Costo del raggiungimento dei traguardi

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Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals ? MDGs) sono un’ampia agenda internazionale per affrontare l’argomento sviluppo. Uno di questi obiettivi è di dimezzare la proporzione di persone che soffre la fame entro il 2015 (rispetto ai livelli del 1990). È stato calcolato che in aggiunta agli sforzi compiuti dai paesi in via di sviluppo da soli e agli investimenti diretti di compagnie, sarà necessario un contributo annuo pari allo 0,5% del GDP da parte di tutti i paesi donanti fino al 2015. se vogliamo raggiungere gli Obiettivi, altri sforzi, oltre a quello finanziario, saranno necessari, ad esempio una buona amministrazione ed accordi effettivi per la cooperazione allo sviluppo.

Il costo di limitare il riscaldamento globale medio a due gradi equivale ad una minima percentuale del GDP globale nel 2040. Questo prevede che partecipino tutti i paesi principali e che siano utilizzati strumenti economici, come lo scambio di emissioni. Se il totale disponibile dei diritti per le emissioni dei gas ad effetto serra fosse distribuito egualmente alla popolazione mondiale, l’Europa dovrebbe affrontare una sfida politica ben più ardua ed i costi sarebbero maggiori.

Secondo lo Scenario di Tendenza (Trend Scenario), per il 2040 il GDP globale sarà triplicato rispetto ai livelli del 2005. Non si sa ancora che costi avrà ridurre pesantemente la perdita di biodiversità.

I progetti Prusst

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I Prusst sono i nuovi «Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio» promossi dal ministero dei Lavori Pubblici con l’obiettivo di realizzare interventi orientati all’ampliamento e alla riqualificazione delle infrastrutture, del tessuto economico-produttivo-occupazionale, al recupero e alla riqualificazione dell’ambiente, dei tessuti urbani e sociali degli ambiti territoriali interessati.
Prevede la partecipazione del privato sia per opere di iniziativa privata, sia per opere pubbliche o di interesse pubblico.

I fondamentali obiettivi dei Prusst sono:

– la realizzazione, l’adeguamento e il completamento di attrezzature sia a rete che puntuali, di livello territoriale e urbano, in grado di promuovere e di orientare occasioni di sviluppo sostenibile sotto il profilo economico, ambientale e sociale e garantendo l’aumento di benessere della collettività;
– la realizzazione di un sistema integrato di attività finalizzate all’ampliamento e alla realizzazione di insediamenti industriali, commerciali e artigianali, alla promozione turistico-ricettiva e alla riqualificazione di zone urbane centrali e periferiche interessate da fenomeni di degrado.

I finanziamenti provengono dal ministero dei Lavori Pubblici, Direzione generale del Coordinamento Territoriale (Dicoter), e sono finalizzati prioritariamente alla definizione della fattibilità del programma.
Per il finanziamento non attinge solo ai finanziamenti statali, ma anche ai fondi strutturali, alla Bei, ai coofinanziamenti pubblico/privato.
Il Prusst prevede la partecipazione del privato sia per opere di iniziativa privata, sia per opere pubbliche o di interesse pubblico.

Alcune domande per capire

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«È davvero sufficiente comprare un braccialetto, come quello bianco a sostegno della lotta “Contro la povertà” oppure un cd di beneficenza o una maglietta per far scomparire dal nostro mondo i milioni di morti per fame, i terreni inariditi, o almeno dare sollievo ai bambini con il ventre gonfio?

«Un problema enorme nella cooperazione è la cattiva gestione: per esempio la corruzione è ormai messa in bilancio dalle associazioni che fanno cooperazione internazionale, alcune delle quali lo ammettono pubblicamente come una necessità di chi lavora sul campo e deve imparare a sporcarsi le mani; oppure la percentuale delle donazioni che restano alle associazioni per mantenere gli uffici e farsi pubblicità (fino al 90% in alcuni casi). Per non parlare poi del fatto che il Sud restituisce ai Paesi industrializzati sotto forma di interessi sul debito 6 volte più degli aiuti.

«È così importante dare più aiuti possibile al Sud del mondo? Si deve fare la carità ai poveri?

«L’aiuto ai paesi poveri presuppone l’idea che ai paesi poveri manchi qualcosa, come risorse materiali o intellettuali, da qui l’invio di soldi, merci e personale per la gestione dei progetti (spesso un esercito di ventenni neo-laureati in cooperazione).

«Ma perché i poveri non riescono a cavarsela da soli, a coltivare un po’ di terra, a costruirsi quel benessere come noi abbiamo fatto ormai già da un secolo?

«Le immagini che accompagnano alcune delle campagne di beneficenza sono esemplificative: poveri seduti per terra con la ciotola in mano in attesa che qualcuno venga a riempirgliela, o gruppi di poveri, vestiti sommariamente ma sorridenti, di fronte ad una scuola tutta nuova, costruita dai tecnici di pelle bianca della cooperazione. Il punto è che gli aiuti ci parlano di poveri e non di impoveriti, parlano di sottosviluppo come fosse un sostantivo e non un verbo, “sottosviluppare”: i paesi poveri non sono poveri ma le loro risorse vengono drenate per farci mangiare verdure fuori stagione e bere cinque caffè al giorno per fare fronte allo stress da lavoro; inoltre all’interno degli stessi paesi poveri non tutti stanno male, perché c’è chi fa affari con la carestia prima e l’arrivo degli aiuti dopo.

«La riduzione della realtà a delle immagini, permette a queste organizzazioni di dimostrarsi efficienti: un sacco di riso portato in un villaggio è qualcosa di effettivo che i donatori possono vedere e capire. Spiegare il perché e il come i campi intorno appartengano non al villaggio ma a un unico proprietario e siano coltivati a tulipani diventa troppo complicato e ingestibile.

«Paesi industrializzati e paesi poveri così sembrano appartenenti a due sfere diverse e non collegate fra loro.
Se facessimo il contrario, cancellando tutti gli aiuti, cosa accadrebbe ai paesi poveri? In Africa morirebbero tutti?

