La vita sui pianeti e la panspermia

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Una serie di esperimenti portati avanti dalla Nasa hanno dimostrato che la vita può resistere nello spazio, da qui la conferma dei «semi spaziali».Ne conseguono conseguenze importanti per le nostre visioni nei rapporti fra uomini

Tutto iniziò alcuni anni fa quando la Nasa inviò in orbita alcuni campioni di funghi unicellulari e di licheni. Si pensava allora che i raggi cosmici li avrebbero distrutti, ma non fu così: resistettero per oltre due settimane. Allora si pensò di ripetere l’esperimento e, due anni fa, partì verso lo spazio uno shuttle con a bordo una serie di campioni di funghi criptoendolitici antartici e alcuni licheni. Furono posizionati in una piattaforma studiata per l’esposizione nello spazio. Ora sono tornati sulla Terra è presi in consegna dallo scienziato Silvano Onofri, socio di Accademia Kronos e docente di botanica all’Università della Tuscia. Dopo alcuni mesi di studi ed esperimenti di laboratorio, oggi si può affermare che questi campioni di funghi e licheni hanno superato la prova durata nello spazio un anno e mezzo. Sono sopravvissuti ai micidiali raggi cosmici! Già in passato attraverso altre esperienze effettuate sulla Terra (Antartide) si era constatato che alcuni esseri viventi riescono a sopravvivere in ambienti fino a pochi anni fa considerati assolutamente ostili alla vita.

«Molto spesso – ha dichiarato il prof. Silvano Onofri – si pensa che gli esseri viventi più resistenti alle condizioni estreme siano i batteri, in realtà alcuni funghi hanno dimostrato di avere un maggior grado di resistenza».

A questo punto l’antica teoria (panspermia-cosmica) che afferma che la vita sulla Terra sia arrivata dallo spazio (comete e meteoriti) e non sia nata per caso e per volontà di qualche Dio solo su questo pianeta, ormai è definitivamente appurata.

La panspermia è una teoria scientifica che suggerisce che i semi della vita (in senso ovviamente figurato) siano sparsi per l’Universo, e che la vita sulla Terra sia iniziata con l’arrivo di detti semi e il loro sviluppo. È implicito quindi che ciò possa accadere anche su molti altri pianeti. Per estensione, semi si potrebbero considerare anche semplici molecole organiche. La teoria ha le sue origini nelle idee di Anassagora, un filosofo greco, e si è rivitalizzata a partire dall’Ottocento con Lord Kelvin, con il fisico Hermann von Helmholtz e, nei primi decenni del Novecento, con il chimico e premio Nobel svedese Svante Arrhenius, mentre nell’ultimo quarto del XX secolo il testimone è passato agli astronomi Fred Hoyle e Chandra Wickramasinghe. Nel primo decennio del XXI secolo la teoria ha ricevuto alcune conferme sperimentali nel ritrovamento, da parte della sonda Stardust, di tracce di ammine e lunghe catene carboniose nei materiali raccolti dalla cometa Wild 2.

Grazie ai grandi telescopi orbitanti intorno alla Terra abbiamo scoperto che ogni stella, non solo della nostra galassia, ma delle altre miliardi di galassie e di ammassi stellari è un sole con una coorte di pianeti. Secondo i parametri biologici che conosciamo, in ogni sistema solare esiste una fascia della vita (non troppo vicina e non troppo lontana dal Sole), ebbene una stella su cinque dovrebbe avere uno o due pianeti all’interno di questa fascia. Altro elemento necessario allo sviluppo della vita, oltre ad un’atmosfera respirabile, è l’acqua. Qualcuno fino a poco fa pensava che anche questo elemento fosse una rarità apparsa solo sul nostro pianeta, invece l’acqua è presente ovunque. Si pensi che nella nebulosa di Orione, ogni giorno si crea tanta di quell’acqua equivalente a formare mille oceani terrestri.

Finalmente noi che apparteniamo all’Homo sapiens, dobbiamo cominciare ad abbassare la testa e non considerarci più gli unici esseri viventi e intelligenti del creato. Non siamo più soli nell’universo! Questa notizia farà male a qualcuno o forse a molti, soprattutto ai musulmani e agli ebrei (i cristiani ultimamente se la sono cavata affermando che il buon Dio può aver creato la vita in altri pianeti, i quali potrebbero per loro fortuna non essere stati contaminati dal peccato originale e, pertanto, non aver conosciuto Cristo). I musulmani e gli ebrei avrebbero voluto un Dio solo per loro. Per fortuna l’Universo è anche espressione di vita, sia essa a base carbonio o a base silicio, una vita possibilmente anche intelligente. Pensate che colpo sarà per questi assertori del loro Dio unico e solo nell’universo, scoprire che esistono altri Dei nello spazio. Sarebbe la fine di queste religioni. E forse sarebbe un bene perché finirebbero le guerre religiose e i fanatismi criminali di chi crede che alla propria morte di «martire» o meglio di assassino (dopo aver ucciso decine di innocenti), 72 vergini e fiumi di latte e miele l’aspetteranno in paradiso.

Se esistono civiltà aliene, per i nostri scienziati resta insormontabile la possibilità di visitarle. Le distanze sono tali che escludono ogni contatto. Se dovessimo intraprendere un viaggio verso il sistema stellare di Alfa Centauri (sono le tre stelle più vicine a noi che distano 4,3 anni luce) con i mezzi di cui disponiamo, dovremmo impiegare più di un secolo per raggiungerle. Però va considerato che oggi pensiamo con la mente scientifica del Terzo millennio, ma tra mille anni, o forse di meno, se non ci autodistruggeremo strada facendo, le cose potrebbero essere ben diverse. Volare oltre la velocità della luce potrebbe essere non più un problema e, quindi, potremmo venire in contatto con altre civiltà. Viene anche da chiedersi: se da qualche parte della nostra galassia esiste una civiltà scientificamente e tecnologicamente più avanti di noi di migliaia di anni, cosa impedisce a questi di visitarci? Ma chi dice che non l’abbiano già fatto nel passato? È convinzione di molti che gli dei del passato non siano altro che astronauti che sono venuti a portarci in tempi remoti parte della loro conoscenza. Per altri questi alieni vivrebbero già tra noi da moltissimo tempo.

A parte le varie congetture e fantasie se veramente un giorno venissimo a contatto con una civiltà aliena, forse l’uomo terrestre si ridimensionerebbe al punto tale da diventare migliore di com’è invece oggi. E allora: «fratelli dello spazio» che aspettate a venire?

«Una volta che tutti i nostri tentativi di ottenere materia vivente da materia inanimata risultino vani, a me pare rientri in una procedura scientifica pienamente corretta il domandarsi se la vita abbia in realtà mai avuto un’origine, se non sia vecchia quanto la materia stessa, e se le spore non possano essere state trasportate da un pianeta all’altro ed abbiano attecchito laddove abbiano trovato terreno fertile» (Hermann von Helmholtyz)

(Fonte Accademia Kronos)