Rilanciare la lotta contro la desertificazione

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La mappa delle aree sensibili permette di stimare che il 32,5% del territorio nazionale è molto sensibile, il 26,8% ha una sensibilità media, il 19,8% ha una sensibilità bassa, il 6,2 % non è sensibile

La desertificazione è un problema globale che coinvolge i territori di molti Paesi in via di sviluppo, e che riguarda anche i Paesi mediterranei e l’ Italia stessa; infatti, oltre il 30% del territorio italiano è influenzato da processi di degrado e desertificazione. Questo processo tuttavia non è inevitabile e si può intervenire cercando di innescare un circolo virtuoso di miglioramenti attraverso un’attenta gestione del territorio in un’ottica di sostenibilità. Questo è quanto è emerso nel corso della prima giornata del workshop «Sviluppo e conservazione dei servizi degli ecosistemi contro siccità e desertificazione», organizzato dall’Enea in collaborazione con Ispra, Cnr Cra ed Inea, mettendo a disposizione ed integrando le rispettive competenze e ruoli.

«L’uso sostenibile del territorio si pone come obiettivo la conservazione degli ecosistemi ed il ripristino di quelli degradati, intesi come valore inestimabile per il benessere sociale ed economico – ha evidenziato Vincenzo Artale, Responsabile dell’Unità Tecnica Modellistica Energetica Ambientale dell’Enea -. Per conseguire questo risultato è necessario un impegno congiunto da parte di Enti di Ricerca, Università e delle Istituzioni locali e centrali, per contrastare la fragilità ambientale dei territori e le conseguenze connesse alla sicurezza ed al benessere sociale. La siccità e la desertificazione vanno affrontate con strategie e con progetti di ricerca che permettano di intervenire sull’insieme dei problemi che portano al degrado e al depauperamento delle risorse, a cominciare dalla gestione del territorio e dell’ambiente e alle interazioni con le attività umane e produttive, tenendo in considerazione le capacità di carico degli ecosistemi e della rinnovabilità delle risorse».

Nella prima giornata di lavori, i ricercatori e gli esperti di numerose istituzioni scientifiche italiane hanno aperto un confronto per rilanciare la lotta alla desertificazione e hanno presentato i risultati dei loro progetti di ricerca scientifica ed i nuovi approcci integrati e multidisciplinari per affrontare i nodi irrisolti della salvaguardia dell’ambiente delle terre secche.

La seconda giornata è dedicata alle strategie e alle politiche nazionali ed internazionali, con la partecipazione del ministero dell’Ambiente, Apre, ministero delle Politiche Agricole, Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione, Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici, nonché di importanti enti di gestione del territorio, come le Autorità di Bacino della Puglia e del Liri, Garigliano e Volturno e dell’assessorato ai lavori pubblici della regione Puglia.

Con la Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla desertificazione (Unccd), istituita nel 1994, le Nazioni Unite hanno elaborato strategie per affrontare il complesso quadro di situazioni di degrado in atto, che i paesi interessati dal fenomeno si sono impegnati a recepire nei loro Programmi nazionali di lotta alla desertificazione. Il contrasto alla povertà è il primo passo per innescare quel ciclo virtuoso di miglioramenti che ha ricadute anche sull’ambiente, essendo i due fenomeni interconnessi fra loro. Il degrado del territorio derivante da uno sfruttamento eccessivo delle risorse determina il fenomeno delle terre secche e più in generale della desertificazione, con effetti di erosione, salinizzazione, deforestazione e con risvolti sociali di salute, sicurezza, demografia, povertà.

Anche l’Italia deve realizzare un suo Programma nazionale di lotta alla desertificazione, con la definizione di strategie ed azioni da mettere in campo per attuare la Convenzione. La verifica dell’impatto effettivo sul territorio delle azioni e delle politiche dovrà essere rilevato e periodicamente riferito alla Unccd utilizzando indicatori bio-fisici e socio-economici preventivamente concordati a livello internazionale.

