è sufficiente dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto tra il 2008 e il 2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per informazioni su come aderire, Consulcesi mette a disposizione il sito www.aria-pulita.it. Quanto suggerito dal presidente di Consulcesi – prosegue la nota – trova conferma nei dati preliminari Arpa Piemonte relativi al 2023 di recente pubblicati, come anche nel nuovo Rapporto ASviS Territori 2023. Dalle prime rilevazioni delle centraline Arpa, per il Pm10 "in tutte le stazioni in cui è presente un analizzatore automatico le concentrazioni medie annue rilevate risultano essere inferiori o uguali a quelle dell'anno 2022 e anche dell'anno 2021. Tutte le stazioni valutate rispettano il valore limite medio annuale previsto dalla normativa pari a 40 µg/m³", riporta l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. Tuttavia, facendo riferimento alla nuova soglia definita dalla nuova direttiva europea sulla qualità dell'aria da raggiungere non oltre il 2030, solo 10 su 32 centraline analizzate rispetterebbero i nuovi limiti annui di Pm10, contro 22 centraline che si troverebbero invece in violazione, superando i 20 µg/m³ di media annua.  Allo stesso modo, dalle analisi preliminari emerge che solo 2 centraline su 32 monitorate in Piemonte nel 2023 hanno superato il limite di 35 giorni di sforamento consentiti per ogni anno civile secondo la normativa vigente (con una media giornaliera di Pm10 superiore a 50 µg/m³). In particolare, il superamento è stato rilevato nelle due stazioni di Torino – Rebaudengo e Settimo Torinese – Vivaldi, rispettivamente con 63 e 55 giorni di sforamento. Anche in questo caso, tuttavia, la situazione appare molto meno rassicurante se si considera che l'Ue fissa la nuova soglia di sforamento a 18 giornate annuali, e l'Oms suggerisce di limitarle perfino a 3, entrambi abbassando altresì le concentrazioni giornaliere a 45 µg/m³. Alle attuali concentrazioni, dunque, oltre un terzo delle centraline piemontesi supera la nuova soglia Ue, mentre solo 8 su 32 rientrerebbero nei limiti Oms.  Anche per il Pm2.5, tra le centraline analizzate nessuna supera il limite in vigore attualmente e pari a 25 µg/m³. Tuttavia, anche in questo caso il Piemonte risulta lontano dalla nuova soglia: sarebbero infatti 19 su 23 le centraline con un valore medio annuo superiore a 10 µg/m³ (Nuova Direttiva europea, mentre l'Oms fissa la soglia a 5 µg/m³), risultando così fuorilegge, contro solo 4 che risulterebbero entro i nuovi limiti.  "Dobbiamo guardare agli obiettivi futuri come qualcosa da raggiungere oggi, quanto prima, poiché la strada è molto lunga – avverte Tortorella – I miglioramenti, lo confermano gli ultimi dati ma anche quelli dell'ultimo decennio, ci sono ma sono troppo piccoli. Molto di più si può e si deve fare per poter garantire a tutti il diritto ad un ambiente salubre". —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Biodiversità, pubblicati gli standard aggiornati dal Global Reporting Initiative

