Età degli alberi, così il clima impatta sulle foreste

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Tempo di lettura: 3 minuti֎Un team di ricerca del Forest Modelling Lab del Cnr-Isafom ha svelato importanti informazioni sui fattori che influenzano la resilienza, produttività e stabilità dei boschi europei, concentrandosi in particolare sull’impatto […]

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A luglio i due giorni più roventi, verso anno da record

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(Adnkronos) – Luglio 2024 non è stato il più caldo di sempre, resta appena dietro allo stesso mese del 2023 e interrompe la striscia di 12 mesi consecutivi con temperature pari o superiori a 1.5°C, il limite indicato dagli Accordi di Parigi. Eppure l’anno in corso registra i due giorni più roventi e si avvia, con buona probabilità, a diventare il più caldo di sempre. Il bilancio arriva dal Servizio per il Cambiamento climatico di Copernicus (C3S), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea con finanziamenti dell’Ue.  Di seguito tutti i numeri: la maggior parte dei risultati riportati – precisa C3S – si basano sul set di dati di rianalisi Era5, utilizzando miliardi di misurazioni provenienti da satelliti, navi, aerei e stazioni meteorologiche in tutto il mondo.
Luglio 2024 è stato sia il secondo luglio più caldo che il secondo mese più caldo a livello globale, con una temperatura media dell’aria superficiale di 16,91°C, 0,68°C sopra la media di luglio 1991-2020 e solo di 0,04°C inferiore al precedente massimo fissato nel luglio 2023. Il dato di luglio segna la fine di un periodo di 13 mesi in cui ogni mese è stato il più caldo nel record di dati Era5 per il rispettivo mese dell’anno. Sebbene insolita, una serie di record mensili di temperatura globale di durata simile si è verificata in precedenza nel 2015/2016 durante l’ultimo forte evento di El Niño.  Anche se luglio 2024 non è stato in media caldo come il luglio 2023, la Terra ha vissuto i suoi due giorni più caldi nel record di dati Era5: la temperatura media globale giornaliera ha raggiunto i 17,16°C e i 17,15°C, il 22 e 23 luglio. “Data la piccola differenza, simile al livello di incertezza dei dati Era5, non possiamo dire con assoluta certezza quale dei due giorni sia stato il più caldo”, avverte C3S. Il mese di luglio 2024 è stato di 1.48°C al di sopra della media di luglio stimata per il periodo di riferimento preindustriale 1850-1900, segnando la fine di una serie di 12 mesi consecutivi con temperature pari o superiori a 1.5°C. Lo rende noto il Servizio per il Cambiamento climatico di Copernicus (C3S), precisando che i set di dati diversi dall’Era5 potrebbero non confermare la striscia di 12 mesi, a causa dei margini relativamente ridotti rispetto a 1.5°C delle temperature globali dell’Era5 per luglio e agosto 2023 e maggio e giugno 2024 e delle differenze tra i vari set di dati. La temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (agosto 2023 – luglio 2024) è di 0.76°C al di sopra della media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020 e di 1.64°C al di sopra della media preindustriale tra il 1850 e il 1900. L’anomalia della temperatura globale per l’anno in corso (gennaio-luglio) per il 2024 è di 0.70°C sopra la media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020, 0.27°C più calda rispetto allo stesso periodo del 2023. “L’anomalia media per i restanti mesi di quest’anno dovrebbe scendere di almeno 0.23°C perché il 2024 non sia più caldo del 2023. Questo è accaduto raramente nell’intero set di dati Era5, rendendo sempre più probabile che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato”, rimarca C3S. “La striscia di mesi da record si è conclusa, ma solo per un soffio. A livello globale, il mese di luglio 2024 è stato quasi caldo come luglio 2023, il mese più caldo mai registrato. Nel luglio 2024 si sono verificati i due giorni più caldi mai registrati. Il contesto generale non è cambiato: il nostro clima continua a riscaldarsi. Gli effetti devastanti del cambiamento climatico sono iniziati ben prima del 2023 e continueranno fino a quando le emissioni globali di gas serra non raggiungeranno lo zero netto”, sottolinea Samantha Burgess, vicedirettrice del Copernicus Climate Change Service (C3S). La temperatura media europea per luglio 2024 è stata di 1,49°C superiore alla media 1991-2020 di luglio, rendendo il mese il secondo luglio più caldo mai registrato in Europa dopo luglio 2010. In particolare, secondo l’analisi del Servizio per il Cambiamento climatico di Copernicus, le temperature europee sono state più alte della media nell’Europa meridionale e orientale, ma vicine o inferiori alla media nell’Europa nordoccidentale —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Ghiacciaio dei Forni, da metà luglio tasso elevato di fusione

