I ricercatori dell’Ingv in Islanda

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Principale scopo della missione è quello di misurare il flusso di fluoro emesso dal vulcano. La manifestazione degli ultimi giorni non è l’unico segno di attività della zona, di per sé fortemente vivace; altre manifestazioni si sono ripetute nel tempo e hanno coinvolto dieci anni fa il vulcano Hekla e sei anni fa Grímsvötn

Anche i nostri ricercatori dell’Ingv sono in Islanda a monitorare il vulcano Eyjafjallajökull, vulcano che negli ultimi giorni sta causando non pochi problemi agli abitanti del posto e non solo.

Il vulcano in questione, dopo una inattività di quasi 200 anni, ha eruttato, richiamando l’interesse di ricercatori provenienti da zone diverse. Attività di così grande entità danno, infatti, la possibilità di seguire eventi eccezionali nel mentre accadono e pertanto sono fonte di studio e di ricerca con conseguente lettura di risultati di valore.

Proprio a seguito di queste premesse, i ricercatori dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) si sono recati prontamente sul sito dell’eruzione per sostenere i colleghi islandesi dell’Università di Reykjavik e monitorare insieme l’eccezionale attività eruttiva. Ma la manifestazione degli ultimi giorni non è l’unico segno di attività della zona, di per sé fortemente vivace sotto questo aspetto; altre manifestazioni si sono ripetute nel tempo e hanno coinvolto dieci anni fa il vulcano Hekla e sei anni fa Grímsvötn. Tecniche di monitoraggio si sono già studiate e applicate precedentemente e hanno soprattutto visto l’approfondimento di tematiche come il monitoraggio dei gas da remoto.
Questo tipo di approccio è molto utile per studiare l’attività vulcanica esplosiva perché il pericolo ad esso connesso è fortemente contenuto: le misure dei gas, infatti, vengono effettuate ad una distanza di alcune centinaia di metri dalle bocche eruttive.

Ma in cosa consiste principalmente l’attività dei nostri ricercatori in Islanda?

Uno dei principali scopi della missione dell’Ingv è quello di misurare il flusso di fluoro emesso dal vulcano. È, infatti, proprio il fluoro a causare i problemi maggiori all’agricoltura del paese, e rilevare, dunque, la sua presenza nei gas vulcanici è di grande importanza. Lo sviluppo di questa peculiarità di studio e della grande efficienza nel raggiungimento dei risultati, è dovuto alla duratura e costante applicazione delle tecniche di remote sensing al monitoraggio dei vulcani, tecniche che hanno permesso un monitoraggio in automatico sull’Etna e a Stromboli, vulcani italiani aventi attività esplosiva. E quando l’eruzione è iniziata in Islanda è stato subito chiaro che questo know-how accumulato fosse utile e applicabile anche altrove. Da qui Mike Burton, primo ricercatore nella sezione Ingv di Pisa, insieme ad altri due colleghi dell’Ingv di Catania, ha programmato una spedizione sul luogo dell’eruzione.

La spedizione, oltre che comprendere tre ricercatori di massima esperienza sul campo, si è avvalsa dell’uso di uno strumento portatile, estremamente leggero, che è stato messo a punto e utilizzato in precedenza sui vulcani italiani, prima citati. Avendo presente che l’eruzione è cominciata il 21 Marzo, solo pochi giorni dopo la spedizione è partita e con essa anche le prime misure del flusso di fluoro; fondamentale è stata l’organizzazione della missione in tempi molto rapidi dovuti alle previsione che l’eruzione non sarebbe durata a lungo. Così evidentemente non è stato; un male per la popolazione civile, costretta a tanti disagi, un bene per gli uomini di scienza che legano i loro studi all’analisi di questi eventi eccezionali. Presto il team dei ricercatori Ingv potrebbe recarsi ancora a monitorare la terra islandese; a noi, la possibilità di seguire le vicende arricchite da un’abbondanza di testimonianze fotografiche di grande suggestione.