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(Adnkronos) – Perché è importante parlare di standard sulla biodiversità? Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare ciò che la natura sta vivendo oggi, come conseguenza del cambiamento climatico. Perdita e danneggiamento di habitat naturali, caccia e pesca in sovrasfruttamento, progressiva estinzione di numerose specie animali sono solo alcuni esempi.  Ecco perché il Global Reporting Initiative ha pubblicato un nuovo importante aggiornamento dei suoi standard sulla biodiversità. La rivisitazione del precedente si è avvalsa dei framework globali sulla biodiversità: il Science Based Target Network, il Quadro globale sulla biodiversità delle Nazioni Unite KunmiNG-Montreal e la Taskforce on Nature-lated Financial Disclosures.  Vediamo insieme di cosa si tratta.  Il nuovo GRI 101: Biodiversità 2024 sostituisce il GRI 304: Biodiversità 2016. Lo scopo è quello di supportare le organizzazioni di tutto il mondo a divulgare in modo completo i loro impatti più significativi sulla biodiversità. “Gli impatti della perdita di biodiversità vanno ben oltre l’ambiente naturale, minando il progresso degli Obiettivi di sviluppo sostenibile e avendo conseguenze devastanti per le persone, oltre a rappresentare anche un fattore moltiplicatore della crisi climatica – ha commentato Carol Adams, presidente di GRI Global Sustainability Standards Board (GSSB) -. Comprendere gli impatti che le organizzazioni hanno è quindi un aspetto cruciale dell’implementazione di soluzioni globali per fermare e persino invertire il danno e affrontare le minacce esistenziali”.  Lo standard GRI aggiornato stabilisce un nuovo livello di trasparenza sugli impatti sulla biodiversità. Supporterà un reporting dettagliato e specifico sia da un punto di vistaq geografico, sia all’interno delle operazioni di un’organizzazione lungo tutta la sua catena di fornitura, garantendo che le parti interessate possano valutare come gli impatti sulla biodiversità vengono mitigati e ridotti. “Identificare e gestire gli impatti più significativi di un’organizzazione è fondamentale per comprendere le dipendenze e i rischi”, ha concluso Adams. Il GRI Biodiversity Standard consegna: • Piena trasparenza lungo tutta la catena di approvvigionamento, spesso laddove gli impatti più significativi sulla biodiversità non possono essere segnalati. • Reporting sugli impatti specifici per località, inclusi paesi e giurisdizioni, con informazioni dettagliate sul luogo e sulle dimensioni dei siti operativi. • Nuove informazioni sulle cause dirette della perdita di biodiversità, tra cui l’uso del territorio, il cambiamento climatico, lo sfruttamento eccessivo, l’inquinamento e le specie invasive. • Requisiti per la rendicontazione degli impatti sulla società, compresi quelli sulle comunità e sulle popolazioni indigene, e il modo in cui le organizzazioni interagiscono con i gruppi locali nel ripristino degli ecosistemi colpiti. In vigore dal 1° gennaio 2026, l’uso dello standard verrà analizzato dal GRI nei prossimi due anni. “Ci congratuliamo con il GRI per questo importante traguardo nel miglioramento della trasparenza a sostegno di uno sforzo globale per salvaguardare la biodiversità. La Taskforce on Nature-lated Financial Disclosures (TNFD) ha collaborato strettamente con il GRI con l’obiettivo di semplificare e allineare le raccomandazioni della TNFD e gli standard GRI. Grazie a questa cooperazione, le raccomandazioni della TNFD sono in larga misura coerenti con i GRI Standards, così come il GRI Biodiversity Standard si ispira al lavoro della TNFD. Siamo ansiosi di continuare la nostra collaborazione”, ha aggiunto Tony Goldner, direttore esecutivo del TNFD. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Consumi, più attenzione all’impatto ambientale e al riciclo

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(Adnkronos) – L’incertezza geopolitica ed economica e la questione climatica spingono i consumatori italiani a ripensare i loro stili di vita e le loro scelte di spesa. Tra le priorità: risparmio al primo posto per i consumatori, seguito da salute fisica e mentale e sostenibilità, con il 65% dei consumatori che presterà maggiore attenzione all’impatto ambientale legato ai consumi, più attenzione anche al riciclo (56%) e al risparmio di acqua (41%). Sono tra i risultati emersi dalla tredicesima edizione dell’Ey Future Consumer Index, che ha sondato le opinioni di oltre 22mila cittadini in tutto il mondo di cui 500 in Italia, delineano i principali cambiamenti nei comportamenti dei