«L’Africa non morirebbe e probabilmente non starebbe nemmeno peggio. La cooperazione non genera cambiamenti perché questi sono al di fuori della sua portata, può al massimo dare sollievo, ma se non si agisce sulle cause,


si finisce solo per rinviare la cura e aggravare il male. Il Sudan sconta dieci anni di guerra perché da dieci anni arrivano aiuti, che però finiscono nelle mani delle due fazioni in guerra, rifornendoli di cibo e carburante.

«Stati come il Nicaragua del dopo Somoza sono riusciti a diminuire analfabetismo, malnutrizione e mortalità senza alcun sostegno esterno ma usando al meglio le risorse interne, mentre paesi fortemente sostenuti dagli aiuti internazionali, come Haiti, hanno invece visto peggiorare tutti gli indici di sviluppo umano. Gli aiuti quindi non servono e non bastano.

«Per concludere l’immagine della povertà non dovrebbe farci tanta pena da compilare un assegno, ma dovrebbe farci rabbia, perché l’immagine della povertà non è la foto di un bambino con il ventre gonfio, ma è il nostro autoritratto. Se l’albero è malato non sono le ghiande a dover essere curate, ma bisogna guardare sia alle radici, e cioè al nostro sistema economico, sia al terreno da cui l’albero prende il suo nutrimento, terreno che è il nostro stile di vita basato sul consumo, sull’individualismo e su una mentalità che separa invece che mettere in relazione le cose. Siamo noi ad avere bisogno di aiuto ed è qui in occidente che bisogna iniziare a fare cooperazione, senza più delegare ad organizzazioni caritatevoli».
(A cura di Paolo Stevanato ? Ecoistituto del Veneto Alex Langer ? Viale Venezia, 7 ? 30171 Mestre ? Venezia ? tel. e fax 041/935666, info@ecoistituto.veneto.itstevanato@tin.it)

Esperienze condivise, segni di necessarie riflessioni

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Un’esperienza che permette di fare qualche buona riflessione sul ruolo nodale degli equilibri naturali nel garantire un contesto vitale (in particolare sia sulla capacità di tenuta di un sistema dinamico, sia sulle conseguenze di un suo disequilibrio che, in presenza di gravi fattori di instabilità, può produrre lacerazioni anche irreversibili) propone di costruire una rete di collegamenti, un tessuto, ottenuto con lo srotolamento di un gomitolo di spago fatto passare, in modo casuale e più volte, fra le mani di un gruppo di persone disposte, più o meno, a formare un cerchio. Si possono, così, presentare due situazioni di sicuro interesse. La prima mette in evidenza l’alto livello di resistenza, di questo sistema dinamico, quando è sottoposto a tensioni anche da parte di impreviste spinte centrifughe dei suoi elementi. La seconda, invece, mostra quanto questo stesso sistema diventi precario se anche un solo elemento del gruppo dovesse lasciare la presa dei collegamenti realizzati con i segmenti di corda a lui affidati. In questo secondo caso, la condizione di equilibrio dinamico, cioè la capacità di tenuta in tensione di tutti segmenti di corda, viene a mancare. Qualcosa di simile avviene per le calze tessute con finissimo nylon. Chi le usa o le ha usate, conosce bene la profonda smagliatura che viene generata dalla pur infinitesima rottura di un singolo e quasi impalpabile suo filo, a fronte di una elasticità e modellabilità totale della stessa calza prima della sua pur microscopica rottura iniziale.

Se proviamo a riflettere sul significato di queste esperienze e sulle analogie che possiamo immaginare per gli equilibri dinamici naturali, potremmo sorprenderci della nostra profonda e pericolosa mancanza di consapevolezze e della «disattenzione» con la quale incidiamo, in modi sempre più tecnologicamente invasivi, sugli equilibri ambientali, creando condizioni di precarietà e con effetti troppo spesso ignoti.

Il Premio Apat alla Regione Piemonte

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Da quest’anno l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici assegnerà un premio alla Regione che ha messo in atto le azioni ambientali più virtuose.
La tematica scelta per il 2007 è la qualità dell’aria. Non si tratta di premiare chi detiene i dati migliori, ma la Regione che ha avviato le migliori pratiche per risanare o migliorare la qualità dell’aria, tenendo anche conto della tempestività con la quale è avvenuta la trasmissione delle informazioni.

Per l’attribuzione del premio sono stati scelti i seguenti indicatori

? Trasmissione tempestiva dei dati all’Agenzia Europea;
? adempimenti legislativi relativi all’Ozono;
? adozione dello strumento volontario Ozonoweb;
? invio ad Apat del questionario sulla qualità dell’aria 2005;
? realizzazione della zonizzazione per l’anno 2005;
? invio ad Apat del questionario sulla qualità dell’aria 2006;
? realizzazione degli inventari locali di emissione;
? realizzazione dei questionari relativi ai piani di risanamento dell’aria;
? adozione di misure di risanamento.

Sulla base delle valutazioni di questi indicatori è risultato più virtuoso il comportamento della Regione Piemonte.
Il premio consisterà in uno studio che sarà condotto da Apat in collaborazione con l’Istituto Centrale del Restauro (Icr) e l’Arpa Piemonte, finalizzato all’implementazione di un programma organico di intervento sul patrimonio storico-architettonico di Torino in relazione ai livelli di contaminazione dell’aria.

(Fonte Apat)

Le riunioni dei «contact group»

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Consultazione informale delle Parti della Unfccc (informale Cop).

Questa riunione è stata convocata dal gruppo di consultazione presieduto da Michael Zammit Cutajar (Malta) per discutere e concordare le possibili forme dei trattati che si stanno mettendo a punto (trattato di lungo termine Agw-Lca, e protocollo di Kyoto emendato Agw-Kp) e sugli esiti del negoziato. Questa consultazione mirava a valutare il livello di consenso sulla forma finale del nuovo, o dei nuovi trattati, e sulla loro natura (legalmente vincolante o non legalmente vincolante) legale del nuovo trattato, comprese anche le caratteristiche degli impegni di riduzione delle emissioni per i Paesi industrializzati e in via di sviluppo.

