In Camerun aggressiva azione di azienda italiana

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A Libongo (Camerun) è in corso da una settimana una mobilitazione degli operai dell’azienda italiana di legname Vasto Legno del gruppo Sefac, che opera nel sud-est del Camerun, all’interno delle foreste del bacino del Congo. I dipendenti camerunesi dell’azienda lamentano gravi discriminazioni razziali, violazioni dei diritti dei lavoratori e sfruttamento del lavoro.

La mobilitazione ha portato a tre giorni di sciopero durante la scorsa settimana ed all’arrivo presso il villaggio di Libongo del Prefetto e del Viceprefetto del Camerun insieme ai responsabili sindacali di vari gruppi operai scortati dalla gendarmeria nazionale. Le proteste sono iniziate dopo che un operaio morto è stato scaricato nella stanza del direttore della Vasto Legno. I manifestanti lamentavano l’assenza di assistenza sanitaria per l’operaio e il mancato pagamento dei funerali da parte dell’azienda.

In molti, però, hanno ribadito che l’episodio è solo l’ultima goccia di una serie di atti discriminatori compiuti dai titolari italiani dell’azienda nei confronti del personale locale, che denuncia di essere sottopagato (lo stipendio medio è di circa 60 Euro mensili), trattato in maniera schiavista e costretto ad orari di lavoro di 12-16 ore.

La Vasto Legno non è nuova a contestazioni e sanzioni. Dopo la distruzione di alcune case del villaggio centrafricano di Mboy II per la realizzazione di piste forestali nel 1997, l’azienda è stata accusata dell’arresto illecito di 35 persone che protestavano pacificamente nel 1998. Tra il 1999 ed il 2000 la Vasto Legno è stata accusata di taglio illegale nelle concessioni 10-08 e 10-10, che ancora non erano state allocate.

Nel marzo 2000, è stata anche multata di 4 milioni di CFA per il taglio illegale compiuto nella concessione 10-12 e nel luglio 2000 esclusa da tutte le gare d’appalto delle concessioni, per poi essere riammessa nel 2001. Di recente, nel maggio 2009 il Rem (Resources Environmental Management) ha denunciato false dichiarazioni da parte dell’azienda sui volumi tagliati e lo scorso anno alcuni dipendenti italiani sono finiti sotto inchiesta per furto di tronchi e commercio illegale di legno con la Repubblica Centrafricana e la Repubblica del Congo.

L’azienda continua a fare un utilizzo illegale del marchio Fsc (riportandolo sul proprio sito e sull’elenco delle certificazioni in possesso) nonostante gli sia stato ritirato per ben due volte il 20 ottobre 2010 ed il 20 dicembre 2010 come confermato dal rapporto dell’Icila, l’Ente certificatore italiano.