L’incidente dei neutrini e la mission della scienza

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La possibilità di un errore di misura che tante volte viene invocato davanti a differenze enormi a confronto, come nell’Ecat di Rossi Focardi non aveva frenato gli autorevoli colleghi del Cern dal precipitarsi a gridare alla nuova rivoluzione scientifica

L’annuncio era di quelli grandi, grandissimi, il superamento della teoria di Einstein, il dato su cui si basava piccolo piccolissimo 60 miliardesimi di secondo di differenza tra la velocità dei neutrini e la velocità della luce

La possibilità di un errore di misura che tante volte viene invocato davanti a differenze enormi a confronto, come nell’Ecat di Rossi Focardi non aveva frenato gli autorevoli colleghi del Cern dal precipitarsi a gridare alla nuova rivoluzione scientifica.

Ansia di successo desiderio di prima pagina, ed altre problematiche connesse con tecniche di pensiero e metodo scientifico non sempre al top, anche perché troppo spesso snobbate sull’altare dei grandi modelli e delle grandi macchine che avrebbero sostituito il più umile funzionamento del ragionamento scientifico del ricercatore che deve vedere con gli occhi e con i suoi sensi e ragionare intorno ai fenomeni reali e non solo alle gigantesche macchine e ai titanici programmi.

Il fenomeno non è nuovo e ci riporta ai problemi di filosofia della scienza e del metodo scientifico che John Maddox, già direttore di «Nature», mise in luce in un’intervista su «Science et Vie» nel settembre del 1996 nella quale affermava come: «la scienza ha perduto parte della sua credibilità agli occhi dell’opinione pubblica, come conseguenza del contesto ultraconcorrenziale nel quale essa si evolve. Gli scienziati asseriscono troppo e troppo in fretta, senza prendersi il tempo necessario per verificare le loro ipotesi».

Troppa concorrenza, troppo potere, troppe aspettative, in un mix deviante che porta un po’ troppo ad aggiustare i dati adattandoli alle attese e ai desiderata di turno, sia quando ci si trova davanti a dati insufficienti che si forzano ai bisogni del sistema (il caso più chiaro fu la polemica tra Galilei e l’Inquisizione) o più terra terra del cliente (capita spesso come è ben noto in campo medico dove lo spazio per la variabilità più o meno statistica è notevole).

Sugli intrighi della mente e relative filosofie c’è poco da scherzare, dopo Socrate è chiaro che la cosa più importante nella scienza è il sapere di non sapere, ma questo sentimento, questa coscienza viene poco coltivata proprio anche in virtù dello scenario ultraconcorrenziale di cui parlava Maddox.

C’è un che di sentirsi sviliti nel riconoscere di non sapere qualcosa o sapere poco o niente magari di qualcosa di nuovo e sconosciuto, specialmente quando si siede su grandi cattedre e si è investiti del ruolo di luminari.

Questo potrebbe spiegare anche il fastidio con cui vengono accolte nuove scoperte (o presunte tali) non presenti nei trattati e nella cosiddetta «Scienza Ufficiale». In uno scenario completamente paradossale si pretende di giudicare un nuovo fenomeno scoperto (che dovrebbe essere la base della vita scientifica e della ricerca), sulla base di ciò che è già scritto nei trattati, e quando tale fenomeno non vi fosse inscritto non dovrebbe essere finanziabile (mancherebbero pubblicazioni ricerche o riferimenti adeguati) e spesso neanche discutibile (non solo nell’abiura famosa).

A parte la lotta per i finanziamenti (e la vicenda Iter versus fusione Fredda dovrebbe far riflettere), c’è forse lo snaturamento della mission scientifica che è una mission legata all’ignoto alla non conoscenza e al riconoscere il nostro stato di ignoranza su quanto osserviamo e lavorarci magari per anni, decenni intorno per capire, per osservare, per decifrare insieme ad altri che ne sanno più di noi. Senza fretta per pubblicare, fare carriera, vincere. Allora tanti fenomeni della Natura oggi indecifrabili sul piano scientifico diventerebbero temi di ricerca attiva dai meridiani cinesi (oggi cominciati a studiare come sistema bioelettrico) ai Chakra indiani, dagli effetti non lineari dei campi elettromagnetici deboli e superdeboli agli effetti quantistici del potenziale vettore, che potrebbe giocare un ruolo primario non solo in farmaelettrodinamica, ma anche nel rapporto tra le fonti primarie di energia nel cosmo (fluttuazioni quantistiche del vuoto, campi di Higgs, etere, energia oscura ecc.) e i campi magnetici ed elettromagnetici di cui è la fonte sorgente.

In questi settori della ricerca discretamente trascurati e vilipesi (per essere buoni) ci troviamo davanti a effetti imponenti, misurabili e riproducibili ma tenuti alla porta fino a poco tempo fa dei grandi centri di ricerca da parte dei «Guardiani dell’Ortodossia».

Sembra proprio che tutto ciò sia alle spalle e che la scienza ritorni ai suoi primordi e che l’ignoto e la frontiera della conoscenza torni al centro dell’attività scientifica.

Questi sono i fausti segnali che ci vengono dai Cern colloquium sulla Fusione fredda e le Lern e dal Congresso di San Pietroburgo sui Campi deboli e superdeboli in biologia e medicina.

Resta attuale quindi la lezione rinascimentale di Bernardino Telesio di cui si celebrano le gesta a Tolouse ripresa da Diego Fusaro che ebbe a scrivere su questi temi: «La nuova considerazione della natura venne anticipata nell’opera di Telesio, intitolata “La natura secondo i propri principi“, la quale staccandosi dalla visione magica, affermò che l’uomo non deve imporre i suoi schemi a priori alla natura, ma deve scoprirne umilmente le leggi interne che ne regolano la vita e che sono sconosciute al più. L’accusa rivolta alla scienza del passato fu, dunque, di essere stata boriosa e superba, incurante della vera realtà del mondo fisico: essa ingabbiò nei dogmi della teologia i fenomeni naturali, precludendosi una loro vera comprensione».