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(Adnkronos) – Nuovo campanello d’allarme dal ghiacciaio dei Forni, il secondo più grande d’Italia situato nel cuore del Parco nazionale dello Stelvio, in Lombardia: da quasi un mese, ossia dalla seconda settimana di luglio ad oggi, con l’arrivo dell’anticiclone africano, il ghiacciaio dei Forni è in fusione giorno e notte con un elevato tasso di fusione che va dai 4 agli 8 cm al giorno di ghiaccio fuso a quota 2650 e 2600 m, con una perdita totale di spessore che nelle aree frontali si avvicina ai 2 metri.  A fare il punto è Carovana dei ghiacciai 2024, la campagna internazionale di Legambiente dedicata al monitoraggio dei giganti bianchi, in collaborazione con Cipra Italia e la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, con partner sostenitori Frosta, Sammontana, Fpz, partner tecnico Ephoto, media partner La Nuova Ecologia e L’Altra Montagna, che ha anticipato quest’anno la partenza della sua campagna, in programma dal 18 agosto al 9 settembre, con un’anteprima speciale proprio sul ghiacciaio dei Forni, insieme all’Università degli studi di Milano e nell’ambito di Puliamo il mondo (campagna storica di volontariato ambientale di Legambiente).  A pesare sulla capacità di resistenza del ghiacciaio dei Forni – spiega Legambiente – i forti contrasti meteorologici che hanno segnato questo 2024, con abbandonanti e tardive nevicate arrivate sulle Alpi, elevate temperature estive e temperature notturne, che in particolare sul ghiacciaio dei Forni, dalla seconda settimana di luglio non sono mai andate sotto lo zero. La fronte del ghiacciaio è, inoltre, ancor più ricoperta di detrito e black carbon, scura, con riflettività inferiore al 15%. È l’effetto del darkening, scurimento del ghiaccio a causa delle deposizioni atmosferiche e dei crolli in roccia. Inoltre, i sedimenti raccolti alla fronte del ghiacciaio dei Forni presentano tuttora elevate concentrazioni di piombo, probabilmente dovute alla grande quantità di detriti bellici presenti sul ghiacciaio. L’elevata fusione del ghiacciaio ha riportato alla luce, proprio a luglio, anche un ordigno inesploso risalente alla Prima Guerra Mondiale trovato alla base della stazione meteo Unimi Esp.  Oltre agli ordigni bellici e ad altri reperti, salendo in quota a volte ci si imbatte anche in rifiuti abbandonati di ‘ieri e oggi’, perlopiù macroplastiche legate a packaging alimentare come è emerso sia dalla giornata di Clean Up in quota realizzata da Carovana dei ghiacciai di Legambiente, nell’ambito di Puliamo il Mondo, in occasione dell’anteprima sul ghiacciaio dei Forni, sia dai monitoraggi dell’Università di Milano fatti ad agosto 2021 e nel 2022.  Più nel dettaglio, nel corso dell’attività di Clean up in quota, effettuata da Carovana dei ghiacciai e dai volontari che hanno partecipato all’iniziativa nell’ambito di Puliamo il Mondo lungo i due sentieri che portano al ghiacciaio dei Forni, sono stati trovati circa 150 rifiuti tra fazzoletti di carta, bottiglie di plastica, macroplastiche relative al packaging alimentare, sigarette, pezzi di attrezzatura tecnica, ma anche alcuni pezzi di ferro. Rifiuti, in sintesi, di ogni genere e tipo. Salendo più in alto, la fusione dei ghiacciai sta riportando alla luce anche ‘rifiuti di ieri e tracce del passato’ legate ai conflitti mondiali combattuti ad alta quota. Dagli ordigni bellici, come quello ritrovato a luglio, agli oggetti di uso quotidiano dei militari dell’epoca, come un pentolino.  “Con questa anteprima di Carovana dei ghiacciai 2024 pensata nell’ambito di Puliamo il Mondo – dichiarano Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, e Vanda Bonardo, responsabile della campagna Carovana dei ghiacciai di Legambiente e presidente di Cipra Italia – vogliamo anche sensibilizzare le persone sul tema dell’abbandono dei rifiuti in montagna, una cattiva abitudine che non risparmia neanche le Alpi e gli Appennini e le cime più alte del mondo, gli ottomila. In montagna bisogna camminare senza lasciare tracce alle proprie spalle, mantenendo comportamenti virtuosi, sostenibili e responsabili in ogni contesto, da quello montano a quello urbano, come ribadiamo ogni anno anche con Puliamo il Mondo la nostra campagna di volontariato ambientale coinvolgendo le persone in attività di pulizia. E questa volta partiamo proprio dalla montagna, con un’attività di clean up in quota, senza dimenticare che l’altro grande pericolo è rappresentato dalla crisi climatica che avanza come è emerso dai dati sul ghiacciaio dei Forni, e che racconteremo nell’edizione 2024 di Carovana dei ghiacciai in programma dal 18 agosto al 9 settembre con sei nuove tappe”.  —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Non c’è scampo, estati sempre più roventi