consumatori a seguito dell'incertezza geopolitica ed economica globale. Dallo studio emerge che il 91% dei consumatori italiani è preoccupato per la propria condizione economica; l’81% è preoccupato in maniera più ampia per l’economia del Paese. In generale tra le preoccupazioni maggiori degli intervistati troviamo, per il 75%, l’aumento dei prezzi di elettricità, gas e acqua, e, per il 73%, l’incremento dei prezzi di beni alimentari e carburanti; seguono al secondo posto i temi legati alla salute, il 62% ritiene che i costi per accedere ad una sanità di qualità siano troppo alti. Tra le scelte che hanno influenzato principalmente i consumi, oltre alle incertezze economiche, anche le crescenti pressioni inflazionistiche e il cambiamento climatico, che stanno spingendo i consumatori italiani a cambiare i loro stili di vita, modificando di conseguenza i loro modelli di spesa, e adottando comportamenti più sostenibili che li aiutano a risparmiare denaro. Tra questi, il 76% degli intervistati sarà più cauto riguardo alle spese, e oltre il 38% degli italiani pianifica di trascorrere più tempo a casa in futuro, in ottica di risparmio.  “Le crescenti tensioni geopolitiche, l’inflazione e le perturbazioni economiche, stanno spingendo i consumatori a rivedere le loro priorità di consumo, prestando maggiore attenzione ai prezzi e focalizzandosi sui beni primari, infatti, come conseguenza di ciò oltre il 50% degli italiani dichiara che taglierà gli acquisti di prodotti non essenziali – dice Stefano Vittucci, Consumer Products and Retail Sector leader di Ey in Italia – Questo sta indirettamente portando ad azioni più sostenibili, riducendo il cibo e lo spreco alimentare (94%), cercando di riparare le cose piuttosto che sostituirle (75%), prestando più attenzione al riciclo (56%) e al risparmio di acqua (41%). In questo contesto, le aziende si trovano a dover rispondere ad una richiesta di prodotti più convenienti e focalizzati su qualità, aspetti salutistici e di sostenibilità”. I consumatori, quindi, hanno ridotto l’acquisto di oggetti fisici principalmente per risparmiare (75%) ma anche per aiutare l’ambiente (43%). Tra le categorie in cui si prevede di spendere meno ci sono accessori moda (66%), abbigliamento e calzature (53%), giocattoli e gadget (49%), elettronica di consumo (48%), ma anche bellezza e cosmesi (47%), mobili per la casa (43%) e automobili (40%).  Dopo il fattore economico-finanziario, al secondo posto tra le priorità dei consumatori troviamo la salute fisica e mentale. Lo stress legato alla situazione economica e le preoccupazioni rispetto allo scenario internazionale inducono ad una maggiore attenzione delle persone verso la propria salute personale, con conseguente richiesta di cibi più salutari. Il 67% degli italiani dichiara che sarà più consapevole e cauto rispetto alla propria salute mentale, monitorandone lo stato tramite app o dispositivi smart (43% dei rispondenti).  I consumatori, poi, sono sempre più sostenibili (il 65% presterà maggiore attenzione all’impatto ambientale legato ai consumi) e, consapevoli del loro impatto ambientale (il 63% si aspetta che il cambiamento climatico peggiorerà nei prossimi 6 mesi), stanno quindi cambiando i loro comportamenti di acquisto adattandoli al nuovo contesto: il 75% cerca di riparare le cose piuttosto che sostituirle, il 61% porta borse riutilizzabili durante lo shopping e la spesa, il 56% ricicla i prodotti dopo l’uso e il 41% cerca di risparmiare l’acqua. Inoltre, il 46% dei consumatori prima di passare ad un nuovo prodotto fa più attenzione alle scelte sostenibili del brand (tra le quali, meno imballaggi e ingredienti migliori).  Anche le aziende stanno rispondendo creando nuovi prodotti o riformulando quelli esistenti per renderli più sani e sostenibili, tuttavia i prezzi elevati dei prodotti sostenibili sono ancora un deterrente per l’acquisto (62%). Tuttavia, le scelte sostenibili dei consumatori possono essere aiutate attraverso una maggiore trasparenza, ma anche informazioni più precise da parte delle aziende (per il 59% dei rispondenti). Non solo: accanto alle aziende ci si aspetta che anche i governi svolgano un ruolo chiave per garantire un futuro più sostenibile al Paese: l’82% dei consumatori ritiene che i governi e le autorità di regolamentazione debbano agire come leader nel promuovere risultati sociali e ambientali positivi, affiancando le aziende in questo ruolo chiave per garantire un futuro più sostenibile (per il 75% dei rispondenti). —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Il canto selvatico

