Tempo di lettura: 9 minutiL’opportunità dei cambiamenti climatici
I cambiamenti climatici, oltre ad essere un rischio, possono diventare «un’opportunità da cogliere con rapidità», specialmente per quanto riguarda l’adattamento, «che non significa arrendersi, come lascerebbe intendere il termine inglese, e tanto meno limitarsi a minimizzare gli effetti». Lo ha detto, aprendo stamattina i lavori della Conferenza Nazionale sui Cambiamenti climatici alla Fao di Roma il Commissario Straordinario dell’Apat, Giancarlo Viglione. Nonostante si veda già qualche segnale positivo, ha continuato il Commissario, la Prima Conferenza nazionale sul clima, dovrà servire «per colmare il gap esistente tra l’Italia e altri Paesi, per quanto riguarda le politiche ambientali, creando gli elementi guida per una strategia di adattamento». Altrettanto importante è anche la «nascita di una consapevolezza nuova nei giovani», che l’Apat cerca di favorire attraverso una Conferenza Junior che, ha concluso Viglione, «ospiterà domani sempre alla Fao 100 giovani delle scuole superiori italiane, che con giochi di simulazione si renderanno conto dell’impatto del cambio di clima».
Ancora molti soffrono la fame
Il vice Direttore della Fao, David Harcharik, ha ricordato i molti accordi sull’ambiente già stipulati con il governo italiano, confermando «la disponibilità della Fao a qualsiasi tipo di collaborazione per contrastare l’impatto dei cambiamenti climatici. Il Vicepresidente ha ricordato gli 852 milioni di persone nel mondo che soffrono la fame, puntualizzando che ben 815 milioni di essi vivono nei Paesi in via di sviluppo, una cifra che aumenta anche a causa dei cambiamenti climatici, che portano i Paesi in via di sviluppo a doversi adeguare a condizioni di vita ancora più severe.
Non è l’impazzimento della Natura
«Il cambiamento climatico non è una sorta di ?impazzimento della natura?. La causa è ?nella politica di rapina e di dominio della natura che un lungo ciclo economico ha perpetuato». Lo ha detto il Presidente della Camera Fausto Bertinotti portando il suo saluto alla Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici, un «saluto interessato» nel senso che «obbligatoriamente il tema deve interessare le istituzioni, la politica e ognuno di noi come cittadino».
La definizione che tutti noi usiamo di cambiamento del clima, ha spiegato nel suo intervento alla Fao, in realtà sembra essere del tutto inadeguata, poiché «sembra di parlare di un fenomeno oggettivo o almeno storicamente determinato ? ha detto Bertinotti ? ma non dà idea della gravità del fenomeno e dei rischi che comporta. Sono stati ricordati, in questa sede, fame, malattia, povertà, devastazione, rischi di catastrofe che sono connessi a questo appuntamento ? ha proseguito Bertinotti . La politica e le istituzioni sono chiamate ad una sfida difficile perché si tratta di un cambiamento profondo. Se il cambiamento climatico non è una sorta di ?impazzimento della natura?, se esiste un elemento causale di questo fenomeno, questo è proprio nella politica di rapina e di dominio della natura che un lungo ciclo economico ha perpetrato. Oggi la sfida della politica è di cambiare il corso delle cose, una sfida difficile perché dobbiamo affrontare delle arretratezze culturali, che incontrano anche resistenze di interessi di chi
non ha alcuna propensione al cambiamento. In questa Italia, e in questo Mediterraneo – ha concluso il presidente della Camera – ci sono le risorse anche di civiltà per poter intraprendere il cambiamento».
Salute e biodiversità
Roberto Caracciolo, direttore di Dipartimento dell’Apat.
Un aspetto che richiede estrema attenzione è quello riguardante gli effetti sulla salute umana dei cambiamenti climatici in corso: «Per ogni grado di temperatura in più, si stima, esiste un’aspettativa di aumento del 3% di mortalità».
Quali gli scenari futuri ci aspettano, pertanto? «Una diminuzione dal 30 al 70% dei ghiacciai entro il 2100, meno precipitazioni nevose, sempre più frequenti eventi siccitosi che, pertanto, passerebbero da 1 ogni 100 a 1 ogni 50 anni. Entro il 2070, la portata dei corsi d’acqua potrebbe diminuire di oltre l’80%».
