Le creste del grafene catturano l’idrogeno

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L’idrogeno ha una forte affinità per le zone convesse del grafene e molto poca per quelle concave. Una volta catturato sulle creste, invertendo la curvatura diventa possibile rilasciare l’idrogeno, un po’ come scuotere un tappeto di grafene impregnato di polvere-idrogeno

«Stropicciare» un foglio di grafene potrebbe essere la soluzione per immagazzinare idrogeno in modo efficiente ed economico per scopi energetici. Questo quanto affermato da uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Nanoscienze del consiglio nazionale delle Ricerche (CnrNano). Lo studio mostra tramite simulazioni al calcolatore che si può indurre il grafene ad assorbire e rilasciare idrogeno controllandone il corrugamento. Il risultato di questa importante ricerca è stato pubblicato sulla rivista «Journal of Physical Chemistry».
L’idrogeno, principale candidato come combustibile delle future celle «pulite» e efficienti, presenta il problema di come essere accumulato e conservato. La sfida impegna molti gruppi di ricerca nel mondo, ma spesso le soluzioni proposte hanno il punto debole nella fase finale, quando l’idrogeno una volta immagazzinato deve essere rilasciato, un passaggio questo che richiede temperature e pressioni molto elevate, con un alto dispendio energetico.
In Italia, presso l’Istituto Nanoscienze del Consiglio nazionale delle Ricerche, due ricercatori, Valentina Tozzini e Vittorio Pellegrini, entrambi operanti presso il laboratorio Nest dell’Istituto Nanoscienze del Cnr e Scuola Normale Superiore di Pisa, con simulazioni e calcoli teorici hanno mostrato che controllando il corrugamento del grafene, il materiale formato da un solo strato di atomi di carbonio disposti in un reticolo a nido d’ape valso il Nobel per la Fisica 2010, è possibile indurre il rilascio di idrogeno anche in condizioni ambientali normali.
I calcoli dei due ricercatori indicano che quando uno strato di grafene viene compresso lateralmente formando ondulazioni con creste e valli, l’idrogeno aderisce chimicamente alle creste delle onde. Spostando la corrugazione, in modo analogo a un’onda che procede, le creste si muovono e l’idrogeno si ritrova in zone concave in cui l’adesione è sfavorita. Questo meccanismo combinato con l’effetto dinamico dell’onda stessa, provoca il rilascio dell’idrogeno.
Valentia Tozzini, commenta: «L’idrogeno ha una forte affinità per le zone convesse del grafene e molto poca per quelle concave; questo accade perché l’energia del legame è proporzionale alla curvatura del reticolo atomico». Continuando la stessa, aggiunge: «Una volta catturato sulle creste, invertendo la curvatura diventa possibile rilasciare l’idrogeno, un po’ come scuotere un tappeto di grafene impregnato di polvere-idrogeno».
Ora raggiunto questo traguardo i ricercatori sono passati alla fase successiva, ossia quella di sperimentare come produrre strati di grafene corrugato in laboratorio e come invertire le ondulazioni in maniera controllata nel materiale reale.
E a proposito di questo Vittorio Pellegrini, coautore della ricerca, spiega: «L’idea di utilizzare la curvatura del grafene per assorbire e rilasciare idrogeno è del tutto nuova e la realizzazione di un dispositivo è vincolata da molti requisiti ingegneristici che abbiamo appena cominciato ad esplorare, ma le simulazioni di questo studio ci dicono che la strada è percorribile».
In definitiva il grafene, indicato come il materiale delle meraviglie con le sue innumerevoli applicazioni, tra le quali la possibilità, per l’appunto, di poter effettuare lo stoccaggio e il rilascio d’idrogeno nelle future celle «pulite», il vantaggio di impiegarlo nella preparazione di nano compositi polimerici, nell’utilizzo in elettronica e in elettronica digitale tramite l’applicazione di nanoribbon di grafene (Gnrs), nell’uso volto a realizzare elettrodi trasparenti e conduttori, ecc., ha suscitato l’entusiasmo dei ricercatori che stanno ora attivamente cercando di esplorarne tutte le potenzialità in diversi settori applicativi.
Perché per garantire che il grafene non rimanga un materiale puramente accademico, con poche applicazioni nel mondo reale, è necessario che gli sforzi della comunità scientifica siano indirizzati a ricercare tecniche volte ad individuare nuove e sempre più efficaci applicazioni, nel concreto, di questo sorprendente materiale.