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֎«Il canto selvatico» è il libro più celebre di Sigurd F. Olson, uno dei principali scrittori naturalisti del Ventesimo secolo ed erede ideale di H. D. Thoreau e John Muir, che si è battuto per tutta la vita per la protezione della natura selvaggia ed è stato insignito della John Burroughs Medal, la più alta onorificenza nel campo della letteratura naturalistica e ambientale֎

Imprese, obbligo di assicurazione contro le calamità naturali entro fine 2024

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(Adnkronos) – Dalla fine del 2024 le imprese italiane ed estere con stabile organizzazione in Italia dovranno necessariamente avere un’assicurazione contro le catastrofi naturali.  Quest’obbligo è stato inserito con la Legge di bilancio per garantire una maggiore resilienza e sicurezza alle imprese che si trovino di fronte a calamità naturali, ma anche per ridurre l’esborso di denaro pubblico. Le imprese che non adempiono a questo obbligo potrebbero subire sanzioni e penalizzazioni, come l’esclusione dagli aiuti statali o l’applicazione di multe. L’obbligo di copertura assicurativa deve essere rispettato entro il 31 dicembre 2024.  In base al nuovo obbligo di legge, secondo Cerved, l’esposizione potenziale massima delle compagnie assicurative salirà dagli attuali 790 miliardi ad oltre 1.700 miliardi di euro, quasi mille miliardi in più.  L’anno scorso, il susseguirsi di calamità naturali del 2023 aveva generato un aumento delle assicurazioni stipulate dagli imprenditori, accelerando un trend già in atto. Secondo l’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), infatti, nel 2020 la spesa delle imprese italiane per assicurarsi contro i danni da catastrofi naturali è aumentata del 6,5% rispetto al 2019 raggiungendo un totale di 1,2 miliardi di euro in premi assicurativi. Solo negli ultimi 10 anni, secondo la società assicuratrice Munich Re, l’Italia ha subito danni per 35 miliardi di dollari. Se si considera tutto il mondo si arriva a 2.400 miliardi. A livello europeo, l’Italia è il paese più esposto con un tasso di vulnerabilità del +35% rispetto alla media europea. Un divario enorme che però non corrisponde ad un’adeguata copertura assicurativa. Dall’indagine di Accenture, infatti, risulta che nel Belpaese tre abitazioni su quattro sono esposte a rischi significativi di calamità naturali, ma tra quelle dichiarate “a rischio”, solo il 4% è coperto da assicurazione. Il Mediterraneo è già da anni un bacino in cui “gli effetti dei cambiamenti climatici sono estremizzati e anticipati, rispetto ad altre regioni del mondo, e l’Italia si trova al centro di questo hot spot del cambiamento climatico”, avvertiva Legambiente nel “Rapporto 2022 dell’Osservatorio di Legambiente CittàClima”. Il monitoraggio svolto dall’Osservatorio ha individuato 780 comuni italiani in cui si sono già registrati impatti rilevanti dal 2010 a fine ottobre 2022. Gli eventi con danni registrati sulla mappa del rischio climatico sono arrivati a 1.503 con un aumento del 27% in meno di un anno, tra il 2021 e i primi 10 mesi del 2022. Solo nel 2022 sono stati registrati 254 eventi di questo tipo. Nel 2023 l’intensità e la frequenza delle catastrofi naturali sono aumentate nel mondo e in Italia. Solo negli ultimi due anni il Belpaese ha dovuto affrontare la frana di Ischia (novembre 2022) e le alluvioni che hanno colpito le regioni Marche (settembre 2022), Emilia-Romagna (maggio 2023) e Toscana (novembre 2023).  Con 164 dollari di danno pro-capite a livello nazionale, le tre alluvioni che hanno colpito a maggio l’Emilia-Romagna si collocano al sesto posto nella classifica delle 20 peggiori catastrofi naturali del 2023 stilata da Christian Aid, anche se la correlazione con il cambiamento climatico è meno forte che negli altri casi. Il danno economico assume dimensioni enormi se spalmato solo sulle persone direttamente interessate dalle alluvioni arrivando a oltre 200.000 dollari di danno pro capite.
 Secondo l’elaborazione di MBS Consulting, in Italia quasi tutte le microimprese fino a 9 dipendenti non sono assicurate: solo il 5,6% di queste aziende ha stipulato polizze di copertura per terremoti mentre la percentuale scende al 2% per alluvioni. La copertura è limitata anche per le imprese piccole da 10 a 49 dipendenti (22,8% risulta assicurato contro terremoti, il 19,7% contro le alluvioni), mentre raggiunge buoni livelli tra quelle medie da 50-249 dipendenti (69,2% di copertura per i terremoti e 71,5% per le alluvioni) e per le grandi (88,8% per i terremoti e 84,9% per le alluvioni). Secondo un’analisi geografica descritta da Esgnews.it, la macroarea più esposta alle catastrofi e quindi quella più delicata per le compagnie assicurative è il Nord-ovest. L’esposizione totale tra Tra Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia e Piemonte si attesta a circa 700 miliardi di euro di cui 400 attribuibili a fabbricati e terreni e 300 a macchinari, impianti e attrezzature industriali e commerciali. Questi dati, che rappresentano il 40% del totale nazionale stimato, sono fortemente influenzati dalla Lombardia, che a causa dell’elevata densità industriale ha, da sola, esposizioni per più di 500 miliardi di euro.  A seguire il Nord-est, che include Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, con un’esposizione complessiva di circa 430 miliardi di euro e una ripartizione del rischio equilibrata tra fabbricati e terreni, da un lato, e macchinari, impianti e attrezzature industriali e commerciali, dall’altro.  Nel Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo) si registra un’esposizione di circa 330 miliardi di euro, di cui 120 associati al valore dei fabbricati e terreni nel solo Lazio. Infine, nel Sud (Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria) e nelle Isole l’esposizione complessiva ammonta a circa 240 miliardi di euro con Sicilia e Sardegna esposte al 70% per fabbricati e terreni. Il quadro normativo non è ancora definitivo e la legge concede al Ministero dell’Economia e delle Finanza e al Ministero delle Imprese e del Made in Italy la possibilità di stabilire ulteriori modalità attuative e operative, a partire dalla individuazione degli eventi calamitosi e catastrofali.  È evidente, però, come l’obbligo di assicurazione non riguardi da vicino solo le imprese, ma anche le stesse compagnie assicurative che devono capire come adattarsi a questo nuovo scenario rivedendo il proprio business model.  In tal senso un alleato delle compagnie può essere l’intelligenza artificiale e la sua capacità predittiva esponenzialmente maggiore rispetto a quella umana. Il nuovo scenario normativo costringerà anche le compagnie assicurative a brancolare, almeno in parte, nel buio. Per questo, una tecnologia che trovi la soluzione più efficiente per l’impresa calcolando una quantità di dati ingestibile dai metodi tradizionali può essere un valido supporto. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Dai rifiuti plastici alla tela di ragno, arrivano i batteri verdi

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(Adnkronos) – Un esercito di batteri verdi per salvare il mondo dall’invasione dei rifiuti plastici. È questa la ricetta degli esperti del Rensselaer Polytechnic Institute, negli Stati Uniti. Grazie a una prodigiosa opera di ingegneria genetica, gli scienziati hanno dato vita a dei batteri in grado di trasformare la plastica in seta da tela di ragno. Un materiale resistente e sostenibile che potrebbe imprimere una svolta decisiva alla lotta per la difesa dell’ambiente. Lo studio è stato recentemente pubblicato su “Microbial Cell Factories”. —sostenibilita/tendenzewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Svolta green, arriva la batteria atomica per smartphone che dura 50 anni