Non poche le conseguenze anche sulle biodiversità, la cui conservazione risulta essere sempre più indispensabile. «Nell’ultimo secolo ? ha spiegato Caracciolo – le specie vegetali si sono spostate verso quote più elevate ed è aumentata la durata di crescita delle colture. Entro il 2080, si stima una perdita delle specie vegetali montane del 62%, una diminuzione del 20% delle aree umide costiere, un calo della produttività agricola europea e, in particolare, di legumi, girasoli e tuberi».
Le soluzioni ci sono vanno applicate
«La sfida sollevata dall’interdipendenza fra i cambiamenti climatici e l’acqua non risiede nella conoscenza e nell’approfondimento del fenomeno e dei risvolti e neanche nella ricerca di soluzioni, ma molto più semplicemente nella presa di coscienza dell’origine antropica di questa situazione». A parlare è Riccardo Petrella, Presidente del Comitato Internazionale per il Contratto Mondiale dell’Acqua, che durante il suo intervento non ha risparmiato critiche alle politiche ambientali attuate dal Governo.
Petrella ha rilevato che quella dei cambiamenti climatici, ancor prima di essere una sfida scientifica, è essenzialmente politica, in quanto basata sulla effettiva e concreta realizzazione di queste soluzioni. Diversamente si andrebbe incontro ad una carenza di acqua impressionante: «si suppone ? dichiara ? che nel 2032 il 60% della popolazione vivrà in zone semidesertiche con scarsa presenza di acqua dolce». Eppure le soluzioni, secondo Petrella, sono a portata di mano: sarebbe sufficiente che il Governo applicasse soluzioni già esistenti e che attuasse interventi simbolici. «In ambito agricolo per esempio basta sostituire, come si predica ormai da circa 50 anni, gli attuali sistemi di irrigazione a pioggia con quelli a goccia. Per quanto riguarda i biocarburanti, è ormai assodato che rappresentano una maniera insostenibile di utilizzare l’acqua, così come sono altamente nocivi i pesticidi. Sarebbe estremamente semplice smettere di utilizzare entrambi».
Bisogna innanzitutto reinventare, sostiene, in maniera netta e precisa la finanza pubblica a livello mondiale per gestire le infrastrutture fondate sulle ragioni di mercato. Tali infrastrutture si basano chiaramente sullo sfruttamento tecnologico delle risorse, particolarmente di quelle idriche, minando in questo modo il diritto naturale all’acqua, in quanto ne producono lo scompenso e lo scarsità. «Per quale motivo – conclude ? non è stato ancora vietato l’uso delle acque minerali in
bottiglia di plastica o il trasporto di acqua a lungo raggio? chiaramente alla base di questa indecisione si trovano ragioni commerciali e un’incapacità politica di prendere decisioni corrette, nonostante si abbiano a disposizioni gli strumenti per farlo».
Superare le conflittualità per salvare le coste
«Concordo con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ? ha dichiarato Nicola Greco, della Scuola Superiore della PA – nell’affermare che il nostro destino è operare non solo economicamente e politicamente in campo europeo, ma anche dal punto di vista progettuale, adottando politiche e regole opportune».
«Abbiamo la necessità ? ha aggiunto – di aggiustamenti profondi nella definizione delle norme che regolano il settore delle coste italiane. Un terzo di esse, si stima, è in forte arretramento e sono occupate, oggi, da una serie di attività di tipo edilizio-abitativo, a cui si aggiungono le attività portuali molto industrializzate, quelle di pesca, di distribuzione di energia, infrastrutture di trasporto e aeroportuali. Esse occupano il 51% delle aree costiere».
Sono 25.000 le aziende turistiche di medio e grande livello: a fronte di questo, nel 1942, fu predisposto il codice della navigazione, costruito affinché la linea di costa, confine della patria, avesse un regime giuridico particolare. «Il demanio marittimo – ha spiegato Greco ? appartiene tutto allo Stato, tranne in casi particolari, in cui viene destinato ad usi privati. Questa sta diventando, tuttavia, la prassi. Occorre rendersi conto del paradosso: il demanio marittimo è tutto dello Stato, ma la realtà é molto diversa. