Il Mediterraneo è a rischio soffocamento: ecco cause e conseguenze

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(Adnkronos) – L’area del Mediterraneo è sempre più a rischio per l’aumento delle emissioni di CO2 e metano. Questo è quanto è emerso dal Report dell’Osservatorio Climatico Enea “Madonie – Piano Battaglia” che dal 2005 effettua costanti misure della concentrazione dei gas nel mare.

Transizione energetica e clima, le strategie per il Sud del mondo

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(Adnkronos) – Il cambiamento climatico è una delle sfide più urgenti e complesse che il mondo affronta oggi.

Clima, i coralli tropicali si difendono così

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Tempo di lettura: 3 minuti ֎Studi condotti dal Consiglio nazionale delle ricerche su esemplari di coralli tropicali hanno permesso di comprendere i meccanismi di calcificazione di questi preziosi organismi, e acquisire informazioni cruciali sulla risposta […]

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Grande vulnerabilità delle calotte glaciali della Patagonia

Tempo di lettura: 2 minuti ֎L’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) ha partecipato ad uno studio, rivelando nuovi indizi sulla grande vulnerabilità delle calotte glaciali della Patagonia. Lo studio pubblicato su «Communications […]

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Cambiamento climatico, sempre meno neve sulle piste da sci

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(Adnkronos) – Se è vero che nelle ultime settimane le nostre Alpi sono state sommerse di neve con accumuli in alcune località anche di oltre un metro, in realtà lo scenario degli inverni recenti, complice il cambiamento climatico, è all’insegna delle scarse precipitazioni nevose, per non dire quasi assenti in alcune aree del Paese. A tale proposito, secondo i dati del report Nevediversa 2024 di Legambiente, sono 177 gli impianti chiusi temporaneamente, 39 in più del report precedente, dei quali 92 sulle Alpi e 85 sugli Appennini. Per non parlare delle strutture del tutto dismesse il cui totale è salito a 260. Per contrastare il fatto che sulle piste si trova sempre meno neve, le stazioni sciistiche ricorrono spesso all’innevamento artificiale, che però alla lunga è una pratica poco sostenibile in quanto implica ingenti consumi idrici, di energia e di suolo per la realizzazione dei bacini di innevamento. Oltretutto, per tale tipologia di innevamento serve comunque una base di neve fresca e temperature prossime a zero gradi. Peccato che invece in montagna faccia sempre più caldo. Ad esempio, Arpa Piemonte nell’ultimo inverno ha registrato le temperature più elevate degli ultimi decenni, con una media superiore di circa 3°C rispetto al periodo 1990-2020.  Recentemente un team di ricercatori dell’Università di Bayreuth in Germania ha analizzato l’impatto del cambiamento climatico sull’innevamento di 7 diverse aree sciistiche del mondo: Alpi europee, Ande, Monti Appalachi lungo la costa atlantica dell’America Settentrionale, Alpi australiane, Alpi giapponesi, Monti della Nuova Zelanda, Montagne Rocciose tra Canada e USA. Dallo studio emerge un dato su tutti: entro mezzo secolo un impianto sciistico su 8 resterà del tutto senza neve. Un indicatore preoccupante visto che tra le aree oggetto dello studio il 69% si trova sulle Alpi europee. A partire dai dati sulle emissioni di carbonio previste sulla base di tre diversi scenari (alte, medie o basse), lo studio ha stimato i giorni di precipitazioni nevose annuali per ogni zona territoriale per diversi periodi di tempo: fino all’anno 2040, dal 2041 al 2070, dal 2071 al 2100. Le stime elaborate sono tutt’altro che rassicuranti: ad esempio, considerando lo scenario ad elevate emissioni, entro il 2071-2100 il 13% delle aree sciistiche sarà completamente privo di neve
naturale, il 20% vedrà dimezzati i giorni di precipitazioni nevose. Entrando nel dettaglio delle singole aree oggetto di studio, le Alpi australiane rischiano di vedere ridotte le nevicate fino al 78%, le Alpi europee fino al 42%. La perdita più contenuta interesserebbe invece le Montagne Rocciose con “solo” il 23% in meno di giorni di innevamento. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Acqua, disponibilità ridotta del 18% nel 2023

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(Adnkronos) – La disponibilità di acqua nell’anno 2023 conferma il trend negativo registrato da diversi anni in Italia anche se può considerarsi un anno in ripresa rispetto al 2022. Nel nostro Paese la disponibilità di risorsa idrica per l’anno 2023 è stimata in 112,4 miliardi di metri cubi, a fronte di un valore di precipitazione totale di 279,1 miliardi di metri cubi.