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(Adnkronos) – Avete caricato il vostro smartphone? Bene, ora dimenticate il caricabatterie e riprendetelo tra 50 anni.  Pochi giorni fa, la startup cinese Betavolt ha presentato la prima batteria atomica per smartphone che si presenta al mondo come una svolta assoluta. La batteria ha una dimensione di 15x15x5 millimetri, una potenza di 100 microwatt, una tensione di 3 volt e può immagazzinare 3.300 megawattora. “BB100”, questo il nome che le è stato attribuito, è già in fase di produzione quantomeno per la fase pilota, e presto verrà prodotta su larga scala per poi essere immessa sul mercato. Una volta ottenuto il placet dagli enti regolatori, la previsione è il lancio di una batteria da 1W già nel 2025. 
Ma come fa a durare 50 anni?
 La batteria atomica per smartphone è una tecnologia innovativa che sfrutta il decadimento radioattivo di un isotopo del nichel per generare elettricità senza bisogno di ricarica. Durante i dieci lustri, il nichel si trasforma in un isotopo stabile di rame che, in sostanza, alimenta la batteria stessa. La batteria, fanno sapere i produttori, è sicura e resistente a temperature estreme, e potrebbe essere utilizzata per alimentare diversi dispositivi oltre gli smartphone: droni, micro-robot e anche apparecchi medici.
 La batteria sviluppata da Betavolt è modulare, ovvero composta da più moduli, cioè da più unità indipendenti che possono essere collegate tra loro per aumentare la capacità e l’autonomia della batteria stessa.  Questa caratteristica permetterebbe di utilizzare al massimo la batteria atomica, adattandola ai diversi smartphone, dispositivo che in 50 anni cambiamo dieci o più volte. La batteria atomica per smartphone potrebbe avere delle conseguenze benefiche per l’ambiente, in quanto ridurrebbe il consumo di energia elettrica e la produzione di rifiuti derivanti dalle batterie tradizionali, anche se non manco le perplessità sulla tecnologia sviluppata dalla startup cinese Betavolt. Negli ultimi anni sta aumentando la consapevolezza sugli enormi problemi ambientali e sociali connessi all’estrazione dei minerali, tra cui il litio, attualmente utilizzato nelle batterie. Le batterie al litio hanno quindi un impatto ambientale negativo sia nella fase di estrazione delle materie prime, che comporta l’uso di acqua e sostanze chimiche, sia nella fase di smaltimento, che richiede processi di riciclo complessi e costosi. Inoltre, le batterie al litio hanno una durata limitata e una bassa efficienza energetica, che le rende inadatte a sostenere la transizione verso le fonti rinnovabili. Basti pensare al calo delle performance che, per le batterie dei nostri cellulari, arriva nel giro di 2-5 anni a seconda che il nostro utilizzo sia più o meno intenso e corretto. Stando alle promesse fatte da Betavolt, invece, la batteria atomica potrebbe rappresentare una vera e propria svolta sulla durata delle batterie e ridurre le emissioni di gas serra. Questa nuova tecnologia, inoltre, potrebbe aprire nuovi scenari per quanto riguarda la mobilità elettrica, che in questi mesi sta vivendo un periodo più nero che green. Secondo alcune fonti, il consumo energetico medio per ricaricare uno smartphone è tra i 3 e i 7 watt all’ora, a seconda del modello e del tipo di batteria. Questo significa che se ricarichi il tuo cellulare per due ore al giorno, consumi tra 0,006 e 0,014 kWh
di elettricità al giorno, che corrispondono a una spesa annua tra 0,5 e 1 euro, considerando un costo dell’energia di 0,23 euro per kWh. In questa condizione il caricabatterie consuma da 3 a 7 watt all’ora; quindi, se uno smartphone richiede due ore di carica il consumo totale sarà da 6 a 14 watt all’ora. Tuttavia, il consumo potrebbe essere superiore per due motivi: il primo è legato alla progressiva riduzione dell’efficienza della batteria dei telefoni, infatti non è raro che dopo qualche anno sia necessario ricaricare il cellulare anche due o più volte al giorno; in secondo luogo, spesso si ricarica il telefono di notte, lasciandolo per ore attaccato alla presa e comportando un ulteriore (e inutile) consumo energetico (consuma circa 0,25 watt all’ora). Insomma, il consumo di energia per ricaricare le batterie al litio è molto ridotto se preso in assoluto, ma fa la differenza se moltiplicato su scala mondiale. Utilizzando una batteria atomica per smartphone, come BB100, si potrebbe eliminare il consumo di energia elettrica per la ricarica. Il risparmio energetico derivante dall’uso di una batteria atomica per smartphone è quindi pari al consumo di energia elettrica di una batteria al litio, moltiplicato per il numero di anni di utilizzo. L’impatto ambientale della ricarica dello smartphone dipende anche dalle emissioni di CO2 associate alla produzione di energia elettrica. Come è noto, l’utilizzo energetico e, quindi, il consumo di CO2 dipende da tantissimi fattori specifici che variano da batteria a batteria. Ipotizzando che si utilizzi una batteria da 3000 mAh e un caricabatterie da 27 W che viene ricaricata una volta al giorno si consumano circa 54 Wh di energia elettrica. Moltiplicando per il fattore di emissione di CO2 per kWh in Italia, che è di circa 0,35 kg2, si ottiene che ricaricare questa batteria produce circa 0,019 kg di CO2 al giorno, circa 6,94 kg di CO2 in un anno. Sottolineiamo, ancora una volta, che si tratta di stime molto variabili, utili solo come punto di riferimento. Ipotizzando dunque un tale consumo di CO2, la possibilità di ricaricare la batteria atomica una volta ogni 50 anni (e non una volta al giorno), in questo arco di tempo ciascuno generebbe 347 kg di CO2 in meno. Ancora una volta numeri che diventano esorbitanti se moltiplicati su scala mondiale.  Non mancano tuttavia i dubbi sulla nuova batteria atomica progettata da Betavolt. La batteria atomica progettata dalla startup cinese può rappresentare una svolta sotto il profilo delle emissioni, ma molti sono i nodi da sciogliere in merito alla sicurezza e al riciclo delle batterie atomiche. Secondo Betavolt, la batteria atomica per smartphone è sicura e non emette radiazioni nocive, in quanto il nichel utilizzato ha una bassa attività radioattiva e la batteria è schermata da uno strato di grafene. Tuttavia, non ci sono ancora studi indipendenti che confermino questa affermazione, e alcuni esperti hanno espresso dubbi e preoccupazioni sulla possibilità di incidenti o sabotaggi che potrebbero rilasciare materiale radioattivo nell’ambiente. Inoltre, non è chiaro come verranno smaltite o riciclate le batterie atomiche una volta esaurite, e quali saranno le normative e le responsabilità in materia. In conclusione, la batteria atomica per smartphone è una tecnologia innovativa che potrebbe avere delle conseguenze benefiche per l’ambiente, in quanto ridurrebbe il consumo di energia elettrica e le emissioni di CO2 derivanti dalla ricarica delle batterie tradizionali. Bisogna però procedere con cautela perché ci sono dei rischi e delle incertezze legati alla sicurezza e al riciclo delle batterie atomiche, che richiedono ulteriori studi e regolamentazioni. Va ricordato che la modularità della BB100 dovrà essere una caratteristica cruciale per riutilizzare la batteria in altri dispositivi. Qualora tutti gli studi diano riscontri positivi, potremo dire che una persona avrà vissuto molto a lungo se avrà caricato due volte la batteria del suo cellulare. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Private equity, focus su ESG e innovazione