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֎L’indagine di Istat e Greenpeace. Bari, Napoli e Roma le più calde. A rischio soprattutto anziani e bambini. Dall’agosto 2019 allo stesso mese del 2023, è raddoppiato il numero di italiane e italiani esposti a temperature superficiali pari o sopra i quaranta gradi֎

Inondazioni in Asia del Sud, oltre 6 milioni di bambini a rischio

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Tempo di lettura: 3 minuti֎Dichiarazione di Sanjay Wijesekera, Direttore regionale Unicef per l’Asia Meridionale. Nepal, uccise almeno 109 persone, fra cui 35 bambini. Almeno 1.580 famiglie sono state colpite. Bangladesh, le vite di 6,1 […]

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Il caldo in Europa e Asia centrale uccide quasi 400 bambini l’anno

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Tempo di lettura: 3 minuti֎Nuovo studio dell'Unicef. Circa la metà dei bambini dell'Europa e dell'Asia centrale, ovvero 92 milioni di bambini, è già esposta a frequenti ondate di calore. Il rapporto rileva inoltre che […]

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Clima e incendi, come e dove si «alleano»

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Tempo di lettura: 2 minuti֎Uno studio internazionale che ha coinvolto l’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr mostra come il clima influenzi gli incendi boschivi e l'ampiezza delle aree bruciate, determinando la quantità di […]

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Più alberi per difenderci dal calore

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Tempo di lettura: 2 minuti֎Mancuso: Piantate alberi, ci salveranno da surriscaldamento. Lo scienziato elogia il Parco Appennino: I suoi «crediti» splendida idea֎

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Fare e disfare la realtà: Sicilia senz’acqua… ma non è una novità

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֎Il processo di desertificazione di certe zone della Sicilia va avanti ormai da trent’anni. «Gli invasi sono inadeguati, anche perché saturi di fanghiglia; la rete idrica è vetusta: il 50 per cento delle risorse si perde. Eppure non si interviene, se non con provvedimenti tampone». Manca la cultura della manutenzione֎

