Il cemento sta cambiando il paesaggio naturale

436
Tempo di lettura: 3 minuti

Ad essere erose sono le risorse agricole e di biodiversità che costituiscono uno dei beni comuni più importanti. In altri Paesi europei sono in atto da tempo politiche incisive contro il consumo di suolo e i suoi costi sociali

Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Sardegna ogni anno assistono complessivamente alla cementificazione di circa 10mila ettari di territorio, una superficie grande due volte la città di Brescia. Di questo suolo cancellato, ben 5mila ettari sono ambienti naturali, coperti da vegetazione spontanea. Sono questi alcuni dati contenuti nel rapporto 2011 sul consumo di suolo presentato a Milano da Legambiente e Inu.

Il problema legato alla perdita del suolo non produce solo ferite al paesaggio ma rappresenta una vera e propria patologia del territorio che fino ad oggi è stata fortemente sottovalutata sia dalle politiche di controllo e prevenzione sia dal necessario lavoro di monitoraggio e analisi.

Ed è questa la ragione che ha spinto Legambiente e Inu a costituire a Milano il centro di ricerca sui consumi di suolo (Crcs) che, grazie alla collaborazione scientifica del dipartimento di architettura e pianificazione del politecnico di Milano e alla fondazione Cariplo, ha avviato la raccolta di informazioni, dati e metodi di misura prodotti da studiosi e istituzioni regionali. Paolo Pileri, rappresentante del politecnico di Milano nonché uno dei curatori del rapporto, dichiara: «Il rapporto restituisce un quadro del consumo di suolo agricolo e naturale che non è rallentato ed è avvenuto a velocità differenti, in modo sempre più disperso sul territorio. Ad essere erose sono le risorse agricole e di biodiversità che costituiscono uno dei beni comuni più importanti, oltre ad essere un fattore competitivo nel rapporto con altri Paesi europei nei quali sono in atto da tempo politiche ambientali ed urbanistiche incisive contro il consumo di suolo e i suoi costi sociali».

Ma il consumo di suolo non è solo perdita di risorse agricole e di biodiversità bensì anche perdita di aziende agricole, in media due al giorno; un dato impressionante per un Paese, l’Italia, la cui immagine è fortemente ancorata alla produzione agricola e la cui filiera alimentare rappresenta il 15% del Pil nazionale producendo esportazioni nell’ordine dei 26 miliardi annui.

Gli effetti più rilevanti di questo cancro ambientale li si riscontra in Lombardia, principalmente nelle province di Monza e Brianza, dove le urbanizzazioni hanno già causato la perdita di un quarto delle superfici agricole produttive sostituite da autostrade, centri commerciali e capannoni che continuano a sorgere in maniera inarrestabile nonostante la crisi e rappresentano, ormai, la scenografia più comune della zona.

Federico Oliva, presidente Inu, rileva: «Il territorio italiano si sta rapidamente metropolizzando. Alla città tradizionale si sta sostituendo una nuova città nella quale accanto alla periferia si sono sviluppate aree a bassa densità sollecitate da motivazioni economiche (il minor costo delle aree) e dalla ricerca di una miglior qualità della vita. Questa nuova città, in cui vive oltre il 60% dell’intera popolazione italiana, presenta una generale condizione di insostenibilità: per l’elevato consumo di suolo, per l’aumento del traffico motorizzato individuale che sollecita, per i nuovi squilibri e le nuove forme di congestione che determina, per la mancanza di spazio pubblico. Contenere la metropolizzazione del territorio e il crescente consumo di suolo deve dunque essere una priorità per le politiche territoriali del nostro Paese».

Sì le politiche territoriali che attualmente non potrebbero essere orientate in quanto esistente un gap nella legislazione a livello sia nazionale sia regionale che non permette la formulazione di norme di settore. In definitiva, necessario risulta affermare, pertanto, attraverso una riforma normativa, capisaldi giuridici che stabiliscano lo status di «bene comune» per il suolo, e ne facciano discendere norme che disincentivino l’urbanizzazione espansiva e istituiscano, a livello operativo, una sistemica attività di monitoraggio delle trasformazioni del suolo, tutto al fine di difendere il nostro ambiente.