La desertificazione in Italia

L’Italia è costituita da un complesso mosaico di paesaggi fortemente determinati dall’azione antropica che nel corso dei secoli e dei millenni ne ha radicalmente cambiato aspetto in seguito all’intenso sfruttamento di tutte le risorse naturali. I cambiamenti climatici, il sovra sfruttamento del suolo e le sfide della globalizzazione pongono oggi una nuova sfida ai territori dove la qualità e quantità delle risorse naturali è in forte declino.

Le regioni con clima arido, semi-arido e sub-umido secco sono in grado crescente minacciate dai processi di desertificazione e si trovano a fronteggiare inediti rischi: derivanti dall’aumento di siccità, alla forte variabilità delle piogge, e da eventi di precipitazione molto intensi con forti rischi di alluvioni e conseguente dilavamento dei suoli fragili. Tutti questi fenomeni potranno raggiungere nei casi più critici il punto di non ritorno, come ci dicono le più recenti elaborazioni con la prospettiva che i territori maggiormente minacciati e degradati vengano abbandonati quando le attività produttive non saranno più economicamente vantaggiose.

La desertificazione è la conseguenza di un degrado del territorio che deriva dal suo sovra-sfruttamento. L’uso sostenibile del territorio invece considera la molteplicità di fattori che caratterizzano gli ecosistemi per attuare interventi per la loro conservazione e per il ripristino.

Una stima recente a scala nazionale delle aree influenzate da processi di degrado e di desertificazione è stata elaborata nell’ambito delle attività svolte dal Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione. La mappa delle aree sensibili del territorio italiano permette di stimare che il 32,5% del territorio nazionale è molto sensibile, il 26,8% ha una sensibilità media, il 19,8% ha una sensibilità bassa, il 6,2 % non è sensibile. Le regioni maggiormente sensibili sono Sicilia (70% della sua superficie regionale), Molise (58%), Puglia (57%), Basilicata (55%). Sei regioni (Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo, Campania) presentano una percentuale di territorio molto sensibile compresa fra il 30% ed il 50%, sette regioni (Calabria, Toscana, Friuli, Lazio, Lombardia, Veneto, Piemonte) le aree sensibili sono comprese fra il 10% e il 25%.

Altri studi realizzati dalle singole Regioni, nell’ambito delle attività promosse dal Comitato Nazionale per la lotta alla Desertificazione a partire dal 2004, confermano il quadro nazionale fornendo approfondimenti conoscitivi per le aree maggiormente sensibili e mettendo in evidenza situazioni di particolare rilevanza locale.

Una sfida globale

La desertificazione è un fenomeno che presenta caratteristiche locali spesso assai diverse ma che è diffusa su tutto il pianeta. La Convenzione per la lotta alla Desertificazione (Unccd), lo strumento che le Nazioni Unite hanno messo in campo per affrontare il complesso quadro di situazioni di degrado in atto, ha elaborato una strategia che i paesi affetti si sono impegnati a recepire nei loro Programmi Nazionale di Lotta alla Desertificazione. La strategia è articolata in obiettivi, che servono da guida per le politiche nazionali, ed indicatori per la verifica dei risultati.

Le attività che l’Italia dovrebbe realizzare in coerenza con la strategia sono:

  • Formazione, informazione, educazione sui temi della lotta alla siccità e la desertificazione,

  • miglioramento del quadro politico attraverso l’elaborazione o allineamento dei Programmi nazionali di lotta alla desertificazione agli obiettivi della strategia,

  • miglioramento del quadro scientifico attraverso la costituzione o l’utilizzo di reti di monitoraggio, indicatori, sistemi di diffusione delle conoscenze, acquisizione di nuove conoscenze,

  • miglioramento delle capacità locali, regionali e nazionali di lotta alla desertificazione,

  • impegni ed investimenti finanziari per lottare contro la desertificazione in Italia e nei paesi affetti in via di sviluppo.

 

La verifica dell’impatto sul territorio delle azioni e delle politiche deve essere rilevato e periodicamente riferito alla Unccd utilizzando un insieme concordato di indicatori bio-fisici e socio-economici che costituisce anche un riferimento per le strategie e le azioni che l’Italia si è impegnata a mettere in campo per attuare la Convenzione.

(Fonte Enea)