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(Adnkronos) – Le prospettive per il settore del private equity e venture capital in Italia per la prima metà del 2024 sono caratterizzate da un rafforzamento dell'ottimismo, nonostante le sfide macroeconomiche e geopolitiche in corso. Secondo la quarantatreesima edizione della private equity survey di Deloitte Private, sviluppata in collaborazione con Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt), gli operatori mostrano una maggiore resilienza e una minore sensibilità alle avversità, concentrando la loro attenzione su trend trasformativi e incentivi governativi. Durante il secondo semestre del 2023, il numero di deal è sceso a 239 rispetto ai record del 2022, ma è in crescita rispetto alla prima metà del 2023. Nonostante la diminuzione nel valore complessivo degli affari, che si attesta a circa 13,9 miliardi di Euro rispetto ai 55,1 miliardi dello stesso periodo del 2022, l'ottimismo rimane saldo. Il Deloitte PE Confidence Index 2024 segna un lieve aumento, attestandosi a 107 punti, prevedendo 240 deal per la prima metà del 2024. Circa il 75% degli operatori prevede un miglioramento o una stabilizzazione dell'ambiente economico italiano nei prossimi sei mesi. Sebbene l'indicatore di ottimismo sia in linea con il semestre precedente, c'è un significativo aumento (36,2%) di operatori che prevedono di dedicarsi a attività di gestione del portafoglio per il 2024. Al contrario, la quota di operatori che si concentreranno sulle attività di exit scende drasticamente all'1,7%, riflettendo la cautela nel cedere gli investimenti, supportata anche dai dati sui multipli di mercato in calo secondo il 67,3% degli intervistati. Le nuove opportunità nel settore sono sempre più influenzate da considerazioni ambientali, sociali e di governance, con il 16,9% degli intervistati che considera queste strategie come l'elemento più rilevante nella fase di valutazione degli investimenti. Questo evidenzia l'importanza crescente di ESG come strumento di creazione di valore nel medio-lungo termine. Il rapporto mostra un interesse in crescita per le operazioni di supporto a MBO/MBI (Management Buyout/Management Buy-In) e un calo negli altri tipi di operazioni come LBO/Replacement e Expansion Capital. Inoltre, l'interesse verso settori come Industrial Products, Food & Beverage e ICT mostra una diminuzione, mentre cresce notevolmente per i Consumer Goods. La geografia degli investimenti vede un ritorno di preferenze verso il Nord Italia (86,2%), con un aumento dell'interesse per gli investimenti esteri (6,9%). Nonostante un costo del debito invariato, c'è una diminuzione nell'uso della leva finanziaria, con il 94,8% degli operatori che dichiara di aver utilizzato una leva inferiore a 4x nelle acquisizioni del secondo semestre 2023. In risposta a una diminuzione del debito bancario disponibile, il 20,8% degli intervistati indica che si rivolgerà ai fondi di private credit come strumento di acquisition financing, attestando la crescente importanza di fonti di finanziamento alternative nel settore. —sostenibilita/csrwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Rome Climate Talks, 5 film sull’ambiente