Nella discussione che ne è seguita, i vari Paesi hanno, in pratica, riproposto, senza significative variazioni le stesse posizioni espresse nella precedente Conferenza di Copenhagen e che si possono così riassumere:

– quella di Grenada, a nome dei Paesi Aosis e quella espressa da molti Paesi poveri, per due protocolli legalmente vincolanti: un protocollo che potrebbe essere l’attuale trattato Agw-Lca, oppure (in alternativa) che fa capo al trattato Agw-Lca e l’altro protocollo che riguarda il protocollo di Kyoto emendato;
– Quella della Cina, India e Paesi G-77, per due trattati distinti: di cui un trattato, il protocollo di Kyoto, rimane legalmente vincolante per i Paesi industrializzati, e l’altro, quello di lungo periodo Agw-Lca che non è non legalmente vincolante, ma, in ogni modo, non meno vincolante se supportato da una chiara decisione Cop, allo stesso modo di quanto era avvenuto nel passato per gli impegni derivanti, per esempio, dagli accordi di Marrakesh, dal Mandato di Berlino, fino a quelli più recenti riguardanti la «road map di Bali»;

– quella della Unione europea e della maggior parte dei Paesi industrializzati, per un trattato unico omnicomprensivo, e legalmente vincolante per tutti, e cioè quello costruito dal Agw-Lca, nel quale confluisce parte o tutto il protocollo di Kyoto emendato.

Il Presidente Michael Zammit Cutajar alla fine della discussione ha fatto notare che, le posizioni espresse sono alternative fra di loro e appaiono, pertanto, inconciliabili. Ha fatto notare, inoltre, che rispetto a Copenhagen, non sembra esserci alcun progresso, né appare evidente la volontà di convergere verso una posizione comune nonostante le numerose esortazioni che vengono dalle istituzioni internazionali e dalla società civile. Prende, quindi atto, che manca una base di convergenza e riferirà alla Presidenza della Cop. La situazione è tale che tutta questa materia dovrà necessariamente slittare alla prossima Conferenza in sud Africa alla fine del 2011. Nel corso del 2011, comunque, saranno convocate sessioni negoziali intermedie per tentare di giungere ed una posizione consensuale comune sulla forma del o dei trattati, e sugli esiti finali di tutto il negoziato in corso.

I nuovi impegni dei Paesi industrializzati nell’ambito del Protocollo di Kyoto emendato (contact group di Agw-Kp).

La riunione è stata, in pratica, finalizzata a fare il bilancio dei risultati ottenuti sui vari temi trattati anche negli altri «contact group». Ci sono progressi su varie questioni, tra cui migliori definizioni sull’uso del suolo, i cambiamenti di uso del suolo e la forestazione, che comprendono anche la produzione agricola e la protezione delle aree umide, ma anche la messa a punto di un più largo ventaglio di opzioni sui meccanismi flessibili, entro cui la Cmp dovrà decidere anche l’opzione riguardante la Ccs (carbon capture and storage). Nessun progresso sussiste, invece, sulle questioni riguardanti l’entità delle riduzioni delle emissioni, l’anno di riferimento per tali riduzioni, possibile rapporto fra entità delle riduzioni da effettuare in ambito nazionale ed entità delle riduzioni da acquisire attraverso crediti. Il Presidente del gruppo Agw-Kp: John Ashe (di Antigua e Barbuda) preparerà una nuova bozza degli emendamenti al protocollo di Kyoto da sottoporre anche ai capi di Stato e di governo che interverranno a partire dal pomeriggio del 7 dicembre.

Azioni di mitigazione con l’integrazione del Redd+ di lotta alla deforestazione (contact group del Agw-Lca).

Per i Paesi in via di sviluppo che intendono usare il meccanismo Redd+ di lotta alla deforestazione ed al degrado delle foreste, le misure Redd+ devono far parte integrante dei loro piani di azione nazionale di mitigazione (Nama), che, se approvati sono eleggibili ai finanziamenti che saranno resi disponibili ai Paesi in via di sviluppo per i loro impegni di riduzione o limitazione delle emissioni di gas serra. Le divergenze principali (e quindi la mancanza di consenso) stanno nel fatto che, secondo alcuni Paesi, i piani Nama devono essere coordinati e coerenti fra loro a livello sopranazionale per rendere efficace le azioni Redd+, secondo altri, invece, i Nama devono rispecchiare le diverse esigenze (obiettivi) che esistono nelle diverse e particolari caratteristiche nazionali, che potrebbero essere sottovalutate o perse se condizionate da obiettivi diversi nel quadro sopranazionale di azioni. In pratica, gli obiettivi di minimizzazione delle emissioni, a livello nazionale, potrebbero risultare in contrasto con gli obiettivi di massimizzazione della protezione delle foreste, e di lotta alla deforestazione, a livello sopranazionale, o viceversa. Tutto ciò inciderebbe anche sui meccanismi di verifica e controllo (Mvr) che assumerebbero quindi diversa finalità e diversa valenza. L’argomento dovrà essere approfondito.

Finanza, tecnologia e capacity building (contact group Agw-Lca).

Questo gruppo ha preparato un nuovo testo più conciso e più chiaro ma ancora ci sono divergenze sulla capacity buiding e problemi irrisolti sulla gestione finanziaria. Le discussioni dovranno continuare nella prossima settimana e dovrà essere coinvolto anche l’organo di supporto Sbi, il quale però sabato chiude i suoi lavori. I relativi aspetti dovranno essere approfonditi, quindi, dopo Cancún.

Preparazione delle conclusioni Sbi e Sbsta (contact groups di Sbi e Sbsta).

I contact groups di Sbi e Sbsta si sono riuniti per tirare le conclusioni dei rispettivi lavori e preparare i documenti per le sessioni plenarie conclusive di Sbi e Sbsta che saranno tenute oggi.

