Energia solare e produttività degli ecosistemi

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La frazione di energia del sole che diventa biomassa vivente è così bassa (in media l’1% ed è nota come efficienza ecologica di fotosintesi) perché non tutte le lunghezze d’onda dello spettro solare sono utilizzate nella fotosintesi. Infatti, i vegetali terrestri usano la parte visibile della radiazione (non l’ultravioletto né l’infrarosso) nella banda del rosso e del blu. Inoltre, una grossa frazione della radiazione, anche di quella utile, non viene captata dai sistemi fotosintetici delle piante ma finisce sul suolo nudo, sulle rocce, sulla sabbia dei deserti, sui ghiacci polari e su tante altre superfici dove non ci sono vegetali.
Poiché i vegetali sono in grado di «produrre il cibo» autonomamente, a partire da energia radiante e semplici molecole inorganiche, come acqua, anidride carbonica e sali minerali, sono noti come organismi autotrofi, in particolare foto-autotrofi. La velocità di trasformazione dell’energia radiante in energia chimica è nota come produttività primaria per cui gli organismi che la realizzano sono anche noti come produttori. I vegetali, comunque, come tutti gli esseri viventi, utilizzano parte di questa energia chimica per i vari processi vitali tra cui anche l’assorbimento dell’acqua e dei nutrienti. Quindi, dell’energia radiante trasformata in energia chimica (produttività primaria lorda), una parte più o meno cospicua viene spesa nel mantenimento (respirazione). Quello che rimane al netto di questi costi di mantenimento costituisce l’accumulo di sostanza organica da parte dei vegetali ed è nota come produttività primaria netta.

Questa è, dunque, la fonte di sostentamento di tutti gli organismi eterotrofi ossia di quelli che prendono energia alimentare mangiando altri organismi (erbivori e carnivori) o utilizzando sostanza organica morta (detritivori e decompositori). Pertanto, la produttività primaria netta è la risorsa di cibo del pianeta. Attraverso il processo di fotosintesi gli organismi vegetali producono ogni anno circa 170 miliardi di tonnellate di sostanza organica. I due terzi sono prodotti sulle terre emerse (circa 115 miliardi di tonnellate) e un terzo negli oceani (circa 55 miliardi di tonnellate) (Whittaker, 1975).
La maggior produttività delle terre emerse è principalmente dovuta alla rilevante (sebbene notevolmente ridotta dall’uomo) copertura vegetale rappresentata dalle foreste e, in misura minore, dalle praterie e dalle terre coltivate. Foreste e boschi, savane e praterie, brughiere e macchie, costituiscono ecosistemi di vastissime estensioni in cui l’habitat è strutturato da organismi vegetali che producono cibo in forma di fibre, foglie, frutti, semi, fiori, linfa ed essenze vegetali. Tutta energia alimentare utilizzata in prima battuta dagli erbivori ma che sosterrà, indirettamente, anche la vita dei carnivori e dei decompositori.

La produttività degli oceani, invece, è principalmente dovuta al fitoplancton, ossia un complesso di organismi microscopici unicellulari, con breve ciclo vitale, che galleggiano in prossimità della superficie delle acque dove vi è disponibilità di radiazione solare. Le dimensioni microscopiche del fitoplancton precludono l’accumulo di biomassa vegetale in mare aperto. Oltre i 200 m di profondità (la profondità media degli oceani è di circa 4.000 m) la penetrazione della radiazione solare è trascurabile e, pertanto, non è possibile la vita vegetale nelle profondità marine. Nelle zone


costiere, invece, la presenza di organismi vegetali di maggiori dimensioni (alghe e piante superiori) ancorati sul fondo dove arriva la radiazione solare, determina un notevole incremento di biomassa e parallelamente di produttività. Possono strutturarsi così, anche nel mare, ecosistemi in cui la componente vegetale costituisce l’habitat di numerosi organismi erbivori, carnivori e decompositori.

