Un’etichetta per buone pratiche anche per gli… Utili

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La Fondazione pubblica 10 macrodescrittori per ottenere l’etichetta di certificazione

Solo su «Villaggio Globale» è possibile consultare le modalità da rispettare per poter accedere alla richiesta dell’etichetta. Il grande impegno della Fondazione di Partecipazione delle Buone Pratiche. Oltre alla lettura che offriamo, gli interessati possono anche scaricare il Pdf

Che cos’è una Buona Pratica e come la si può valutare per distinguerla dalle tante cattive, tinteggiate di buono?

Ci prova la Fondazione di Partecipazione delle Buone Pratiche, sorta poco più di un anno fa col preciso scopo di creare addirittura un’etichetta che certifichi la corrispondenza di una pratica a rigorosissimi parametri di valutazione.

Abbiamo seguito l’iniziativa passo dopo passo, dalla sua prima presentazione all’assegnazione della prima etichetta e via via alle altre assegnazioni. Ora, per meglio rendere fruibile l’iniziativa, la Fondazione pubblica i «Manifesti», in pratica descrizione delle pratiche per raggiungere i vari obiettivi.

Basato su 10 macrodescrittori (definiti «Manifesti»), a loro volta articolati in sottoparametri, il processo di verifica spazia da rigorosi criteri di sostenibilità ecologica e sociale, alla valutazione dei servizi ecosistemici forniti, dagli effetti sulla biodiversità, alle politiche interne aziendali, dagli effetti sul clima al benessere umano a animale che caratterizzano la pratica sottoposta ad esame.

«Villaggio Globale», in 10 puntate, ospita la descrizione di tali parametri e i criteri di valutazione adottati dagli esperti della Fondazione.

Oggi si parla di Utili. Oltre alla lettura che offriamo, gli interessati possono anche scaricare il Pdf.

Fondazione buone pratiche
MANIFESTO N.8

BUONA PRATICA UTILI

Una buona pratica non può non manifestarsi anche nel rapporto etico con gli eventuali utili economici che genera. Essi devono essere prevalentemente destinati a reinvestimenti per migliorare la qualità della pratica stessa, a estenderne l’applicazione, senza timore di concorrenza, a generare benessere nelle persone coinvolte e anche all’esterno del diretto ambito di competenza dell’attività. Anche nella distribuzione degli utili fra personale e titolari, ove esistenti, devono essere applicati criteri di «ecologia etica sociale», ovvero mantenere le differenze di distribuzione entro un limite ragionevolmente basso per evitare fenomeni di eccessiva disparità. Una buona pratica deve fondarsi, cioè, su criteri di equità diversi da quelli convenzionali dell’attuale sistema capitalistico concentratore di risorse finanziarie in poche mani; deve tendere a distribuire il più possibile, superando la cultura aziendalista e imprenditoriale classica, avendo l’obbiettivo primario del bene comune e del servizio alla comunità, all’interno del quale lasciare un legittimo spazio all’obbiettivo del sostentamento dignitoso di vita ai suoi realizzatori.

Lungi dal promuovere un approccio giacobino alla questione, la Fondazione di Partecipazione delle Buone Pratiche non fa altro che riprodurre, nei suoi criteri di valutazione per il rilascio dell’etichetta, il suo stesso spirito fondativo.

I requisiti per definire una buona pratica in tema di gestione e distribuzione degli utili sono pertanto:

1) Reinvestimento etico e ambientale degli utili Gli utili derivanti dall’attività di una buona pratica vengono reinvestiti prevalentemente per avanzare nel percorso di ambientalizzazione del processo in tutti i suoi aspetti, anche secondo la traccia dei punteggi conseguiti nella valutazione in corso per gli altri indicatori. Vengono investiti anche in azioni di diffusione e riproduzione della pratica stessa, nonché in azioni etiche ed ecologiche nella realtà socio-territoriale in cui si opera. Il requisito si può considerare soddisfatto se almeno il 5% del fatturato, viene reinvestito per attività ambientali, sociali, culturali. Questo requisito non è applicabile alle organizzazioni senza scopo di lucro.

2) Distribuzione degli utili Una parte degli utili viene distribuita tra i dipendenti, collaboratori, soci cooperatori, ecc. Gli utili eventualmente distribuibili ai partecipanti all’attività della pratica (se consentito dalla natura del soggetto giuridico titolare della stessa), vengono ripartiti secondo criteri di base minimi relativi ai rapporti di lavoro regolarmente strutturati fra datore e dipendente, se esistenti, e per quote aggiuntive, soddisfatti i criteri di cui al precedente parametro 1). Il/i titolari, invece, ricevono una quota di distribuzione degli utili secondo il successivo criterio 3). Questo requisito non è applicabile alle organizzazioni senza scopo di lucro.

3) Rapporto fra minima e massima retribuzione Esiste una definizione del rapporto tra minima e massima retribuzione dei dipendenti, collaboratori, soci cooperatori, ecc. Sempre se consentito dalla natura del soggetto giuridico titolare dell’attività, il rapporto fra la retribuzione massima (inclusa la quota derivante dal dividendo di utili) e la minima adottate fra i soggetti coinvolti e attivi nella pratica non supera il valore 3,5. Tale rapporto è fissato in base ad alcune esperienze già in atto nelle quali si è dimostrato particolarmente efficace a mantenere armonia, benessere e contemporaneamente forte motivazione interna alle realtà che l’hanno applicata.