Perché «svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro»
I beni culturali sono espressione del patrimonio storico e artistico di un Paese e ne custodiscono l’identità. Questo patrimonio comprende i beni materiali ed immateriali che, per il loro riferimento alla storia, all’arte e in genere alla cultura di una comunità, ne testimoniano usi e costumi e soprattutto le radici spirituali. L’arte e la cultura, anche quando sono espressione delle diversità di un popolo, si iscrivono nella complessa storia delle civiltà. I beni culturali permettono di riscoprire i caratteri comuni che facilitano l’incontro degli uomini e lo sviluppo della comunità internazionale. Il turismo rivolto ai beni culturali è rapporto con la civiltà che li ha espressi.
Dai grandi tour dei secoli scorsi si è passati al turismo di massa della modernità (turismo come evasione dal mondo del lavoro, per società ancora stanziali) per approdare ai turismi della post-modernità (turismo come «esplorazione dell’altro» per società in perenne movimento, caratterizzate dal crescente tempo libero e dall’affrancamento dal lavoro pesante). La modificazione intervenuta porta alla «personalizzazione dell’offerta turistica», dinanzi a una domanda sofisticata, mobile, tecnologica. Si passa dunque dal «turismo indistinto» (turismo dell’indifferenza ai luoghi e alle popolazioni), in cui la popolazione locale subisce la cultura del visitatore (cioè si adatta), ai vari turismi della distinzione e delle differenze accettate, cioè delle «libertà di scelta» in cui è il visitatore che si adatta alla cultura locale. La cultura va così interpretata come espressione o manifestazione di identità locali, da trasmettere altrove attraverso i canali del movimento turistico, in linea con le radici storiche del turismo primordiale (il nomade, l’errante, il pellegrino, il mercante e il viandante).
Il legame tra turismo e paesaggio appare evidente a partire dalla considerazione che il paesaggio è spesso la risorsa primaria che crea le premesse e il contesto favorevole allo sviluppo del turismo. L’identità dei luoghi e ciò che il paesaggio esprime svolgono inoltre, nei riguardi del turismo e delle sue potenzialità, un ruolo fondamentale: leggere il paesaggio e le sue peculiarità, tutelarlo e valorizzarlo sono dunque i primi passi per avviare il percorso di consapevolezza necessaria per dar vita ad un turismo che deve servire a far conoscere e riconoscere il territorio e non solo attrarre visitatori. Il concetto di paesaggio culturale sottintende dunque la considerazione che il territorio con le sue caratteristiche spaziali, ambientali, insediative, sociali, ed economiche non costituisce solo un elemento passivo, una derivazione automatica della struttura economica e sociale, ma al contrario costituisce un fattore di fondamentale importanza, un ingrediente primario del processo di sviluppo. Questa impostazione viene confermata dal Preambolo della Convenzione europea del Paesaggio dove viene formalmente sancito che «…il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro…» e che il paesaggio è una componente importante della qualità della vita sia sotto il profilo culturale, sia da un punto di vista economico, tanto nelle aree di grande pregio ambientale e naturalistico, quanto nelle aree urbanizzate dove si svolge la vita quotidiana della maggioranza dei cittadini europei.
Attraverso la componente culturale il paesaggio, insieme di elementi storicamente integrati in una prospettiva dinamica e propositiva, diventa oggetto delle politiche territoriali in una nuova accezione che ne esalta i valori, ne innova le valenze e ne arricchisce le potenziali risorse. Esso acquisisce dunque una nuova centralità, già in parte tuttavia maturata dal pensiero geografico nel corso di due secoli; risale a Von Humboldt una interpretazione del paesaggio non solo quale unità di carattere estetico geografico, quanto anche come tramite, ovvero veicolo di conoscenza, grazie al quale si supera lo stadio della intuizione sensibile per accedere alla razionale coscienza dei rapporti di «causa ed effetto» tra i fattori dell’ordine spaziale esistente.
Significative appaiono l’istituzione e la progettazione di parchi culturali, musei territoriali diffusi o ecomusei, itinerari tematici che si propongono all’attenzione del turista. Il paesaggio rappresenta quella delicata relazione che esiste tra gli individui e il territorio, una struttura complessa particolarmente ricca di conoscenza prodotta da nozioni e categorie interpretative eterogenee fra loro (fonti cartografiche, catastali, iconografiche, fotografiche, ecc.) in cui l’apporto della dimensione storica è di fondamentale importanza. L’integrazione e la condivisione di questi documenti consentono di offrire agli studiosi (storico, storico dell’arte, archeologo, architetto-urbanista, socio-antropologo, ecologo, ecc.) e non solo, uno strumento conoscitivo che, basato sul tempo e lo spazio, è in grado di proporre un’efficace chiave di lettura del quadro paesistico.
L’attuale società della conoscenza ha segnato numerose trasformazioni sociali e culturali, tra le quali l’evolversi del concetto stesso di conoscenza: da argomento filosofico riservato ad un élite intellettuale, a nodo epistemologico complesso, ma aperto ad una pluralità di punti di vista, di interpretazioni, di possibilità d’uso nella concretezza delle azioni formative. La conoscenza si fa diffusa, sempre meno centralizzata, sempre più accessibile; sceglie approcci «veloci», spesso non legati ai linguaggi tradizionali.
Per tale ragione la capacità di gestire la conoscenza in ambienti complessi, quale il paesaggio culturale, assume un valore sempre più qualificante che si esplicita da un lato attraverso l’impiego di tecnologie in grado di identificare dati, informazioni di base e di integrarle in forma codificata attraverso base dati, motori di ricerca semantici, tecniche di mash-up. Dall’altro lato, la gestione della conoscenza si esplicita affrontando in modo sistemico la fonte principale della conoscenza che è costituita dal suo contesto. Il paesaggio culturale possiede così anche la caratteristica di «fare rete» cioè di consentire la condivisione di informazioni, conoscenze, iniziative ed idee.
Numerosi sono i casi di studio realizzati con l’intento di sperimentare approcci innovativi e di sviluppare sistemi informatici per la gestione della conoscenza di scenari complessi quali quelli del paesaggio culturale. In particolare, si intende evidenziare quanto l’apporto tecnologico sia importante per la valorizzazione e la fruizione del paesaggio culturale con un approccio sistemico unitario, cioè come legame tra territorio, beni culturali e caratteristiche ambientali. Ciò in accordo con la Convenzione europea del Paesaggio il cui documento sancisce che il paesaggio è concepito «non solo come puro fenomeno estetico, come quadro offerto alla vista (né tantomeno come “bellavista”), ma come risultato di fattori e processi che agiscono nel tempo, pertinenti tanto all’ambito naturale quanto a quello antropico».