Fenice e monitoraggio ambientale

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«Sconcertante la situazione alla Fenice di Melfi, se l’impianto è gestito così è auspicabile solo la sua chiusura». L’associazione annuncia un dossier sulla gestione dei rifiuti speciali in Basilicata da cui emerge una situazione non certamente positiva in termini di rapporto fra produzione e gestione dei rifiuti in regione

«È davvero sconcertante quello che sta succedendo in merito alla vicenda del monitoraggio del sito industriale dell’inceneritore Fenice. Dati tenuti nascosti in un cassetto per anni mentre si dichiarava che quei dati non esistessero. Bene ha fatto la nuova dirigenza Arpab a togliere il velo ed a fornire finalmente questi dati che lasciano sconcertati: per quasi 10 anni nell’indifferenza delle istituzioni l’impianto ha rilasciato sostanze tossiche e nocive nel suolo senza nessun controllo, senza nessun allarme alle popolazioni e, sopratutto, senza nessun intervento per mitigare gli effetti, individuare le cause dei malfunzionamenti e trovare gli opportuni rimedi». Inizia così una nota di Legambiente a proposito dell’iniziativa regionale sul caso dell’inceneritore Fenice.

«Abbiamo sempre sostenuto – continua la nota – che nel campo dei controlli ambientali la trasparenza dell’operato degli Enti preposti al monitoraggio ed alla vigilanza determina nei loro confronti, e quindi nel sistema in generale, la fiducia dei cittadini che, in questo caso, subisce un colpo durissimo.

«È assurdo che alcune amministrazioni pubbliche considerino le politiche ambientali ed i vincoli imposti dalla legislazione come un problema, un limite allo sviluppo, e che si possano tollerare quelle imprese che cercano la scorciatoia facile e provano ad eludere controlli e disposizioni normative pur di fare profitto ai danni dell’ambiente e dei cittadini, nascondendosi spesso dietro il ricatto del bisogno di lavoro.

«Tutta questa vicenda è un colpo duro al sistema di gestione dei rifiuti che in Basilicata non riesce proprio a decollare, sempre alla ricerca di soluzioni tampone, sempre mirate alla ricerca di un nuovo sistema di smaltimento, sia esso una discarica, un impianto di Cdr, un inceneritore, senza guardare alla soluzione reale del problema che è fatta invece di seri sistemi di raccolta differenziata, di impianti di compostaggio, di impianti per la valorizzazione dei materiali secchi.

«Il sistema di gestione dei rifiuti lucani che negli anni ha visto milioni di euro utilizzati male per improbabili progetti di gestione di sistemi integrati che non sono mai partiti o che riescono a partire solo ora dopo anni ed anni di “tentativi”.

«Sistema che non nasce in cui è ormai palese la difficoltà di programmare, progettare e cantierare un impianto per il compostaggio nel potentino, con il tentativo messo in campo dalla Provincia di Potenza arenato chissà dove.

«Sistema tutto centrato ancora sul valzer delle discariche che ci costano milioni di euro all’anno per avere uno dei sistemi meno efficienti e più costosi d’Italia.

«Anche per ciò che riguarda la gestione dei rifiuti speciali in Basilicata – conclude la nota di Legambiente – si riscontrano delle anomalie e delle stranezze con un sistema che non appare ormai più “governato” dall’interesse pubblico ma piuttosto dall’interesse di imprese private. Nelle prossime settimane presenteremo il secondo dossier sulla gestione dei rifiuti speciali in Basilicata da cui emerge una situazione non certamente positiva in termini di rapporto fra produzione e gestione dei rifiuti in regione».