E nessuno parla delle vittime ambientali

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Storia di Chut Wutty e di Dinhana Nink, le due ultime vittime cadute per difendere le foreste. Si continua a disboscare ma i media ormai si occupano di altro. Sembra che l’imperativo sia «dimenticare», in un clima di basso impero

L’ambientalista cambogiano Chut Wutty, direttore dell’associazione Natural Resource Protection Group, è stato ucciso giovedì 26 aprile in Cambogia. La notizia è passata piuttosto inosservata nella stampa internazionale, come ci si poteva aspettare. Le grandi testate tele-giornalistiche hanno preferito evitare la notizia per dar spazio ai contratti milionari di allenatori, alle multe di calciatori per litigi con i compagni di squadra ed al finto taglio degli stipendi dei parlamentari. Intanto, persone coraggiose sono morte per difendere un patrimonio di tutti: le foreste della Terra. Così, ad un posto di blocco dell’esercito nella provincia di Koh Kong, nei pressi del confine con la Thailandia, l’ambientalista cambogiano è stato freddato da militari ubriachi mentre accompagnava due giornaliste dell’unico giornale in lingua inglese del paese, il «Cambodia Daily», ad investigare sul disboscamento illegale nell’area di una centrale idroelettrica costruita su progetto cinese.

Secondo quanto riportato dal «Cambodia Daily» «dopo avere intervistato cittadini locali, le due giornaliste del giornale sono state avvicinate da un uomo che gli ha intimato di smettere di fare foto e di andare via. Quando hanno raggiunto il loro veicolo hanno trovato Chut Wutty che discuteva con un soldato vestito in tuta mimetica e con un uomo vestito con abiti civili. Il soldato ha ordinato alle due reporter e a Wutty di non muoversi finché non fossero arrivati i suoi superiori, rifiutandosi però di svelare l’identità dei superiori. Il soldato, interrogato da una delle due reporter, che voleva sapere se fosse membro dell’esercito o un contractor di un’azienda privata, si è rifiutato di rispondere. Quando Wutty ha provato a ignorare i suoi ordini e ad entrare in auto, il soldato lo ha fermato con la forza. A quel punto sono arrivate due motociclette con due poliziotti e un uomo vestito da militare, con un berretto da basket e una mascherina da chirurgo che gli copriva buona parte del volto. L’uomo puzzava terribilmente d’alcool. Tutti e tre imbracciavano dei fucili d’assalto AK-47. I tre hanno ordinato a Wutty di seguirli dal loro capo, ma Wutty si è rifiutato, chiedendo ad una delle giornaliste di fotografare la scena. La reporter ha iniziato a fotografare, ma l’uomo con la mascherina ha scaraventato a terra la macchina fotografica, ferendo al volto la giornalista. Chut Wutty, assieme alle due reporter, è risalito in automobile, ma è stato bloccato. Quando finalmente Wutty è riuscito a rimettere in moto l’auto e a fare qualche metro un soldato si è piazzato di fronte all’auto, per fermarla. A quel punto, mentre una delle due reporter era al telefono col suo direttore, Kevin Doyle, si sono sentiti due colpi d’arma da fuoco».

Il direttore del giornale ha dichiarato: «L’uccisione di Chut Wutty è una storia terribile, ma molto cambogiana. Wutty era in assoluto l’ambientalista più impegnato nella denuncia del disboscamento illegale in Cambogia. La maggior parte dell’abbattimento illegale di foreste è condotta da unità militari».

Poche settimane fa dall’altra parte del mondo, Dinhana Nink, una ragazza di 28 anni, attivista brasiliana in difesa della foresta amazzonica, è stata uccisa brutalmente con una fucilata mentre si trovava in compagnia di suo figlio di 5 anni. L’esecuzione è avvenuta nello stato amazzonico di Rondonia. Il marito di Dinhana aveva più volte denunciato alle autorità le attività illegali delle segherie nella foresta amazzonica e le occupazioni abusive di terre da parte di braccianti.

Tutto questo mentre il presidente brasiliano Dilma Rousseff si recava in visita ufficiale nella capitale degli Stati Uniti, Washington ed un centinaio di persone, radunatesi davanti all’ambasciata brasiliana, hanno mostrato immagini e slogan in segno di solidarietà verso tutti i caduti dell’Amazzonia.

Gli attivisti hanno tentato di attirare l’attenzione sull’uccisione di ambientalisti brasiliani, perseguitati per il loro impegno in favore della protezione della foresta tropicale. Pare non ci sia stata alcuna risposta ufficiale da parte del Primo Ministro brasiliano, nonostante nelle ultime ore sia trapelata la notizia dell’ennesima beffa per la foresta e gli attivisti: la Camera brasiliana ha modificato il disegno di legge del Senato, «condonando» tutti gli interventi di deforestazione effettuati dal 2008 ad oggi.

Un colpo che vanifica ancor più il sacrificio di ecologisti come José Cláudio da Silva, ucciso assieme a sua moglie, Maria do Espírito Santo, il 24 maggio 2011 nei dintorni della città di Nova Ipixuna, Pará. Un omicidio avvenuto perché solo sei mesi prima aveva spiegato, nel corso di una relazione su TEDx Amazônia (la versione brasiliana delle famose conferenze TED americane) che i taglialegna illegali stessero diventando una minaccia per la regione e avere la sensazione di vivere con un «proiettile in testa». «Potrebbero ammazzarmi da un momento all’altro» aveva dichiarato, presagendo la sua morte per mano degli affaristi internazionali, che sfruttano per un guadagno momentaneo ed effimero il più grande polmone verde del Pianeta con la complicità dei governi.

E così giorno dopo giorno un pezzo di foresta scompare con la sua magnifica biodiversità…

E così settimana dopo settimana decine di attivisti vengono minacciati di morte perché difendono la bellezza e l’integrità della foresta…

E così mese dopo mese attivisti di ogni parte del mondo vengono ritrovati uccisi per aver osato ostruire o denunciare gli interessi delle compagnie del legname…

E così minuto dopo minuto i nostri media ignorano tutto questo e ci comunicano trafelati che Marcello Lippi concluderà la sua carriera allenando un’impronunciabile squadra cinese, con un ingaggio di 25 milioni di Euro. Cifra che da sola coprirebbe i costi per la salvaguardia del bacino del Rio delle Amazzoni per il prossimo decennio.

Notizia che da sola, invece, oscura ed annichila il sacrificio di persone coraggiose che, pur tirando qualche calcio ad un pallone nel tempo libero, credono che l’unica sfera davvero importante sia la Terra e l’unica rete da difendere sia quella della Vita.

Ed a proposito di palloni che ombreggiano la verità, Buoni Europei 2012 a tutti, certi che la copertura Rai dell’evento assicurerà ai cani randagi un’indifferente massacro a Kiev e dintorni, per fare pulizia stradale ed all’oppositrice al governo e difensore dei diritti umani Iulia Timoshenko un’indifferente processo il 25 giugno, per futili accuse… nel silenzio di un mondo che preferisce sventolare le bandiere e fare il tifo, da ultras, di spalle, per non vedere ciò che accade. Nell’indifferenza che sta uccidendo la Terra…

Non più clorofilla, ma sangue sgocciola dalle foglie delle foreste tropicali!