La Terra si degrada e le soluzioni restano lettera morta

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Tempo di lettura: 3 minutiLa Giornata per la lotta alla desertificazione ֎«Fino al 40% del territorio mondiale è già degradato, colpendo quasi la metà dell’umanità. Eppure le soluzioni sono sul tavolo. Il ripristino del […]

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Bari città con il miglior clima d’Italia, Milano ultima tra le grandi: pesano i fenomeni estremi

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(Adnkronos) – Il mare, il sole e il cielo terso: Bari è la città italiana con il clima migliore secondo il rapporto “Qualità della vita 2024” de Il Sole 24 Ore. La vivace “città di San Nicola” scalza Imperia e si classifica prima tra 107 città capoluogo nell’indice del clima stilato sulla base dei dati forniti da 3bmeteo 2010-2023.  La graduatoria analizza dieci parametri che misurano le più frequenti condizioni di bel tempo scelti ed elaborati dalla redazione della testata e validati dal team di esperti meteorologici di 3bmeteo. In generale emerge una grande rivincita del Mezzogiorno e della Puglia in particolare (Alessandro Brunello ci ha visto lungo!): dietro Bari e la ligure Imperia, si posiziona la provincia pugliese di Barletta-Andria-Trani e nella top ten rientra anche la città pugliese di Brindisi, in ottava posizione. Si conferma la tendenza delle regioni meridionali e costiere a offrire condizioni climatiche più miti.  Non è un caso se nella parte bassa della classifica troviamo Belluno, che con un punteggio di 398,1 si colloca all’ultimo posto, caratterizzata da giorni freddi e nebbia persistente. Anche Lecco e Verbano-Cusio-Ossola, con il cielo spesso uggioso, evidenziano la differenza climatica tra il Nord e il Sud della penisola. Per la prima volta, una regione del Mezzogiorno conquista il primo posto nell’indice sintetico tematico della Qualità della vita, scalzando Imperia, che ora si trova al secondo posto. La città ligure aveva detenuto la leadership nelle precedenti edizioni: la prima, pubblicata nel 2019 con dati dal 2008 al 2018, e la seconda nel 2022 con dati dal 2011 al 2021.
Il capoluogo pugliese, insieme a sei altre città del Sud, domina la top ten del benessere climatico. Ecco le prime dieci posizioni: 1. Bari 2. Imperia 3. Barletta-Andria-Trani 4. Catania 5. Pescara 6. Livorno (unica città del Centro Italia nella top ten) 7. Chieti 8. Brindisi 9. Agrigento 10. Cagliari La classifica della “Qualità della vita – Indice clima” premia principalmente le aree costiere e alcune città di alta quota, come Aosta ed Enna, che beneficiano di una migliore circolazione dell’aria rispetto alle aree interne. Queste località vantano più ore di sole, un indice di calore medio-basso mitigato dalle brezze estive, e pochi eventi climatici estremi. Il parametro delle precipitazioni favorisce le località con meno giornate piovose all’anno, penalizzando però quelle più soggette a siccità. Si vive meglio dove piove meno, a patto che la ridotta piovosità non porti a carenze idriche significative.
Attenzione però: clima migliore non significa migliori condizioni ambientali. Sul lato opposto della classifica troviamo Belluno che si piazza all’ultimo posto a causa di diversi fattori climatici: • Ore di sole: Belluno registra appena 6,7 ore di sole al giorno, contro una media nazionale di 7,8; • Giornate fredde: in media, 23,6 giornate all’anno con temperature massime percepite inferiori a 3°C; • Umidità relativa: Belluno è penultima per l’elevata umidità relativa, con 255 giorni l’anno che risultano troppo secchi d’estate (meno del 30%) o troppo umidi d’inverno (oltre il 70%); • Giornate piovose: la città conta 118 giorni piovosi all’anno con almeno 2 millimetri di precipitazioni cumulate, superata solo da Lecco, che ne conta 122. A seguire in quella che gli appassionati di calcio chiamerebbero la “parte destra” della classifica, troviamo: – Lecco: Prima per numero di giornate piovose, con una media di 122 giorni all’anno. – Rovigo: Il territorio con il maggior numero di giornate di nebbia, oltre 57 all’anno; – Verbania: Ultima per frequenza di precipitazioni estreme, con 90 giorni di pioggia intensa nel decennio; – Varese: Penultima per “bombe d’acqua”, con 76 episodi nel decennio; – Como: Terzultima per “bombe d’acqua”, con 74 episodi nel decennio; – Alessandria: 106ª nella classifica generale; – Pavia: 105ª nella classifica generale; – Cremona: 104ª nella classifica generale; – Piacenza: 102ª nella classifica generale; – Lodi: 101ª nella classifica generale; – Asti: 100ª nella classifica generale; – Ferrara: 99ª nella classifica generale.
Tra le grandi città italiane, Cagliari si distingue in positivo, conquistando il 10° posto nella top ten del benessere climatico, mente Milano si piazza all’ultimo posto, l’86° nella classifica generale. Roma si piazza al 25° posto, seguita da Napoli al 26°, Venezia al 32°, e Genova al 43°. Milano, invece, è ultima tra le grandi città, occupando l’86° posto. Ma al di là di queste classifiche, c’è un tema più grande e più grave che merita la nostra attenzione: l’impatto del cambiamento climatico. L’Italia, con la sua ricca biodiversità e la sua economia fortemente legata al turismo e all’agricoltura, si trova in una posizione vulnerabile. Gli effetti del cambiamento climatico sono già visibili e tangibili: dall’innalzamento del livello del mare che minaccia le nostre coste, alle ondate di calore più intense e prolungate che mettono a rischio la salute pubblica. Il rapporto dell’Ipcc sottolinea che l’Europa, e l’Italia in particolare, sta affrontando rischi significativi a causa del cambiamento climatico. Caldo estremo, siccità, vulnerabilità delle coste e del comparto turistico sono solo alcuni degli aspetti che richiedono una risposta immediata e decisa. La riduzione delle emissioni di gas serra, l’adattamento delle città e delle infrastrutture, e la promozione di una maggiore consapevolezza ambientale sono passi essenziali per mitigare questi rischi. L’impatto del cambiamento climatico è avvertito anche dalle aziende lungo la penisola. Nell’Osservatorio Retail Sostenibile di SumUp tre commercianti su dieci hanno testimoniato di aver subito già danni al proprio business a causa del climate change, mentre il 42,6% ha detto di aver perso clienti per il caldo eccessivo che nei mesi più caldi diventa intollerabile e disincentiva le persone ad uscire e consumare. La maggioranza dei commercianti italiani è consapevole di come il climate change stia influenzando o finirà per condizionare il proprio business: per il 29,4%, l’aumento delle temperature ha già danneggiato l’attività commerciale; mentre il 24,1% è convinto che il surriscaldamento avrà ripercussioni in futuro. Non solo gli imprenditori. Anche a causa dei sempre più frequenti fenomeni climatici estremi, anche i cittadini/consumatori europei percepiscono l’urgenza della questione ambientale. Gli italiani sono tra i primi ad avvertire questa esigenza nei Paesi Ue. La ricerca condotta da Pro Carton individua il cambiamento climatico tra le preoccupazioni percepite più urgenti dai consumatori europei, insieme all’inflazione e ai conflitti. Per gli italiani sono ugualmente prioritari il costo della vita (84%) e la guerra (83%) seguiti dall’inflazione (75%). Solo dopo, preoccupano la pandemia (45%), il razzismo (22%) e la deforestazione (21%). Le guerre in Medio Oriente e in Ucraina costituiscono, invece, il tema più sensibile per i tedeschi. Il 74% degli europei pensa che non si stia facendo abbastanza per ridurre gli effetti del cambiamento climatico. L’opinione è condivisa anche dalla Bce che è pronta a sanzionare quattro istituti bancari europei a causa del loro insufficiente impegno nel contrasto al climate change. I cittadini di Italia, Regno Unito, Francia, Germania e Spagna concordano sul fatto che si possa fare di più, anche se i cittadini dell’Europa meridionale, gli spagnoli e gli italiani, sono i più sensibili al tema e pensano che servano azioni più incisive. Sul punto lasciano alcune perplessità le recenti modifiche alla Pac, ritenute necessarie per non gravare troppo sugli agricoltori, che segnano un allentamento dell’Ue verso le misure green. In Italia, il riciclo rimane l’azione considerata come più efficace, lo pensa il 74% degli italiani, seguita al secondo posto dall’uso di materiali più naturali e rinnovabili (il 65%) e al terzo dalla piantumazione di nuovi alberi (il 62%). Intanto i cittadini di Bari e più in generale del Sud Italia si godono il clima migliore della penisola, sperando che il bel sole di oggi non diventi un deserto domani. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Fare e disfare la realtà: e ancora iceberg