Anche l’inquinamento olfattivo è da punire

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Una significativa sentenza accetta i limiti per le emissioni olfattive previste

L’inquinamento aiuta… il diabete

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Chi vive in zone ad alti livelli di inquinamento atmosferico è più a rischio di altri a contrarre la malattia. Sotto accusa gli ossidi di azoto che provengono dalla combustione ad alta temperatura dei combustibili fossili

Ilva-Italsider, il più grande inganno della storia italiana

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Va chiusa e tutta l’area bonificata

Iniziò nel 1959 l’opera di devastazione, ora va restituita a Taranto e alla Puglia la salute delle persone e quella del più bel golfo del Mediterraneo, il patrimonio storico e naturalistico millenario, nonché quello produttivo naturalmente vocato che lo contraddistingue in tutta la sua unicità

Una subasta para introducir nuevas instalaciones renovables

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La subasta permitirá introducir las tecnologías renovables más eficientes en costes. Se subastarán hasta un máximo de 3.000 MW de nueva potencia renovable. La convocatoria permitirá a España avanzar en el cumplimiento de los objetivos de introducción de renovables establecidos por la UE para 2020

Le aree strettamente protette in Europa lontane dall’obiettivo 2030

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֎Il degrado e la frammentazione degli habitat del 70% della superficie terrestre sono le principali cause della perdita di biodiversità e stanno innescando la sesta estinzione di massa. L’Italia è messa meglio di molti altri paesi, ma la conservazione deve essere estesa֎

Il bene acqua non è ancora di tutti

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I referendum non hanno risolto alcune situazioni ed anzi regioni come la Puglia e la Sicilia stanno facendo forti resistenze affinché la gestione dell’acqua non sia pubblica per mantenere il potere di gestione nelle mani delle società per azioni

Biodiversità in pericolo nella provincia di Firenze

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In fase finale la redazione del nuovo piano faunistico-venatorio. L’associazione ambientalista chiede la tutela almeno di alcune aree chiave per la biodiversità

Dall’Oms le linee guida sulla qualità dell’aria per salvaguardare la salute

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Le ricerche condotte dall’Oms si concentrano sulla diffusione «geografica» dell’inquinamento atmosferico, sui livelli che raggiunge nelle diverse aree del nostro pianeta (più di due milioni di morti premature ogni anno vengono attribuite a fattori di inquinamento urbano) sui maggiori fattori inquinanti e sulle possibili politiche da attuare per ridimensionare tali problematiche

Ancora radioattività nelle scuole di Fukushima

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L’Associazione chiede di ritardare l’apertura delle scuole contaminate a Fukushima. «Nessun genitore dovrebbe scegliere tra la salute e l’educazione dei propri figli. Il piano di decontaminazione, atteso ormai da troppo tempo, arriverà comunque troppo tardi»

«Questa legge delega non sa da fare»

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Tariffe acqua – In Emilia Romagna decisa la tariffa sociale

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Una risposta concreta per le famiglie con disagio sociale. La Dichiarazione del presidente della Commissione Muzzarelli, e dei consiglieri Borghi, Delchiappo, Mazzotti, Piva, Salsi e Zoffoli

Avveniristico studio della Caldera campana

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Insegnerà il funzionamento delle caldere e dei vulcani in generale. Un possibile studio dal punto di vista energetico

Un anno disastroso per i ghiacci

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Il 2009 è stato il terzo anno peggiore. L’associazione chiede la riduzione dei gas serra del 40% entro il 2020

