«Smart Grid» – Progetti sbilanciati e poca ricerca

467
Tempo di lettura: 4 minuti

«Per la realizzazione di reti elettriche intelligenti e vantaggiose per tutti è necessario che gli investimenti siano equilibrati anche in “energy storage” e nelle nuove tecnologie di rete». L’Italia è in testa per gli investimenti

I progetti europei ora in corso, riguardanti le «smart grid», ossia le reti intelligenti, rappresentano un buon punto di partenza per avviare un sistema di reti elettriche a maglie bidirezionali flessibili e versatili, che è alla base di un nuovo modo di produrre e consumare energia, che permette lo sviluppo delle energie rinnovabili, che valorizza le risorse energetiche del territorio e che minimizza i costi e riduce gli sprechi.

Tuttavia, il quadro complessivo che se ne ricava è molto sbilanciato, per l’estrema eterogeneità dei progetti e ben poco esaltante se si esaminano le attività di ricerca scientifica e di innovazione tecnologica dei progetti in corso. È questo in sintesi il messaggio che traspare dal nuovo rapporto, pubblicato nei giorni scorsi dal Jrc (Joint Research Centre dell’Unione europea) dal titolo: Smart Grid Projects in Europe – lessons learned and current development – (Rapporto Eur 24856 en). Il rapporto fa seguito, per l’aggiornamento dei dati e la definizione del quadro di riferimento attuale, al documento della Commissione del 12 aprile 2011: «Smart Grid: dall’innovazione all’applicazione» (Comunicazione: COM(2011) 202).

In Europa sono in corso di attuazione 219 progetti concernenti le «smart grid», la cui distribuzione geografica è poco equilibrata: quasi il 90% dei progetti sono attuati nella vecchia Unione europea (Europa dei 15), mentre pochi e marginali sono i progetti presenti nei 12 paesi membri entrati per ultimi nell’Unione europea dei 27. Questa disuguaglianza potrebbe creare, in futuro, non solo difficoltà di cooperazione fra i diversi Paesi europei, ma anche situazioni di frattura all’interno dell’Europa tra Paesi tecnologicamente avanzati e Paesi più arretrati, con conseguenze che metterebbero in pericolo sia il raggiungimento degli obiettivi europei di sviluppo sostenibile in capo energetico, sia la coesione europea.

Il budget complessivo di cui dispongono i 219 progetti ammonta a circa 5 miliardi di euro. Ciò vuol dire che un primo rilevante sforzo per la transizione verso le «smart grid» è già in atto, ma manca ancora molto da fare perché gli investimenti necessari per giungere ad obiettivi accettabili entro il 2020, dovranno ammontare a oltre 56 miliardi di euro, almeno per tenere il passo con gli sforzi che sta facendo la Cina (71 miliardi di euro) e soprattutto gli Usa (da 238 a 334 miliardi di euro entro il 2030). Il 5,5% dei 219 progetti sono coordinati e guidati dall’Italia, che, come numero di progetti, è terza in Europa dopo la Germania, che ne ha 11,1% e la Danimarca, che ne ha il 22%. Tuttavia, in termini di investimenti, l’Italia è al primo posto in Europa con il 55% delle risorse finanziarie totali impegnate, seguita, ma a molta distanza dalla Germania con il 5,8% degli investimenti totali e dalla Finlandia con il 5,6%.

Il 56% dei progetti in corso in Europa (e oltre il 70% degli investimenti) riguarda gli «smart meters», cioè l’installazione di contatori elettrici intelligenti e, in questo settore, l’Italia ha il record in Europa di contatori intelligenti predisposti ed installati. Il 35% dei progetti (e il 15% degli investimenti) riguarda, invece, la combinazione di tecnologie esistenti per lo sviluppo di sistemi integrati intelligenti, mentre la vera e propria ricerca per lo sviluppo delle reti elettriche intelligenti, utili anche per la generazione distribuita, e adatte alle diverse esigenze dei consumatori, riguarda solo una piccola parte di tali progetti. È una piccola parte, non solo come numero (9%) ma anche come dimensioni di investimento (inferiore al 5% del totale): si tratta, infatti, di progetti il cui budget medio è poco più di 4 milioni di euro (per i progetti di ricerca e innovazione), e attorno ai 12 milioni di euro per i progetti di dimostrazione.

Le grandi società o compagnie di distribuzione dell’elettricità hanno il ruolo più rilevante in questi progetti, sia come leadership (27% dei progetti), sia soprattutto come investimenti effettuati (67% del budget totale). Le finalità di questi operatori, però, sono quelle di migliorare l’efficienza delle reti da loro gestite e di ridurre i costi della distribuzione di energia elettrica degli attuali sistemi centralizzati di trasmissione, ma non quelle di sviluppare nuovi sistemi decentrati di reti intelligenti per favorire la transizione verso le «smart grid». Queste finalità, però, non sono una libera scelta ma imposte dall’attuale regime di incentivazioni predisposto dai governi nazionali, che premiano la riduzione dei costi di gestione delle reti elettriche, ma che non incoraggiano l’innovazione dei sistemi elettrici o lo sviluppo delle reti intelligenti.

Infine: la ricerca. Lo sviluppo della ricerca scientifica sulle «smart grid» richiede una vasta cooperazione multidisciplinare e interdisciplinare, che coinvolge diversi soggetti, sia pubblici, sia privati, che vanno dalle Università ed Enti di ricerca, ai Produttori di energia elettrica e ai Gestori delle reti elettriche, dalle Agenzie e Aziende competenti sulle nuove tecnologie di comunicazione, fino alle Organizzazioni dei consumatori. Ebbene, in tutti questi progetti, appare scarsa la partecipazione degli operatori esperti in interoperabilità delle infrastrutture elettriche, e specializzati in protezione dei dati e in sicurezza delle reti. Gli Enti di ricerca e le Università, poi, hanno una presenza trascurabile e, comunque, poco incisiva, nelle attività di ricerca e sviluppo tecnologico. Infine, i rappresentanti dei consumatori, che sono i principali protagonisti del risparmio energetico, dell’uso intelligente dell’energia e del funzionamento efficiente delle «smart grid», non sono stati coinvolti. A questo proposito, il rapporto Jrc rileva che il diverso know how e le diverse esperienze dei vari attori coinvolti, devono trovare opportuna integrazione e sinergia, perché questa è la base essenziale, non solo per lo sviluppo delle «smart grid», ma anche per lo sviluppo di nuove professioni e di nuove opportunità di lavoro e di occupazione.

«Lo sviluppo delle “smart grid” non può avvenire in modo asimmetrico», ha commentato Giorgio Graditi ricercatore dell’Enea nel campo delle «smart grid» ed esperto di tecnologie fotovoltaiche. «Per la realizzazione di reti elettriche intelligenti e vantaggiose per tutti – ha aggiunto – è necessario che gli investimenti siano equilibrati anche in “energy storage” e nelle nuove tecnologie di rete, e che tutti gli attori interessati siano parimenti coinvolti, senza dimenticare le industrie sulle energie rinnovabili, i piccoli produttori che sono anche consumatori, le associazioni di categoria e territoriali interessate».

(Fonte Enea-Eai)