È quanto emerge dalle stime del Bigbang (il modello idrologico nazionale realizzato dall’Ispra) che fornisce, a partire da dati idrologici dal 1951 in poi, il quadro quantitativo sulla risorsa idrica, inclusi i deficit, gli eccessi di precipitazione e i trend delle grandezze idrologiche. Nel corso del 2023 – rileva Ispra – si è comunque manifestata una certa ripresa rispetto al 2022, anno in cui la disponibilità di risorsa idrica ha raggiunto 67 miliardi di metri cubi, il minimo storico dal 1951 e corrispondente a circa il 50% della disponibilità annua media (137,8 miliardi di metri cubi), calcolata sul periodo 1951–2023. Il 2023 ha fatto registrare una riduzione a livello nazionale di circa il 18% della disponibilità rispetto alla media annua dello stesso lungo periodo 1951–2023, risultato dell’effetto combinato di un deficit di precipitazioni, specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno.
A rendere meno severa nel 2023 la diminuzione della disponibilità di risorsa idrica, ha contribuito l’elevato volume di precipitazioni che si è riversato nel mese di maggio, stimato in circa 49 miliardi di metri cubi, che è stato, a livello nazionale, più del doppio di quello che mediamente caratterizza lo stesso mese, stimato in circa 23 miliardi di metri cubi sul lungo periodo 1951–2023. In questo mese in Emilia-Romagna, in Sicilia e in minor parte in Calabria, si sono registrati localmente valori cumulati di pioggia addirittura superiori di oltre sei volte le medie del periodo. In particolare, queste piogge intense e concentrate nella prima metà del mese, sono state la causa dei tragici eventi alluvionali in Emilia-Romagna.

Su scala temporale annuale gli studi effettuati dall’Ispra da tempo evidenziano «un aumento della frequenza di accadimento di condizioni di siccità estrema e della percentuale del territorio italiano soggetto a tali condizioni». In linea generale, «la siccità ha continuato a caratterizzare tutto il 2023 con condizioni di siccità estrema e severa nei primi mesi dell’anno sui territori del nord e centro Italia, già colpiti dalla grave siccità del 2022, tuttavia tali condizioni si sono andate attenuando nel corso dell’anno. Negli ultimi tre mesi dell’anno, che generalmente risultano i più piovosi, si è registrato – in particolare in Sicilia e in parte della Calabria ionica – un consistente deficit di precipitazione. Tale deficit ha determinato una situazione di siccità estrema con effetti che si protraggono ancora nei primi mesi del 2024, ulteriormente aggravati dalle scarse precipitazioni occorse in tali mesi».  —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Dal caldo estremo alle inondazioni, Europa “impreparata”

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(Adnkronos) – In Europa i rischi climatici minacciano la sicurezza energetica e alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche, la stabilità economica e la salute dei cittadini. In base alla valutazione dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), pubblicata oggi, molti di tali rischi hanno già raggiunto livelli critici, che potrebbero diventare catastrofici in assenza di interventi urgenti e decisivi.  Secondo i risultati della prima European Climate Risk Assessment (Eucra) (valutazione europea dei rischi climatici), “in Europa le politiche e gli interventi di adattamento non tengono il ritmo con la rapida evoluzione dei suddetti rischi. In molti casi, un adattamento incrementale non sarà sufficiente. Inoltre, poiché numerose misure volte a migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici richiedono molto tempo, possono essere necessari interventi urgenti anche per rischi non ancora critici”.  Alcune regioni d’Europa, poi, sono aree in cui si concentrano rischi climatici multipli. In particolare, “l’Europa meridionale è particolarmente a rischio a causa degli incendi boschivi nonché degli effetti delle ondate di calore e della scarsità di acqua sulla produzione agricola, sul lavoro all’aria aperta e sulla salute umana. Le inondazioni, l’erosione e l’infiltrazione di acqua salata minacciano le regioni costiere europee a bassa quota, comprese molte città densamente popolate”.  “Dalla nostra ultima analisi – dice Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’Aea – si evince che l’Europa si trova di fronte a rischi climatici urgenti che si acuiscono più rapidamente di quanto le nostre società riescano a prepararsi. Per garantirne la resilienza, i responsabili politici europei e nazionali devono agire immediatamente con interventi volti a limitare i rischi climatici, sia mediante una rapida riduzione delle emissioni sia con l’attuazione di politiche e di interventi di adattamento forti”.  La valutazione dell’Aea individua in Europa 36 principali rischi climatici nell’ambito di cinque grandi gruppi: ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza. “Sono già necessari interventi più incisivi per oltre la metà dei principali rischi climatici individuati dalla relazione – avverte l’Agenzia – di cui otto da attuare con particolare urgenza, principalmente per preservare gli ecosistemi, limitare l’esposizione umana al calore, proteggere la popolazione e le infrastrutture da inondazioni e incendi boschivi e garantire la sostenibilità dei meccanismi di solidarietà europei, come il Fondo di solidarietà dell’Ue”.  Quasi tutti i rischi nel gruppo ecosistemico richiedono “interventi urgenti o più incisivi; di questi, i rischi per gli ecosistemi marini e costieri sono valutati come particolarmente gravi”. Come ricorda la relazione dell’Aea, “poiché gli ecosistemi rendono molteplici servizi alle popolazioni, questi rischi hanno un elevato potenziale di ricaduta su altri settori, tra cui quelli della produzione alimentare, della salute, delle infrastrutture e dell’economia”. I rischi posti dal caldo eccessivo e dalla siccità alla produzione agricola “sono già a un livello critico nell’Europa meridionale, ma interessano anche i paesi dell’Europa centrale”. Sul fronte della salute, “il calore è il fattore di rischio climatico più grave per la salute umana e quello che richiede gli interventi più urgenti”. Quanto alle infrastrutture, “eventi meteorologici estremi più frequenti aumentano i rischi per l’ambiente urbano e i servizi critici in Europa, tra cui l’energia, l’acqua e i trasporti”. Numerosi rischi climatici interessano, poi, anche l’economia e il sistema finanziario europei. In conclusione, secondo l’Agenzia, “l’Ue e i relativi Stati membri hanno compiuto notevoli progressi nella comprensione dei rischi climatici e nella preparazione ad affrontare tali rischi. Tuttavia, la preparazione della società in generale è resa insufficiente dal ritardo nell’attuazione delle politiche rispetto al rapido aumento dei livelli di rischio”. La valutazione dell’Aea sottolinea che, “per affrontare e limitare i rischi climatici in Europa, l’Ue e gli Stati membri devono collaborare coinvolgendo anche i livelli regionali e locali laddove si rivelino necessari interventi urgenti e coordinati”.  —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Clima, le aree marine protette si difendono meglio

Tempo di lettura: 2 minuti ֎Più difesa la fauna ittica dalle ondate di calore, nel Mediterraneo dove il tasso di riscaldamento è triplo rispetto agli oceani. Il lavoro coordinato dall’Università di Pisa֎

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Ciro, il database delle regioni sul clima

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֎Sulla pagina interattiva di Ciro è possibile cliccare sugli otto temi in tabella e scoprire quali sono le regioni italiane sotto o sopra la media nazionale in quel determinato argomento, allo stesso modo si può cliccare sulla propria regione per saperne di più֎

Stiamo perdendo la memoria dei ghiacciai

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Tempo di lettura: 2 minuti Particolarmente danneggiati i ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard ֎Lo scioglimento causato dal riscaldamento globale sta deteriorando rapidamente il segnale climatico contenuto nei ghiacciai delle isole Svalbard. Questo è quanto scoperto da […]

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Il riscaldamento globale destabilizza le calotte polari

Tempo di lettura: 2 minuti ֎ Lo studio internazionale è stato pubblicato sulla rivista «Nature Reviews Earth and Environment», allo studio partecipa anche l’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, Ogs ֎

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Clima 2024, anno inizia con un nuovo record: gennaio più caldo

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(Adnkronos) – Il mese di gennaio 2024 è stato il gennaio più caldo mai registrato a livello globale, con una temperatura media dell’aria superficiale di 13.14°C, 0.70°C al di sopra della media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020 per il mese di gennaio e 0.12°C al di sopra della temperatura del precedente gennaio più caldo, quello del 2020. E’ quanto rileva il Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus (Copernicus Climate Change Service – C3S) implementato dal centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea con il finanziamento dell’Ue. Tutti i risultati riportati sono basati su analisi generate al computer e secondo il set di dati della rianalisi Era5, che utilizza miliardi di misurazioni provenienti da satelliti, navi, aerei e stazioni meteorologiche di tutto il mondo.  Si tratta – spiega C3S – dell’ottavo mese di fila più caldo mai registrato per il rispettivo mese dell’anno. L’anomalia della temperatura globale per gennaio 2024 è stata inferiore a quella degli ultimi sei mesi del 2023, ma superiore a qualsiasi altro prima di luglio. Il mese è stato più caldo di 1.66°C rispetto alla stima della media di gennaio per il periodo compreso tra il 1850 e il 1900, il periodo di riferimento preindustriale.
La temperatura media globale degli ultimi dodici mesi (febbraio 2023 – gennaio 2024) è la più alta mai registrata, con 0.64°C al di sopra della media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020 e 1.52°C al di sopra della media preindustriale tra il 1850 e il 1900.  Nel gennaio 2024, le temperature europee sono variate da molto al di sotto della media in riferimento al periodo compreso tra il 1991 e il 2020 nei Paesi nordici a molto al di sopra della media nel sud del continente. Al di fuori dell’Europa, le temperature sono state nettamente superiori alla media nel Canada orientale, nell’Africa nord-occidentale, nel Medio Oriente e nell’Asia centrale, e inferiori alla media nel Canada occidentale, negli Stati Uniti centrali e nella maggior parte della Siberia orientale. “Il 2024 inizia con un altro mese da record: non solo è il gennaio più caldo mai registrato, ma abbiamo anche appena vissuto un periodo di 12 mesi con un aumento di oltre 1.5°C rispetto al periodo di riferimento preindustriale. Una rapida riduzione delle emissioni di gas a effetto serra è l’unico modo per fermare l’aumento delle temperature globali”, rimarca Samantha Burgess, vicedirettore del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus.  —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Ridurre le emissioni del 90%, ecco la nuova sfida europea per il 2040

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(Adnkronos) – La Commissione europea ha diffuso una valutazione d’impatto dettagliata che delinea i potenziali percorsi per raggiungere l’obiettivo di rendere l’Unione Europea climaticamente neutra entro il 2050, come previsto dalla legge europea sul clima. Basandosi su questa valutazione, la Commissione ha formulato una raccomandazione chiara: una riduzione netta delle emissioni di gas a effetto serra del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990 (l’obiettivo intermedio della Legge sul clima è di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, ndr).  L’accelerazione senza precedenti delle perturbazioni climatiche nel 2023 ha evidenziato l’urgenza di agire rapidamente per contrastare il cambiamento climatico. Con un riscaldamento globale che ha raggiunto 1.48ºC al di sopra dei livelli preindustriali e una temperatura media dell’aria superficiale in Europa superiore di oltre 2.2ºC rispetto all’era preindustriale, gli effetti dei cambiamenti climatici sono già evidenti e potenzialmente devastanti e diventa fondamentale avviare una discussione ampia e inclusiva con tutte le parti interessate per garantire un impegno condiviso e una cooperazione efficace. L’Unione Europea stabilisce una serie di condizioni politiche favorevoli che sono considerate indispensabili per raggiungere l’ambizioso obiettivo del 90% di riduzione delle emissioni entro il 2040. Queste condizioni rappresentano un insieme di linee guida e azioni concrete volte a garantire un percorso di transizione efficace verso un’economia a basse emissioni di carbonio e una società più sostenibile. Le principali sono: La proposta della Commissione sarà discussa nel Consiglio Ambiente del prossimo 25 marzo, in preparazione del Vertice dei 27 Capi di Stato e di governo del 27-28 giugno dove si adotterà l’Agenda Strategica Europea 2024-2029, che fissa le priorità del nuovo ciclo istituzionale che inizierà dopo le prossime elezioni di giugno, e dovrà avere l’azione climatica come architrave del nuovo Green Deal Europeo.   Il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Maroš Šefčovič, ha sottolineato l’importanza di un passo significativo verso la neutralità climatica entro il 2050. Dopo un’attenta valutazione, la Commissione raccomanda una riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990, mantenendo così il percorso concordato dai leader dell’UE per la transizione climatica. Questa raccomandazione è considerata cruciale nel dibattito sul futuro della transizione verde europea, poiché si cerca di bilanciare la decarbonizzazione dell’economia con la competitività globale e la creazione di posti di lavoro stabili ed equi. Šefčovič ha enfatizzato che la leadership industriale dell’Europa e una transizione verde socialmente giusta e inclusiva sono imperativi fondamentali. La raccomandazione del 90% è supportata dal parere scientifico e basata su un’approfondita valutazione d’impatto. La comunicazione dell’UE identifica le condizioni necessarie per raggiungere questo obiettivo, che includono la piena attuazione del quadro 2030 per il clima e l’energia, un uso più efficiente dei finanziamenti pubblici per sostenere le tecnologie pulite emergenti, lo sviluppo delle filiere delle materie prime, prezzi energetici accessibili e lo sviluppo delle infrastrutture necessarie. Inoltre, la Commissione si impegna a rafforzare la fiducia e il sostegno del pubblico nella transizione verde, riconoscendo le legittime preoccupazioni sui costi e impegnandosi a sostenere industria e cittadini attraverso misure politiche, normative e strumenti di finanziamento. La Commissione sta conducendo dialoghi con settori chiave, come l’industria dell’idrogeno, per garantire un’implementazione efficace del quadro concordato per il 2030. Questi sforzi e il coinvolgimento degli stakeholder aiuteranno la prossima Commissione a preparare proposte legislative per il quadro politico oltre il 2030 e a raggiungere l’obiettivo del 2040 in modo equo ed efficiente in termini di costi, una volta concordato dagli Stati membri e dal nuovo Parlamento europeo. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Impatti devastanti dai cambiamenti climatici

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Tempo di lettura: 2 minuti ֎Il Rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale. I finanziamenti pubblici e privati ​​per il clima sono quasi raddoppiati tra il 2011 e il 2020. Tuttavia, sottolinea il Rapporto, dovranno necessariamente aumentare almeno […]

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Coste, potremmo perdere un territorio quanto la Svizzera

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Tempo di lettura: 3 minuti Al rialzo le stime sull’aumento del livello marino entro la fine del secolo ֎Nuovi dati sulla subsidenza delle coste del Mediterraneo, valutati sulla base di una serie di sensori dell'Ingv, […]

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Cop28, quale allegria?

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֎A Dubai siamo passati dall’«eliminazione graduale» ad «una transizione dai combustibili fossili» entro il 2050. Ma se era urgente, dato che non si capisce a che distanza siamo dal punto di non ritorno del clima terrestre, come arriverà il Pianeta nel 2050?֎

Clima, i ghiacciai dell’Himalaya si difendono

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Tempo di lettura: 3 minuti ֎Un team di ricerca internazionale guidato dall’Istituto di scienze polari e dall’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr ha scoperto un fenomeno sorprendente: l'aumento delle temperature globali ha portato i […]

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Alla conquista del bacino del Congo

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Tempo di lettura: 8 minuti ֎Un fronte di forti prelievi di petrolio avanza, con danni incalcolabili sia per la biodiversità e come minaccia diretta verso specie già in estinzione; sia per la salute delle popolazioni […]

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«Incendi fantasma» e clima

Tempo di lettura: 2 minuti ֎I fuochi che si sviluppano spontaneamente nelle torbiere consumano i più grandi serbatoi di gas serra della superficie terrestre. Un team coordinato dall’Università di Firenze ha individuato gli indicatori geochimici […]

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Novembre caldo, effetti sulla salute

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Tempo di lettura: 2 minuti ֎Temperature record negli oceani. Sima: con caldo aumenta rischio di malattie per l’uomo trasmesse attraverso acqua, cibo, insetti e parassiti. Equilibrio dell’ecosistema alterato֎

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