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Un enorme iceberg si è staccato dalla piattaforma continentale dell’Antartide, nel mare di Weddell, nella zona dove si arenò nel 1916 la spedizione Endurance dell’esploratore britannico Ernest Shackleton.

Al Gore: «Stiamo vincendo la guerra del clima»

Tempo di lettura: 4 minuti֎«La domanda da farsi è se vinceremo in tempo per evitare alcuni dei punti di svolta negativi per l’equilibrio climatico della Terra che potrebbero creare sfide ancora più grandi per […]

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Surriscaldamento climatico, il Venezuela è il primo Paese ad aver perso tutti i suoi ghiacciai

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(Adnkronos) – Il Venezuela è il primo Paese al mondo ad aver perso tutti i suoi ghiacciai. Anche l’ultimo che era rimasto nel territorio, il ghiacciaio Humboldt, è caduto vittima del cambiamento climatico: per gli scienziati adesso è classificato come “campo di ghiaccio” (“ice field”) o “nevaio”, a seguito di un significativo restringimento.

Studio: 150mila morti all’anno nel mondo per ondate di calore

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(Adnkronos) – Tra il 1990 e il 2019 più di 150mila decessi, ogni anno, in tutto il mondo sono stati associati alle ondate di calore. Lo rivela uno studio pubblicato su Plos Medicine da Yuming Guo della Monash University, Australia, e dal suo team.

Clima, oltre 200 milioni di anziani a rischio

Tempo di lettura: 2 minuti֎Entro il 2050, si prevede che oltre 200 milioni di anziani in più in tutto il mondo dovranno affrontare una pericolosa esposizione al calore rispetto ad oggi. I risultati della […]

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Caldo killer, Lancet: “Europa responsabile del cambiamento climatico”

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(Adnkronos) – Le temperature in Europa si stanno riscaldando a un ritmo doppio rispetto alla media globale, minacciando la salute delle popolazioni di tutto il continente e portando a inutili perdite di vite umane. A diramare l’allarme è il Lancet Countdown in Europe, istituito nel 2021, valuta le conseguenze sanitarie e occupazionali dei cambiamenti climatici per stimolare azioni politiche e sociali in direzione opposta.

Clima, quasi 1 milione di persone in Africa colpite dalle piogge

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Tempo di lettura: 4 minuti֎In Kenya, Burundi, Tanzania e Somalia danni senza precedenti. Le inondazioni hanno causato un'altra epidemia di colera, con 48 casi segnalati. In Somalia, oltre 160.000 persone sono state colpite dalle […]

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Erosione costiera, le regioni italiane a rischio