Cicli di combustibile avanzati

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Oggigiorno alcuni Paesi riprocessano il combustibile nucleare irradiato, altri invece intendono smaltirlo direttamente in un deposito geologico, dopo averlo «confezionato» in contenitori appositi. Fra i Paesi con i parchi nucleari più grandi, la Francia riprocessa il suo combustibile ed offre servizi di riprocessamento commerciali ad altri Paesi; il Giappone riprocessa il suo combustibile ed utilizza servizi di riprocessamento all’estero, ma allo stesso tempo sviluppa la sua propria capacità di riprocessamento; infine gli Stati Uniti non riprocessano il loro combustibile benché ne abbiano la capacità.
Le tecnologie di riprocessamento oggi utilizzate su scala industriale permettono il recupero dell’uranio non utilizzato e del plutonio con lo scopo di riutilizzarli in combustibili a ossidi misti destinati ai reattori ad acqua leggera e ai reattori veloci del futuro e di ridurre il volume delle scorie da smaltire nei depositi geologici. Durante gli anni 90 il prezzo dell’uranio era talmente basso che il riprocessamento appariva economicamente poco interessante e la separazione del plutonio rappresentava possibili rischi di proliferazione. In questi ultimi anni il prezzo dell’uranio si è rivalutato.
Alcuni Paesi stanno mettendo a punto tecnologie avanzate di riprocessamento nell’ambito di cooperazioni internazionali quali il foro internazionale Generazione IV ed il partenariato mondiale per l’energia nucleare guidato dagli Stati Uniti. Queste tecnologie dovrebbero procurare diversi vantaggi. I rischi di proliferazione possono essere diminuiti evitando la separazione del plutonio dall’uranio. La separazione d’isotopi a lunga vita del combustibile (separazione spinta) con lo scopo d’irradiarli ulteriormente (trasmutazione) dovrebbe consentire l’eliminazione di questi isotopi. La radioattività delle scorie rimanenti dopo i processi di separazione spinta e di trasmutazione potrà diminuire per decadimento radioattivo naturale in qualche centinaio d’anni ad un livello inferiore a quello dell’uranio naturale che è servito a produrre inizialmente il combustibile. Con questa tecnica la carica termica delle scorie da smaltire nei depositi geologici può essere diminuita considerevolmente e ciò aumenta la capacità di smaltimento dei depositi stessi.
È possibile utilizzare anche il torio per produrre energia nei reattori nucleari. Questo elemento si trova in maggiore abbondanza dell’uranio nella crosta terrestre, e l’isotopo del torio che si trova in natura può essere trasmutato in un isotopo fissile dell’uranio. Diversi Paesi hanno fatto ricerche sul ciclo del combustibile al torio, però questa tecnologia non ha ancora raggiunto lo stadio dell’utilizzazione industriale.

Nel 2050 elettricità senza carbone

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Nasce con obiettivi ambiziosi Ecquo (www.ecquo.it) neologismo che deriva dalla fusione di ecologico e equo, il nuovo canale «verde» di «Quotidiano.net»

Un patto per il clima, ci pensa anche la Puglia

Tempo di lettura: 2 minuti Una consultazione pubblica per promuovere il confronto con Agenzie, Enti di ricerca ed Enti regionali e locali per la validazione delle opzioni e delle priorità al fine di ampliare la […]

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La prerogativa…

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Con questi nuovi interessi, di cui questa volta sono protagonisti i consumatori, si è in fondo aperta una prospettiva: i frutti antichi, possano giocare un ruolo decisivo per il rilancio dell’agricoltura del nostro prossimo futuro; possono essere, rivalutati, riconsiderati almeno, specialmente quando sarà sempre più necessario parlare di Agricoltura sostenibile, di agricoltura di tipicità.
La prerogativa di questa prospettiva è il «locale» che apparentemente contrasta con le tendenze globalizzanti. Il vitigno locale, ad esempio, il recupero di terreni marginali (pietrosi) sono già una strada, verso vini di alta qualità.
In questo lavoro (che anticipiamo) vi presentiamo i frutti antichi, i protagonisti della storia economica del Gargano che insieme alla miriade di altre realtà agricole hanno fatto la storia della nostra Italia. Presentiamo quelli che sono sopravvissuti, «scovati» quasi come fanno gli archeologici, non tra strati di terreno o di polveri, ma semplicemente tra memorie, ricordi e spesso tra macchie di rovi, ginestre, pini d’Aleppo e quant’altro la natura usa per riprendersi spazi che un tempo lontano gli sono stati sottratti. Tutto quello che siamo riusciti a sapere su questi frutti lo dobbiamo ai tanti contadini che ci hanno aiutato ad interpretarli, decifrarli, a farli «parlare». Quanti n’erano, non lo sapremo mai. Al massimo sappiamo quanti ne sono sopravissuti!.
Tra le tante cose che abbiamo imparato, una ci preme sottolineare, e riguarda il significato, l’importanza della «biodiversità», che in questi anni si sente parlare sempre più spesso. I frutti antichi ci possono aiutare a capire l’importanza di questo concetto. La diversità ad esempio era la caratteristica strutturale delle agricolture tradizionali: tante varietà di pero, di ciliegio, di fico, di olivo nello stesso fondo. La produttività poteva non essere elevata, però la diversità genetica insita nella specie, dava una grande stabilità produttiva che si doveva alla coesistenza nello stesso campo di piante resistenti alle diverse malattie, in grado di sopportare le une la siccità, le altre l’umidità, di modo che, sebbene la produzione individuale variasse con le condizioni climatiche e si avesse la comparsa di malattie durante l’anno, il rendimento medio si potesse mantenere anno dopo anno. La diversità era garanzia di produzioni costanti e, soprattutto, durature nel tempo.