Il Dna è la nostra immortalità

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Prima di essere gruppo, ovviamente, siamo individui. Per fare gruppo dobbiamo rinunciare a qualche vantaggio individuale, ma lo facciamo solo per un motivo: alla fine i vantaggi del comportamento sociale, altruistico, solidaristico, ricadono sugli individui. Magari qualche individuo si sacrifica, ma il suo sacrificio agevola la sua prole, i suoi parenti, e garantisce che il suo genoma sia trasmesso alle generazioni future. Già, il genoma. Con l’avvento della genetica, la scoperta del Dna e altre meraviglie del genere, alla fine si è quasi arrivati alla conclusione che gli individui non sono altro che trasportatori di geni, passandoli da una generazione all’altra. Gli individui muoiono, ma i loro geni sono perpetui, a patto che gli individui si riproducano, trasmettendo i propri geni alle generazioni future, rendendoli immortali. Ogni individuo, quindi, ha un imperativo categorico: riprodursi. Perché riprodursi significa trasmettere i propri geni. A volte gli individui abdicano alla riproduzione, e questo avviene nelle specie sociali. Nelle api, per esempio, le operaie sono sterili, ma aiutano la regina, loro madre, a mettere al mondo altre sorelle e altri fratelli e, alla fine, è la regina a trasmettere anche i loro geni. Loro aiutano la regina a fare quel lavoro (perpetuare i geni) e anche se non sono loro a farlo in modo diretto (essendo sterili) i loro geni sono comunque perpetuati. Un gioco molto sottile. Questa apparente solidarietà, quindi, è in fondo egoistica perché il risultato finale di questa generosità è comunque la perpetuazione dei propri geni.

Noi siamo capaci di azioni di generosità estrema. Siamo capaci di mettere in pericolo la nostra stessa vita, e magari di morire, per salvare un cane o un gatto. In questo caso, davvero, si tratta di grandissima solidarietà e generosità. Cani e gatti non hanno i nostri stessi geni. Morire per un cane significa abdicare la propria esistenza per quella di un altra linea genetica. Senza ricavarne alcun vantaggio apparente.

Riuscire ad esprimere una generosità inspiegabile alla luce della biologia e della selezione naturale può essere l’espressione estrema dell’altruismo. In un certo senso potremmo perfino dire che si tratta di un’espressione patologica. Hitler mandava a morte milioni di persone, di esseri umani, ma si inteneriva di fronte a un cagnolino. Ma i motivi erano molto differenti. Il motivo dell’eliminazione di umani era dovuto alla loro presunta diversità, i loro geni competono con i nostri. I nostri geni sono buoni, i loro sono cattivi. E quindi li dobbiamo eliminare. Peccato che, in genetica, eliminare geni significa diminuire la diversità di una specie e, in definitiva, questo porta a situazioni geneticamente non molto buone.

L’esogramma

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Quasi un manifesto pedagogico della scuola, in sei punti come poli nevralgici della formazione, binario su cui ripensare la struttura, perché questa sia di servizio e di promozione secondo leggi di riferimento e nel rispetto del diritto fondato.

 

I. Il flusso apprenditivo deve proporzionarsi alla disposizione organica. La ricerca sulla funzionalità organica si era concentrata e sviluppata per la cura e il superamento delle patologie. Oggi, invece, facciamo tesoro delle conoscenze per alimentare i processi comuni dell’apprendere con l’impiego delle stesse energie naturali e contaminando la varietà e complessità dei linguaggi capaci di alimentare una stragrande quantità di cellule cerebrali. La conoscenza del nostro potenziale mentale dispone la didattica all’interazione tra le zone della corteccia con risultati maggiori, migliori e dalla memorizzazione a lungo termine. Ad esempio, quanto è utile per l’autismo o per la dislessia è conveniente che sia applicato alla «normale» dotazione della funzionalità apprenditiva. La sinergia e la contaminazione tra i linguaggi significa sinergia e potenziale maggiorato tra i neuroni; così la didattica riceverà insperati aiuti proprio dalla menti dei soggetti stessi. Arricchire di strumenti tecnologici ad alto potenziale visivo, sonoro e dinamico deve essere obiettivo dell’impiego di fondi indispensabili.

II. La dinamica cerebrale detta i ritmi apprenditivi. Questo elemento determina l’oggettività nel processo dell’apprendere. La cosiddetta «urgenza dei programmi scolastici e della loro scadenza» non può fissare in modo tassativo i comportamenti scolastici. I percorsi non possono essere scanditi in modo estrinseco alle reali disposizioni del gruppo-classe. La centralità dell’alunno ha come ricaduta non l’universalizzazione degli step ma la loro collocazione in nome di un’ortoprassi declinata secondo bisogni e disposizioni reali. Il criterio ispiratore sarà dunque quello non della puntualità ma della positività, del benessere e del successo derivante. Il resto è conseguenza e corollario.

III. La valutazione si applica a percorsi oggettivi e non a standard estrinseci. È aperto il dibattito nella scuola italiana sul modello valutativo Invalsi. Le posizioni al riguardo sono due: a)- quanti ritengono che il sistema sia scientifico e strategicamente indispensabile per l’individuazione delle «buone scuole». Oggettività e strategie sarebbe prodotte dalla sua applicazione su tutto il territorio nazionale e per la sua somministrazione contemporanea ai vari segmenti scolastici. Gli indici di valore fornirebbero allo stato la possibilità di individuare anche il merito in base a cui somministrare badget premianti. b)- i suoi critici oppongono a questo criterio un giudizio di assoluta ragionevolezza. Come si può, infatti, somministrare un modello standard a processi differenziati? Non soltanto perché differenti possono essere i potenziali distribuiti su scala nazionale, ma perché la diversità può registrarsi tra corpi diversi insistenti sullo stesso territorio. Se in autonomia i percorsi possono subire variazioni allora risulta fuorviante obbligare alla somministrazione di un unico tipo di strumento valutativo. Anche la diversità delle culture, dell’impiego della lingua, delle tradizioni ambientali variegate sono contenitori necessariamente differenti tra regioni, città e centri abitati a differente dislocazione altimetrica (pianura, montagna, città, villaggi, ecc.); un esempio per tutti: se mi obblighi ad una classe costituita da 20 alunni tra i quali 3 sono diversamente abili senza/o con parziale sostegno, come puoi obbligare ad una valutazione standard uguale a quella somministrata ad una classe numericamente uguale ma costituita da alunni di normali capacità, positivamente predisposti, motivati, sollecitati da un ambiente ricco di stimoli? Inoltre, da anni si è ormai accolto il principio scientifico che la valutazione è un atto proprio e dinamico relativo al reale percorso fatto, spalmato su tutto il processo e non fissato solo al momento terminale di un’unità o di un modulo. Come ritenere scientifico, dunque, il risultato di una somministrazione universale?