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֎Una rassegna cinematografica al Goethe-Institut con prime visioni, registi e registe in sala e dibattiti. Cinque appuntamenti dal 6 febbraio al 9 aprile 2024 per raccontare la crisi del cambiamento climatico sul grande schermo. Prevista anche la partecipazione del premio Oscar Volker Schlöndorff con il suo ultimo documentario, Der Waldmacher֎

Global Compact delle Nazioni Unite in Italia, cresce impegno per sostenibilità

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(Adnkronos) – Nel corso del 2023, il Network italiano del Global Compact delle Nazioni Unite ha segnato un passo significativo superando la soglia delle 500 aziende aderenti, posizionandosi come la più grande iniziativa di sostenibilità d'impresa nel Paese, con un totale di 510 aziende coinvolte. La Fondazione Global Compact Network Italia, nata con l'obiettivo principale di promuovere la cultura della cittadinanza d'impresa in Italia attraverso il Global Compact delle Nazioni Unite (UNGCN Italia), si propone di essere un interlocutore istituzionale che rappresenta le imprese impegnate nella sostenibilità in una prospettiva multi-stakeholder.  La sua missione include l'elevazione della conoscenza e del livello di partecipazione nazionale, il contributo a rendere la sostenibilità la leva principale di cambiamento, e l'orientamento verso lo sviluppo di soluzioni operative per creare valore condiviso economico, sociale e ambientale.  Inoltre, il Network si impegna a favorire partnership, azioni collettive e dialogo tra tutti i soggetti attivi nella promozione della sostenibilità, promuovere la responsabilità e la trasparenza nella comunicazione delle imprese, e valorizzare il contributo delle imprese italiane a livello internazionale. Il 2023 ha visto l'adesione di 115 nuove imprese, portando il totale delle piccole e medie imprese al 55% e un aumento significativo delle grandi aziende dal 35% al 45%. Ciò ha contribuito a creare una partecipazione sempre più bilanciata, facilitando lo scambio e l'interazione tra realtà di diverse dimensioni, anche in una logica di filiera. La diversificazione tra settori merceologici è in costante crescita, toccando comparti chiave dell'economia italiana, dall'energia alla moda, dalla grande distribuzione alle utilities.  Tra le adesioni del 2023, spiccano nomi prestigiosi del Made in Italy come Ferrari e TOD’s, sedi locali di gruppi internazionali come Leroy Merlin Italia e realtà del settore finanziario come Cassa Centrale Banca – Credito Cooperativo Italiano. Il Global Compact delle Nazioni Unite svolge un ruolo fondamentale nel promuovere la sostenibilità d'impresa nel paese. L'impegno si estende oltre la mera adesione ai Dieci Principi dell'UN Global Compact, spaziando dall'attenzione ai diritti umani alla lotta contro la corruzione, fino al contributo agli Obiettivi globali di Sviluppo Sostenibile (SDGs). La mission dell'UNGCN Italia si declina in sette punti chiave, riflettendo un approccio completo e orientato allo sviluppo sostenibile. L'organizzazione mira a elevare la conoscenza e la partecipazione a livello nazionale, contribuendo a rendere la sostenibilità la leva principale di cambiamento per un futuro più efficiente, equo e sicuro nella gestione delle risorse. Il Network si caratterizza come un soggetto orientato allo sviluppo di soluzioni operative, promuovendo la creazione di valore condiviso economico, sociale e ambientale. Inoltre, favorisce attivamente le partnership, le azioni collettive e il dialogo tra tutti gli attori coinvolti nella promozione della sostenibilità. La responsabilità, la correttezza e la trasparenza nella comunicazione e nella rendicontazione delle imprese costituiscono ulteriori pilastri della missione dell'UNGCN Italia, che valorizza il contributo delle imprese italiane e le sinergie a livello internazionale. I Dieci Principi dell'UN Global Compact, incentrati su diritti umani, standard lavorativi, tutela dell'ambiente e lotta alla corruzione, rappresentano, invece, la guida per le aziende e le organizzazioni aderenti: L'UN Global Compact Network Italia emerge come un catalizzatore fondamentale per la sostenibilità d'impresa in Italia, impegnandosi attivamente nella promozione di pratiche aziendali etiche e responsabili a livello nazionale e internazionale. —sostenibilita/csrwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Verso una reale parità di genere nel mondo del lavoro

