Clima – Diminuiranno le tempeste polari

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Con i cambiamenti climatici le tempeste fredde polari sono destinate a diminuire, sicuramente in intensità e, forse, anche in frequenza. Per dimostrarlo, due ricercatori sono partiti dagli scenari di cambiamento climatico dell’Ipcc

Nelle aree polari alle alte latitudini, si formano spesso aree cicloniche depressionarie (basse pressioni fredde polari) molto violente, ma di piccole dimensioni rispetto alla scala sinottica ed alla grande scala, sulla base della quale si valutano, non solo i fenomeni meteorologici ma anche fenomeni e tendenze climatiche. Questo tipo di depressioni, che danno luogo a vere e proprie tempeste con forti precipitazioni e venti violenti, costituiscono, nella zona artica, una seria minaccia per la navigazione marittima e per le attività in mare, come la pesca e la ricerca o l’estrazione off-shore di idrocarburi. Spesso, le tempeste polari sono anche imprevedibili dai meteorologi perché sfuggono, proprio perché a piccola scala, alle analisi e alle previsioni del tempo di tipo sinottico.

Ma, se il clima cambia che succederà a questo tipo di tempeste polari? Si sa, dagli studi finora condotti e dalle analisi di Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) che i cambiamenti del clima sono associati, a causa dell’aumento di energia dei moti atmosferici derivante dal riscaldamento climatico, ad un aumento sia dell’intensità, sia della frequenza degli eventi estremi. Ma, secondo quanto affermato in uno studio pubblicato da due ricercatori (uno britannico e l’altro tedesco) sul numero odierno di«Nature», questa conclusione è vera solo sulla grande scala dei fenomeni meteorologici e climatici, ma non è più vera sulla piccola scala.

Le tempeste polari, molto simili a piccoli uragani e certamente ascrivibili negli eventi estremi, sono, invece, destinati, non ad aumentare, ma a diminuire. Diminuiranno sicuramente in intensità e, forse, anche in frequenza. Per dimostrarlo, i due ricercatori sono partiti dagli scenari di cambiamento climatico dell’Ipcc ed hanno analizzato in dettaglio l’evoluzione della circolazione atmosferica nelle aree polari, attraverso tecniche modellistiche di «downscaling» (abbassamento di scala) che consistono in pratica nello zoomare aree limitate sulla grande scala al fine di aumentarne la risoluzione e ricavare gli elementi di dettaglio da studiare.

I risultati ottenuti mostrano due aspetti rilevanti per l’Artico:

1) Con i cambiamenti del clima sia la temperatura delle acque marine del nord Atlantico, sia la temperatura dell’aria nei bassi strati nell’area artica tenderanno ad aumentare. Tuttavia la temperatura dell’aria dei bassi strati, aumenterà con una velocità maggiore rispetto alla velocità di aumento di temperatura delle acque marine. Questo significa che, tra masse d’aria a contatto diretto con la superficie del mare e masse d’aria in quota, ci sarà un raffreddamento proveniente dal basso sulle masse d’aria sovrastanti e, quindi, una condizione di stabilizzazione dei bassi strati atmosferici. La stabilità (aria fredda e più densa in basso ed aria calda e meno densa in alto) porta ad una riduzione dei moti convettivi verticali tipici dei fenomeni estremi come le tempeste polari e, dunque, ad una riduzione della loro intensità, ma anche della loro frequenza essendo, in tale situazione, meno probabili le irruzioni di aria continentale più fredda rispetto alla temperatura superficiale del mare.

2) Con i cambiamenti del clima, si espanderà la fascia intertropicale calda e si sposteranno più a nord sia la fascia degli anticicloni dinamici subtropicali, sia le correnti occidentali delle medie latitudini. Di conseguenza, le tempeste polari di piccole dimensioni tenderanno, a generarsi nell’Atlantico a latitudini più settentrionali di quelle attuali e ad essere confinate, in pratica, quasi esclusivamente attorno al polo nord. (V. F.)