Emissioni – Meglio la tassa o il commercio?

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Anche se il commercio ha mostrato inconvenienti, come in alcuni casi di truffa avvenuti nell’Unione europea, continua a essere la soluzione ottimale purché siano rispettate le regole del «cap & trade» e sia garantito un vero mercato libero e senza distorsioni artefatte

Se un governo vuole indirizzare il settore industriale a produrre in modo pulito e a investire in nuove tecnologie per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica, quale strada dovrebbe seguire: quella di imporre una tassa alle emissioni (carbon tax) oppure quella di adottare il sistema del «cap & trade», cioè di creare un libero mercato in cui, una volta fissato un limite alle emissioni consentite (cap), è possibile comprare e vendere permessi di emissione (trade)?

È questa la domanda che si erano posti gli esperti, sia in ambito Onu per l’attuazione del Protocollo di Kyoto, in cui vige un regime di limite alle emissioni, sia gli esperti dell’Unione europea in cui vige una direttiva (direttiva Ets) sul commercio dei permessi di emissione.

La risposta, a suo tempo, è stata quella di abbandonare l’ipotesi di fissare una tassa sulle emissioni, ma favorire, attraverso un limite collettivo a livello internazionale, il sistema «cap & trade». L’attuazione di questa linea di azione ha, però, mostrato alcuni inconvenienti, come è emerso evidente anche da alcuni casi di truffa avvenuti nell’Unione europea: permessi di emissione fasulli cui non corrispondevano reali riduzioni delle emissioni, permessi di emissione conteggiati due volte a fronte della stessa riduzione di emissione, speculazioni finanziarie attuate lucrando sulla variabilità dei prezzi di emissione, ecc., tanto che l’Unione europea, ha dovuto rendere molto severi i sistemi di controllo e di verifica.

Ora, due ricercatori uno americano e l’altro australiano, in una ricerca apparsa sull’ultimo numero del Quarterly Journal of the IEEE (vol. 32, n.3) si sono posti la domanda se sia valido, e ancora attuale, un sistema «cap & trade» nel settore della produzione termoelettrica, giacché, anche con lo sviluppo delle rinnovabili, non potremo fare a meno di produrre energia elettrica da combustibili fossili nei prossimi decenni.

Ebbene, dopo la messa a punto di complessi modelli economici sull’ottimizzazione degli investimenti nel tempo, in funzione degli obiettivi di riduzione, sono arrivati alla conclusione che il mercato dei permessi di emissione nel sistema «cap & trade» è quello più idoneo per stimolare i produttori di energia elettrica a innovare i loro processi di produzione. Poiché il mercato è dominato dalla volatilità dei prezzi dei permessi di emissione, lo stimolo principale a investire il prima possibile e alla prima occasione favorevole di prezzi più bassi, è proprio la volatilità dei prezzi di emissione. Solo così non si rischia di perdere di competitività o di dover chiudere gli impianti quando i prezzi sono troppo alti e non ci sono più tempi sufficienti di attuazione dei propri obblighi.

Secondo Alessandro Lanza, della «Eni Corporate University» e docente di politiche economiche globali all’Università Luiss di Roma, il sistema di tassazione delle emissioni richiede che il decisore politico definisca il livello di tassazione che i soggetti attuatori devono poi eseguire. Ma, questa decisione può rivelarsi sbagliata sul sistema economico e, quindi, deve essere corretta, talvolta anche più volte, fino a ottimizzarla. Inoltre, l’ottimizzazione raggiunta in un certo sistema economico, o in un certo Paese, non è la stessa per un diverso sistema economico, o per un altro Paese.

Il sistema «cap & trade», invece, minimizza il numero delle decisioni politiche necessarie per fissare il limite delle emissioni e lascia liberi i soggetti attuatori su come attuare i loro obblighi in un periodo di tempo prefissato, favorendo quindi, anche la minimizzazione dei costi dei soggetti attuatori. Inoltre, il sistema «cap & trade» può essere applicato, come avviene nell’Unione europea, allo stesso modo in Paesi differenti o che hanno differenti condizioni economiche, ma non può essere attuato nel settore dei trasporti o, comunque in settori diversi dagli impianti inquinanti fissi. Pertanto, per il settore energetico continua, senz’altro, a essere la soluzione ottimale purché siano rispettate le regole del «cap & trade» e sia garantito un vero mercato libero e senza distorsioni artefatte.

(Fonte Enea-Eai)