Tempo di lettura: 9 minuti ֎Nel mondo sono ancora tante le disparità di genere e tantissime le sopraffazioni verso le donne. In Europa si vanno facendo sforzi sempre maggiori che stanno annullando le sperequazioni di […]

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Meno donne nei Cda del settore finanziario

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(Adnkronos) – Il tema delle pari opportunità nel mondo del lavoro registra un andamento piuttosto alterno da un settore all'altro. Un dato poco rassicurante, ad esempio, giunge dal settore finanziario dove lo scorso anno a livello di nuove nomine nei Consigli di Amministrazione delle società di servizi finanziari europei, le donne hanno rappresentato solo il 44%. Un dato in calo di 7 punti percentuali rispetto al 51% registrato nel 2022. A rilevare questo passo indieto il report EY European Financial Services Boardroom Monitor 2023 che analizza il profilo, l'esperienza, la formazione e le competenze dei membri dei consigli d'amministrazione di 84 società del MSCI European Financials Index. Percentuali simili si registrano anche osservando i board del settore finanziario nella loro interezza, dunque non solo quelli nominati nel corso del 2023: il 57% dei membri sono uomini il 43% sono donne. Inoltre, la situazione attuale vede il 31% delle finanziarie europee quotate in borsa ferme a una rappresentanza di donne nei Cda inferiore al 40%, che, ricordiamo, rappresenta la soglia minima fissata dalle norme europee “Women on Boards” per le presenze femminili tra i consiglieri non esecutivi o del 33% tra tutti i membri del consiglio, entro il 2026.  Dall'analisi dei dati forniti dal report EY, anche nel nostro Paese il 2023 ha segnato una diminuzione di nuove presenze femminili nei Cda del settore finanziario, oggi al 44% rispetto al 51% del 2022. Da segnalare però che nel confronto con gli altri Stati UE, l'Italia, con il 43,5% di presenza femminile
nei Cda delle società quaotate del settore finanziario, è seconda dietro solo alla Francia che raggiunge il 46,6%, ma davanti a Paesi Bassi (42,2%) e Germania (39,7%), realtà dove nell'immaginario comune l'equità di genere è più avanti rispetto a noi. In ogni caso, c'è ancora molta strada da fare verso la parità di genere, considerando, ad esempio, che le donne occupano posizioni senior nei Cda solo nel 29% delle aziende del settore finanziario.  Entrando nel dettaglio, emerge che il 59% dei consiglieri nominati nel 2023 nei Cda delle società finanziarie ha esperienza ai vertici aziendali, ma di questi solo il 38% è rappresentato da donne. Un dato in netta flessione rispetto al 47% raggiunto nel 2022 e che sottolinea, una volta di più, le ridotte opportunità di avanzamento di carriera delle donne fino a livello executive. La vera sfida è dunque quella di incrementare in maniera considerevole le possibilità di carriera per le donne fino alle posizioni apicali e non solo fermarsi alla quota del 40% di presenza nei Cda indicata dalle norme comunitarie. Solo a quel punto si potrà parlare di equità di genere e pari opportunità professionali. —sostenibilita/csrwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Le utilities italiane accelerano la transizione ecologica e digitale

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(Adnkronos) – Nel 2022, le utilities italiane hanno registrato un notevole aumento degli investimenti, con un volume complessivo di 6,2 miliardi di euro, di cui il 30% è stato destinato a iniziative di decarbonizzazione, digitalizzazione ed economia circolare. Questi dati emergono dal rapporto di sostenibilità 'Le utilities italiane per la transizione ecologica e digitale', elaborato da Fondazione Utilitatis per conto di Utilitalia, la Federazione delle imprese di acqua, ambiente e energia. Il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, sottolinea l'importanza del settore delle utilities come elemento strategico per il Paese, nonostante le sfide come la crisi dei prezzi dell'energia e l'emergenza siccità. La sostenibilità continua a essere al centro della strategia delle imprese, garantendo non solo una transizione ecologica ma anche migliori performance aziendali e benefici per le comunità servite. Il rapporto fornisce un'analisi dettagliata delle performance di un gruppo significativo di aziende associate a Utilitalia, evidenziando i progressi nel ciclo idrico, nella gestione dei rifiuti e nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La crescita costante degli investimenti e dei risultati sottolinea l'impegno del settore verso la sostenibilità e la transizione ecologica. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)