IV. Le conoscenze, a scuola, mirano alla crescita culturale integrale della persona. Pertanto è riduttivo finalizzarle allo sbocco lavorativo, come un espediente dell’apprendistato. Il rapporto tra la scuola e l’applicazione nei settori non può diventare, con la prospettiva occupazionale, il miraggio: la formazione culturale, varia e completa, ha come finalità la crescita globale, l’acquisizione del senso critico, l’affinamento delle destinazioni creative dell’ingegno. In un periodo di crisi generale dell’occupazione giovanile attenzione a non barattare promesse sicurezze con il consenso!

V. Senza benessere mentale non c’è l’apprendere. La mente libera dalle paure, dalle suggestioni, dall’insicurezza è veramente disponibile alla scoperta, alla ricerca, alla conoscenza e alla costruzione del bagaglio mnemonico. L’equilibrio personale è un elemento indispensabile della maturazione della persona: se la scuola non è il luogo ed il tempo della terapia è anche vero che essa esercita un’azione di per sé curativa, perché nutre il pensiero positivo, allena la capacità dialettica, dispone alla partecipazione e alla responsabilizzazione, induce alla motivazione e quindi al successo.

VI. Il percorso formativo nella scuola raggiunge la pienezza della sua realizzazione se risponde ai criteri di «progetto oggettivo». Impostato nel rispetto dell’equilibrio mentale e del benessere, secondo le disposizioni possibili individuali e nel rispetto dei ritmi soggettivi possibili con l’impiego dei linguaggi multipli, esso colloca le persone in una situazione di reciprocità apprenditiva, corroborata dalla asimmetricità tra facilitatori dell’apprendere e soggetti affidati.

Tutti questi coefficienti, declinati nel tempo abbastanza lungo trascorso dai piccoli/giovani a scuola, offriranno risultati positivi se gli operatori rispetteranno il valore-indice, quello della continuità. La visione unitaria dell’essere permette alla scuola di procedere senza sbalzi e senza procurare traumi, nella consapevole fiducia che gli utenti possono prestare ai formatori.
Questa realizzazione del cammino tra le conoscenze attua nel docente la disposizione mentale a condurre per mano gli alunni che risulteranno ben disposti ad assecondare l’impresa, seppure faticosa, gioiosamente soddisfacente.
Gli insegnanti, facilitatori e formatori, sono la personificazione dello Stato e l’occasione della realizzazione dei primi articoli della nostra Costituzione: libertà, partecipazione, dignità, uguaglianza, democrazia, pace.

Greenpeace chiede stop al carbone in Italia

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Secondo il nuovo rapporto dell’Ipcc, presentato oggi a Bruxelles, si aggravano gli impatti previsti del riscaldamento globale sul pianeta. Il quadro disegnato dagli scienziati che studiano i cambiamenti climatici per conto dell’Onu è molto più fosco rispetto a quanto delineato dal precedente rapporto, presentato nel 2001. Greenpeace prende atto dei nuovi dati e avverte che il tempo per intervenire sta finendo.

La situazione si sta aggravando e i danni economici e ambientali saranno rilevanti. «Leggere il rapporto è come lanciare lo sguardo in un futuro apocalittico – afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Clima ed Energia di Greenpeace -. La Terra verrà trasformata drasticamente dal riscaldamento globale dovuto alle attività dell’uomo. Il tempo per intervenire è ora». Per salvare il pianeta dal futuro collasso climatico bisogna stabilizzare le emissioni mondiali di gas serra entro il 2020 e dimezzarle entro il 2050. Occorre, quindi, una vera e propria rivoluzione energetica per sviluppare nel più breve tempo possibile le fonti rinnovabili e annullare il contributo delle fonti fossili, primo tra tutti il carbone, il combustibile con le più alte emissioni specifiche di gas serra.

Purtroppo, l’Italia sta andando nella direzione opposta. In barba ai vincoli del Protocollo di Kyoto, infatti, le emissioni di CO2 sono aumentate di circa il 13 per cento dal 1990 a oggi. E grandi gruppi industriali nazionali come Enel progettano la conversione a carbone di diverse centrali termoelettriche, per prime Civitavecchia e Porto Tolle.
Già nel 2005 Enel è stato il maggiore responsabile delle emissioni di CO2 in Italia con 56,2 milioni di tonnellate rilasciate. Con la conversione a carbone delle due centrali le emissioni del Gruppo aumenterebbero di almeno altri 20 milioni di tonnellate.

«Il carbone pulito non esiste – continua Tedesco -. Il governo sia coerente con gli impegni presi a livello internazionale e metta un freno al pericolo di un ritorno al carbone, bloccando tutti i progetti di conversione e potenziamento: la svolta climatica parte da qui». Oggi pomeriggio Greenpeace porterà la propria solidarietà al Comitato NoCoke di Tarquinia, da giorni in sciopero della fame nel tentativo di bloccare la conversione a carbone della centrale di Civitavecchia, dove i lavori procedono speditamente.

