Costituzione, ecco da dove iniziare a riformarla

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foto di V. Stano
Uno scorcio della Murgia barese
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Serve una rivoluzione culturale per adeguarla alle esigenze contemporanee, il resto è, comunque, un tentativo per salvare l’esistente. La rivoluzione necessaria oggi consiste nel dare centralità all’ambiente, partendo da un semplicissimo ragionamento. Può l’uomo pensare di vivere senza la natura? Questa domanda si accompagna a quella speculare: può la natura sopravvivere senza l’uomo? La risposta alla prima domanda è un secco no. La risposta alla seconda è un altrettanto secco sì. Non è pensabile che l’uomo, per il proprio benessere, sacrifichi la natura. Se lo fa, sacrifica se stesso

La Costituzione repubblicana, scritta subito dopo la guerra, e dopo una dittatura fascista durata venti anni, riflette in modo mirabile le condizioni di quel periodo storico. I valori costituzionali sono una dichiarazione di importanti principi che tendono a dare centralità alla persona, e hanno lo scopo di dare uguali opportunità a tutti i cittadini, in modo che tutti possano realizzare le proprie aspettative con l’istruzione e il lavoro.
In quei tempi non esisteva alcuna considerazione per i problemi ambientali. La concezione culturale dell’epoca, che permane tutt’oggi nei programmi della scuola dell’obbligo, era quella di Croce e Gentile. I due filosofi costruirono un progetto culturale che vedeva l’uomo al centro del mondo e, di conseguenza, privilegiavano la cultura umanistica. La scienza era utile solo se portava qualche vantaggio all’uomo, ed era confusa con la tecnologia. Facendo seguito a Kant, che aveva dichiarato che la maturità di una scienza potesse essere misurata dal suo livello di matematizzazione, i due diedero molta importanza alla matematica, intesa come basilare per lo sviluppo della scienza. I programmi del liceo scientifico, di conseguenza, sono identici a quelli del liceo classico, con la sostituzione del greco con la matematica. Mentre nel liceo classico, che apre proverbialmente le menti, non c’è quasi matematica, per non parlare delle scienze naturali.
Il risultato di questo è una sfiducia nella scienza come mezzo di elevazione culturale, e un riconoscimento di dignità (ma inferiore rispetto alle scienze umane) alle sole scienze applicate, cioè alla tecnologia.
Non è un caso che, a differenza di tutti gli altri paesi europei, l’Italia non abbia un Museo Nazionale di Storia Naturale e che tali musei siano esclusivamente comunali, e nessuno dell’importanza di quelli di Londra, o Parigi, o Copenhagen etc.
La Costituzione fu scritta da persone che erano il prodotto di questa cultura, e fu difficile, dicono le cronache, inserire il paesaggio nell’Articolo 9 mentre, ovviamente, non ci fu problema per il patrimonio culturale. Vale la pena di riportare integralmente l’articolo in questione:

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Intanto la parola scienza non esiste, c’è la ricerca scientifica e tecnica, subito dopo la cultura che, quindi, è esclusivamente umanistica. Non a caso, in tempi non molto lontani, si è sentita la necessità di istituire la settimana della cultura scientifica, a sottolineare una sfortunata divisione tra le due culture (scientifica e umanistica) che, nell’articolo 9, sono solo una: ovviamente umanistica. L’antropocentrismo si rivela ancor di più con l’introduzione del concetto di paesaggio che, evidentemente, è il «paesaggio italiano» con le sue forme agresti, i villaggi sulla costa, i muretti a secco, le masserie, i centri storici arroccati su una montagna, le valli e le coste. Un paesaggio tipicamente modificato dall’uomo che, quindi, ha plasmato la natura (non più madre ma matrigna), migliorandola. Non esiste alcun cenno alla funzionalità dei sistemi ambientali: il paesaggio, accomunato al patrimonio culturale, è anch’esso un prodotto culturale. Il Bel Paese è «bello» perché lo abbiamo fatto diventare tale con la nostra opera. Nelle Costituzioni più avanzate la Natura riceve dignità assoluta e si riconosce il suo ruolo essenziale per la nostra sopravvivenza e benessere: non è solo un bel fondale.
Ma è nell’articolo 44 che la centralità umana si rivela in modo quasi brutale. L’articolo ha motivi nobilissimi. Intende dare la terra ai contadini, facendoli protagonisti dello sviluppo dell’agricoltura. I concetti esposti, persino le parole, però, sono mostruosi, almeno per quanto riguarda l’ambiente.

Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà.
La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

Lo sfruttamento del suolo
La bonifica imposta
Analisi costi benefici
Il diritto alla salute
La rivoluzione necessaria oggi
Natura senza di noi
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Dal conflitto all’armonia
Come si crea l’armonia?
La lotta finale