Iniziamo la pubblicazione on line di questa ricerca «archeologica» tra i frutti antichi, partendo dal Gargano, quindi dalla Puglia. Agronomi di altre parti d’Italia possono arricchire questa sezione con loro contributi documentati perché lo sviluppo vero parte dalla conoscenza e dalla valorizzazione delle nostre risorse locali.

Enpa: Una concessione anacronistica e pericolosa per i turisti

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«Le aperture anticipate della caccia, adottate dalla maggior parte delle Regioni e che regalano ai cacciatori la possibilità di impugnare le doppiette già dai primi giorni di settembre restano pratiche dannose che vorremmo fossero archiviate in nome della biodiversità, del rispetto delle normative nazionali e delle direttive europee».

Questo è il commento della Protezione Animali alla vigilia delle preaperture della stagione di caccia (si tratta di alcune giornate fisse stabilite da ogni singola Regione), in occasione delle quali saranno uccisi soprattutto merli, tortore, quaglie e corvidi.

«Nel corso degli anni, specie in quest’ultimo, abbiamo assistito a una maggior consapevolezza delle Regioni che sembrerebbero prestare più attenzione ai dati scientifici e, di conseguenza, più inclini a limitare le specie cacciali e le giornate di spari – prosegue l’Enpa -; ma questo, di fronte alla distruzione degli ecosistemi, di fronte ai cambiamenti clima e alla crisi delle biodiversità, è soltanto un piccolissimo passo avanti. Tanto più che proprio la tutela della biodiversità rappresenta una priorità sancita dalla nostra Costituzione».

Inoltre, secondo l’articolo 18 della legge 157/92, modificato recentemente dalla legge Comunitaria 2009, tutti gli uccelli non possono essere oggetto di caccia nelle fasi biologiche fondamentali della loro esistenza, come la riproduzione. Una fase che in questo periodo per moltissime specie non può ancora considerarsi chiusa, poiché i piccoli continuano a essere dipendenti dai loro genitori. Aprire agli spari a settembre, dunque, vuol dire causare la morte non soltanto dei potenziali «genitori» ma degli esemplari più giovani, disturbati nella fase più delicata della loro vita.

«Le preaperture sono concessioni ormai anacronistiche che devono essere archiviate, e non solo per la tutela degli animali e per il rispetto delle normative vigenti – conclude l’Enpa -: aprire la caccia nel mese di settembre significa anche mettere a rischio la vita dei turisti, che, sempre più numerosi in questo periodo dell’anno, frequentano le nostre campagne e si avvicinano alla natura. Essere accolti dal rumore degli spari, con il rischio di rimanerne vittima, non rappresenta certo un buon biglietto da visita per le nostre Regioni».

(Fonte Enpa)

Bagnoli-Piombino – Quel Programma Quadro non soddisfa

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Per l’Associazione è irrinunciabile e preliminare affrontare insieme anche altre vertenze ambientali e industriali di Piombino e costruire un più ampio e reale programma di utilizzo sostenibile del territorio piombinese