(Fonte Greenpeace)

Ottanta depositi nel mondo

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ROMA – Sono circa un’ottantina i depositi definitivi per accogliere i rifiuti radioattivi in tutto il mondo, dieci i siti solo selezionati e sei i depositi in fase di studio o in attesa di permesso dalle Autorità. Tra questi anche Chernobyl. Sette sono invece i depositi in fase di chiusura (in Armenia, Repubblica Ceca, Russia, Tajikistan e Ucraina) e 18 quelli chiusi.
Questa la mappa mondiale dei depositi per le scorie radioattive secondo i dati forniti dall’Agenzia per la protezione dell’Ambiente (Apat).
La maggior parte dei depositi, per non dire quasi tutti, fanno notare all’Apat, sono DSS e DSI, cioè depositi superficiali con strutture semplificate nel primo caso e con strutture ingegneristiche nel secondo, in grado di ospitare rifiuti radioattivi a bassa attività per i DSS e rifiuti radioattivi a bassa e media attività. Parte sono depositi in cavità o miniera (DC) utilizzati anch’essi per scorie a bassa e media attività mentre pochi sono i depositi geologici presenti nell’elenco, quelli cioè in grado di ospitare rifiuti radioattivi a media e alta attività».

La sicurezza agroalimentare

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Molti sono anche i compiti del Corpo forestale dello Stato per la sicurezza agroalimentare e a tutela della salute del cittadino. Ricordiamo le tante attività ? una per tutte il consueto controllo sul vino Sciacchetrà doc delle Cinque Terre ? non solo per garantire il rispetto delle norme (soprattutto in tema di biologico e di qualità), ma anche per prevenire frodi sui finanziamenti. E poi, come non ricordare l’opera del Corpo forestale dello Stato nella delicata vicenda del latte per infanzia alterato dalla presenza di una sostanza, l’Itx, che non doveva finire nel latte. Gli agenti del Corpo forestale dello Stato sono stati impegnati per giorni e giorni ad effettuare controlli e sequestri, per assicurare il ritiro della merce che presentava il problema e per verificare eventuali ipotesi di reato.

(Fonte Corpo forestale dello Stato)

Ifmif

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Lo sviluppo di materiali idonei all’impiego in Demo e nei reattori commerciali richiederà la continuazione delle ricerche per l’ottimizzazione delle proprietà elettromeccaniche e per la loro fabbricazione industriale durante le varie fasi operative della centrale. Per queste indagini si utilizzeranno, nella misura del possibile, gli impianti a fissione per la prova dei materiali già esistenti. Tuttavia la presenza di una maggiore percentuale di neutroni veloci nello spettro della fusione rispetto a quello della fissione, determinerà nei materiali una modifica della tenuta sotto irraggiamento. Questo richiederà prove in un nuovo impianto dove si potrà simulare l’effettivo spettro di fusione. Come già accennato, il progetto preliminare di questo impianto schematizzato in figura 6, chiamato Ifmif (International Fusion Material Irradiation Facility), è già stato elaborato. Il concetto su cui si basa è quello di produrre lo spettro neutronico richiesto, confrontabile a quello di un reattore a fusione, in un volume sufficiente per simulare il danno sui materiali dei componenti più vicini al plasma attraverso il bombardamento di un bersaglio di litio metallico in movimento con deuteroni ad alta energia.
Ciò è ottenuto attraverso il bombardamento di un bersaglio di litio metallico in movimento con deuteroni ad alta energia (40 MeV) accelerati in due acceleratori lineari, con 125 mA di corrente ciascuno. Nel volume a più alto flusso di neutroni, davanti al bersaglio di litio, è possibile irraggiare materiali fino a 20 ? 50 dpa/anno, con la possibilità quindi di ottenere dati utili per l’impiego di tali materiali in un reattore di potenza (Demo) nell’arco di circa cinque anni. In Ifmif saranno provati sia i materiali per Demo (acciai ad attivazione ridotta, e.g. Eurofer, l’acciaio giapponese ad attivazione ridotta F82H) sia i materiali a più lungo termine come i ceramici compositi tipo il Carburo di Silicio (SiCf/SiC).
Il completamento del progetto dell’impianto e la realizzazione dei prototipi dei componenti principali sono previsti entro 6 anni, nel quadro dell’accordo «broader approach» fra Ue e Giappone fatto a margine dei negoziati per Iter con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo dei reattori a fusione. Quindi l’impianto Ifmif potrebbe essere costruito entro i prossimi 10-12 anni, in parallelo con la realizzazione e l’attività di Iter.

Global warming may lead to big chill threat

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Britain could have a climate like Iceland’s within the next 100 years, a scientist has warned. The change would come about as a result of global warming, with the Gulf Stream being suddenly cut off. They say the process may have already begun because of changes caused by global warming.
The Gulf Stream carries ocean heat past Britain’s shores, ensuring that the climate stays mild. If it was not there, temperatures in the UK would plunge. The Iceland Britain scenario is investigated on the Big Chill, broadcast on BBC 2’s Horizon tonight.

Expert Terry Joyce, from Woods Hole Oceanographic Institute in the US says: “The likelihood of having an abrupt change is increasing because global warming is moving us closer and closer to the brink. We don’t know where it is, but we know one thing, we’re moving closer to the edge.

“And so I’d say that within the next 100 years it’s very likely, in other words a 50% probability that this might happen.” The change would come almost out of the blue. “It will be quick, and suddenly one decade we’re warm, and the next decade we’re in the coldest winter we’ve experienced in the last 100 years, but we’re in it for 100 years,” he says.

Dr Bill Turrell, from the Fisheries Research Service in Aberdeen, has been measuring the salt content of the Gulf Stream current flowing north of Scotland. If salinity is dropping, it is a sign that the driving force behind the Gulf Stream is weakening.

Global warming threatens the Gulf Stream because it is predicted to produce more fresh water, which would dilute the salty waters of the current. This in turn would stop it sinking, and if this happened the heat it carries would be cut off.

Dr Turrell’s measurements show that the Gulf Stream’s salinity is indeed dropping. “It’s the most fundamental change I’ve observed in my career,” he tells the programme. “We were really worried when we saw these results. We’d never seen a change like this before.”

Ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici della produzione di cibo

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La produzione di cibo è vulnerabile ai cambiamenti climatici attraverso due vie principali:

Le risorse idriche. L’abbondanza di risorse idriche per l’irrigazione è stata in passato uno dei fattori di successo nello sviluppo dell’agricoltura intensiva e industriale, sia nella scelta delle colture anche su terreni inadatti, sia nella programmazione durante l’anno di semine e raccolti anche al di fuori dei normali ritmi stagionali. Con i cambiamenti del clima tenderanno a intensificarsi i fenomeni estremi, quali precipitazioni molto intense e di breve durata (con forte ruscellamento superficiale) seguite da più o meno lunghi periodi di siccità (con forti rischi di degrado dei suoli). Il risultato è una insufficiente ricarica delle falde e una minore disponibilità di acqua. A ciò bisogna aggiungere, specie per i bacini idrologici dell’Italia settentrionale, la riduzione degli apporti nivoglaciali a causa della riduzione dei ghiacciai alpini. La produzione di cibo, così come la zootecnia che è un settore a rilevante consumo di acqua quindi, dovrà evolvere verso sistemi di uso efficiente dell’acqua e di riciclo dell’acqua. Utilizzare cibo prodotto con un’agricoltura efficiente nell’uso delle risorse idriche o ridotte necessità d’acqua e consumare minori prodotti di macelleria, permette di prevenire le conseguenze negative della carenza delle risorse idriche e aiuta la produzione agricola ad adattarsi ai cambiamenti del clima.

La biodiversità. I cambiamenti climatici influiscono significativamente sulla diversità biologica giungendo a causare anche fenomeni di estinzione di singole specie e profonde modificazioni nella struttura e nelle funzioni degli ecosistemi e nella loro distribuzione sul territorio, compresi gli insetti impollinatori e i batteri fermentatori essenziali nella preparazione di alimenti o di prodotti tipici come il vino. Utilizzare, quindi, prodotti stagionali ma, soprattutto, tipici del territorio e della biodiversità del territorio, aiuta l’agricoltura a mantenere la qualità degli spazi rurali e ad aumentare la protezione degli habitat naturali e del paesaggio. Valorizzare i prodotti alimentari tipici del territorio è di fondamentale importanza per prevenire le conseguenze negative dei cambiamenti climatici sulla produzione alimentare.

In definitiva, la produzione sostenibile di cibo non è solo un problema dell’agricoltura. Spetta ai consumatori con le loro scelte responsabili aiutare l’agricoltura e tutta la filiera agroalimentare ad essere meno impattante sul clima, ma anche meno vulnerabile ai cambiamenti del clima.

Ddl sulla disciplina dell’attività di Bed & Breakfast

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Il Disegno di Legge innova radicalmente la disciplina dell’attività extralberghiera definita «Bed & Breakfast». La forte diffusione che questa forma di ospitalità ha avuto negli ultimi anni ha reso necessario adeguare la regolamentazione normativa di questa tipologia di offerta ricettiva per le nuove tipologie di turisti che la Regione Basilicata intende accogliere.
Il forte incremento della domanda di ricettività extra- alberghiera, che si rivolge a visitatori con ridotta capacità di spesa ed interessi culturali verso il territorio che li ospita ed alle tradizioni locali, può trovare nel Bed & Breakfast una valida risposta a queste aspettative.
Relativamente all’esercizio dell’attività Bed & Breakfast, si è ribadito, con maggior chiarezza e coerenza, che il carattere è quello della non imprenditorialità, qualificando così la conduzione e l’organizzazione come «familiare».
Inoltre, confermando la politica della valorizzazione della qualità, è prevista la distinzione tra le attività «standard» e quelle «comfort», caratterizzata quest’ultima dall’offerta di servizi aggiuntivi al cliente, consentendo di riconoscere agli operatori un criterio di differenziazione in termini di classificazione dell’attività.
Per favorire lo sviluppo dei piccoli Comuni è stato disposto che i limiti dimensionali previsti per l’esercizio dell’attività, ordinariamente pari a quattro camere e otto posti letto, venissero ampliati rispettivamente a sei camere e dodici posti, per i centri abitati la cui popolazione è inferiore a cinquemila abitanti. In tal modo si consente, ai piccoli comuni della regione di poter sviluppare una rete di strutture ricettive, rispettose del patrimonio naturale ed a basso impatto ambientale, consentendo di dare un risposta positiva alle aspettative di sviluppo del territorio.
Infine si evidenzia che, in analogia a quanto previsto anche per gli altri disegni di legge in materia turistica, si è voluto dare una risposta alle esigenze di snellezza sotto il profilo delle procedure amministrative, adottando regole in linea con quanto previsto dalle norme relative alla Sportello Unico Attività Produttive, per l’autorizzazione all’avvio dell’esercizio delle attività.

(Fonte Regione Basilicata)

Grandinata micidiale a Dallas

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Autentico bombardamento di ghiaccio a Dallas, in Texas. Tanta paura e danni per milioni di dollari.

Temporale di inaudita potenza quello sviluppatosi Mercoledì 13 Giugno 2012 a Dallas in Texas.
Ci sono state altre grandinate in questi giorni nel Texas a causa di un flusso instabile in quota, però quella verificatosi a Dallas ha superato ogni aspettativa bombardando letteralmente la cittadina americana.

Chicchi di ghiaccio grandi come palle da golf e alcuni hanno anche raggiunto un diametro di 5 cm. L’evento è durato diversi minuti con un’intensità incredibile. Gli effetti sono stati devastanti su qualsiasi cosa: vegetazione, agricoltura, automobili ed edifici. Migliaia i parabrezza e i lunotti frantumati e altrettanti i tetti delle case letteralmente distrutti.

(Fonte Accademia Kronos)

Le Guaras

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Sono chiglie mobili che vengono usate, oltre ad un timone, per determinare la direzione. Metodo questo usato dagli antichi Incas, per i loro spostamenti di uomini e prodotti tra l’Equador, il Perù e il Cile, ottenendo così la convenienza di approdare direttamente sulle loro spiagge, senza bisogno di utilizzare un porto.
Queste appendici, in totale sono 10, e sono dislocate quattro davanti, due al centro e quattro dietro, in questa composizione togliendo una o più «chiglie» ad un lato si ottiene un cambio di rotta, più o meno deciso.