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(Adnkronos) – La particolare morfologia della penisola italiana presenta oltre 8 mila chilometri di coste e litorali. Una caratteristica che espone il nostro Paese ai rischi legati al fenomeno dell’erosione costiera dovuta al progressivo innalzamento del livello del mare. Innalzamento che risulta strettamente connesso al cambiamento climatico in atto e ad alcune delle sue manifestazioni più evidenti, quali il repentino scioglimento delle calotte glaciali dei Poli, la fusione dei ghiacciai di montagna e l’espansione delle acque oceaniche dovuto all’aumento delle temperature. Se il fenomeno dell’erosione costiera riguarda tutto il Pianeta, lo scenario in Italia appare particolarmente delicato, in quanto l’innalzamento del livello dei nostri mari è di circa 2-3 millimetri all’anno. Detta così potrebbe sembrare poca cosa, invece la situazione mette a forte rischio parte di coste e litorali italiani. I principali effetti collaterali legati alla crescita del livello del mare sono l’erosione costiera, l’intrusione di acque saline nella falda acquifera interna e il rischio di inondazioni nei territori lungo i litorali.  Un recente studio del Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), ha evidenziato le aree costiere italiane dove l’impatto dell’erosione rischia di essere maggiore. Le regioni che risulterebbero a rischio elevato sono la Puglia, dove l’innalzamento del mare attualmente è di 3,5 millimetri all’anno, contro un media delle coste adriatiche di 2,6 mm. Tra le altre regioni particolarmente a rischio erosione costiera c’è il Veneto, con specifico riferimento a Venezia e alla laguna, dove l’introduzione del Mose non è sufficiente, non solo per la pianificazione e i costi elevati della sua movimentazione, ma anche perché un’eccessiva chiusura della barriera causerebbe un problema di qualità delle acque interne. Puglia e Veneto, dunque, a rischio di finire sott’acqua, ma anche Campania e Calabria risultano soggette a una decisa erosione costiera specie a causa dello scarso apporto di sedimenti dai fiumi, oltre all’eccessiva cementificazione delle coste. Anche la costa Nord della Toscana, compresa tra le province di Massa, Lucca e Livorno, è sotto osservazione per la subsidenza ovvero il progressivo sprofondamento dei fondali marini sotto il peso dei sedimenti e per l’erosione costiera. Le conseguenze dell’innalzamento del livello del mare si stima possano costare all’UE qualcosa come 872 miliardi di euro entro la fine del secolo. Dunque, risulta evidente la necessità di una pianificazione mirata per cercare di arginare una situazione che rischia di causare gravi danni al territorio, alle attività e alle infrastrutture lungo una buona parte delle coste italiane e, più in generale, del Continente. Tra le possibili soluzioni per contrastare il fenomeno, sul lungo periodo si deve ridurre la concentrazione degli inquinanti, in particolare di 4 elementi specifici segnalati da diversi studi scientifici. Il tasso di innalzamento del livello del mare, infatti, potrebbe essere ridotto del 50% con l’abbattimento di emissioni di metano, ozono troposferico, idrofluorocarburi e fuliggine. Si tratta degli inquinanti cosiddetti di breve durata in quanto resistono in atmosfera solo per un tempo relativamente breve e variabile da pochi giorni ad un decennio. Si pensi che la CO2 resiste in atmosfera anche per oltre un secolo. Oltre alle soluzioni globali di abbattimento degli inquinanti, vi sono interventi applicabili nel breve periodo, ad esempio, per limitare i danni delle mareggiate quali l’installazione di dune sabbiose lungo le coste o la ricostruzione di praterie di posidonia in mare, un vegetale che agisce come un polmone marino essendo in grado di assorbire grandi quantità di anidride carbonica e rilasciare ossigeno, per contrastare la progressiva acidificazione dell’acqua del mare. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Cambiamento climatico, presto saremo costretti a bere caffè sintetico

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(Adnkronos) – A rischio la metà delle colture entro il 2050: largo al caffè prodotto in laboratorio  Per molti “la vita inizia dopo il caffè”. A breve, potrà iniziare dopo una bella tazza di caffè sintetico, caffè prodotto in laboratorio.