La risposta della Regione

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La ringraziamo per aver scelto la nostra Regione, che Lei definisce bellissima, quale meta per le sue vacanze.
E veniamo subito al punto dolente che Lei evidenzia, atteso che la lotta tra cani e i macelli abusivi sono fenomeni criminali che, aggiunti alla delinquenza organizzata, appartengono a tante diverse realtà, non essendo unicamente una nostra prerogativa.
In effetti gli animali maschi, neonati di specie bufalina, fanno una brutta fine, il problema esiste ed è noto, ma è molto complesso nella soluzione: proviamo a spiegarlo.

Il bufalo maschio nell’allevamento bufalino è utilizzato solo per l’accoppiamento atteso che l’interesse per l’allevatore è rivolto solo alla femmina che produce il latte.
I nascituri di sesso maschile, fatto salvi quelli utilizzati per la riproduzione, costituiscono per l’azienda solo un costo senza beneficio.
Questa condizione, aggiuntiva alla spesa che comporta lo smaltimento di carcasse regolarmente macellate, così come prevede la normativa vigente, rende questi allevatori senza scrupoli degli impietosi omicidi.
Reprimere il fenomeno non è facile, in quanto gli animali così tragicamente eliminati non sono identificabili poiché sforniti di marca auricolare e quindi non riconducibili ad un proprietario da perseguire legalmente.
L’unica soluzione che risolve definitivamente il problema è quello di tentare di dare un mercato a questi animali.
Forse ci siamo riusciti: in concreto si attiverà ad ottobre p.v. un grosso impianto di macellazione a Grottaminarda, in provincia di Avellino, che è disponibile a raccogliere e macellare questi poveri animali per poi destinarli alle industrie che fanno cibo per piccoli animali.

Ci risulta anche che sono in atto sperimentazioni di allevamento di piccoli bufalotti per farne animali da ingrasso da destinare all’alimentazione umana.
Per intanto abbiamo richiesto controlli serrati, sia alle forze dell’ordine che ai servizi delle AA. SS. LL. nel tentativo se non di eliminare, almeno di ridurre al minimo il barbaro fenomeno.

In tempi brevi infine dovremmo risolvere radicalmente il problema ed eliminare questa vergognosa situazione che rende incivile la nostra comunità.
Egregia signora, nel salutarla cordialmente la aspettiamo per una prossima vacanza, con la certezza che potrà venire in Campania, non solo a gustare la nostra impareggiabile mozzarella, ma anche a compiacersi con noi per essere riusciti ad eliminare spettacoli così turpi e nefandi.

Greenpeace chiede ai governi di agire subito

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L’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organo scientifico delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha approvato oggi il primo dei quattro documenti che comporranno il Quinto Rapporto. Mette in allarme su un intensificarsi degli impatti, ma mostra anche che si può ancora agire per prevenire gli effetti più disastrosi.

«L’unica risposta sensata ai segnali allarmanti che ci manda il Pianeta è l’azione immediata. Purtroppo chi è entrato in azione si trova ora in galera in Russia, mentre i responsabili del caos climatico sono protetti dai governi di tutto il mondo» afferma Andrea Boraschi, responsabile clima di Greenpeace, riferendosi ai 30 attivisti e membri dell’equipaggio della Arctic Sunrise, tra cui un italiano, per i quali è stata disposta ieri dal tribunale russo la custodia cautelare per 2 mesi, in seguito a un’azione pacifica di protesta contro una piattaforma petrolifera.
Il livello annuale dei ghiacci dell’Artico ha appena raggiunto la sua estensione minima per il 2013: 5,10 milioni di chilometri quadri. Nonostante l’estensione attuale sia più elevata di quella registrata nel 2012 con il minimo storico – il dato di quest’anno rimane tra i più bassi da quando sono iniziate le registrazioni via satellite nel 1979.
«L’Artico si sta sciogliendo davanti ai nostri occhi, e l’annuncio di quest’anno è in linea con quello che la scienza ci dice da decenni. Stiamo distruggendo il nostro condizionatore globale e le conseguenze sono evidenti: alluvioni, tempeste e siccità opprimenti. I principali responsabili di questo caos climatico sono i combustibili fossili. In questo momento, aziende come Shell e Gazprom si stanno muovendo verso l’Artico per estrarre le ultime gocce di petrolio rimaste ed è nostra responsabilità fermarli. Per salvare il clima e garantire un futuro ai nostri figli l’unica strada percorribile è quella delle energie rinnovabili – commenta Andrea Boraschi, responsabile clima di Greenpeace -. L’era dei combustibili fossili va definitivamente archiviata».
Nella decade trascorsa (2002-2011) la Groenlandia ha perso la sua massa artica a ritmi sei volte superiori a quelli della decade precedente. Anche i ghiacci antartici si sono ridotti a un ritmo 5 volte superiore. Dal 1993 i livelli dei mari si sono innalzati mediamente a un ritmo doppio rispetto a quello del secolo passato; l’estensione dei ghiacci del Polo Nord si è ridotta in maniera significativamente più veloce rispetto a quanto previsto, e nel futuro quell’area potrebbe risultare completamente priva di ghiacci nel periodo estivo.
L’Ipcc segnala che, per tenere l’innalzamento della temperatura al di sotto dei 2 gradi Celsius (soglia che secondo gli scienziati non bisognerebbe oltrepassare per evitare scenari disastrosi) le emissioni di CO2 devono smettere di crescere entro il 2020 e bisogna arrivare a zero emissioni entro il 2070.
«La buona notizia di questo documento è che abbiamo ancora una possibilità per scegliere il nostro futuro. Se i governi rispettano gli obiettivi che si sono dati e per i quali non si stanno impegnando come dovrebbero, se avviamo veramente la rivoluzione energetica nel segno dell’efficienza e delle rinnovabili, allora possiamo farcela», conclude Boraschi.

– Leggi il briefing «Verso il Quinto rapporto dell’Ipcc. Le scelte che dobbiamo compiere per salvare il clima».

Bibliografia

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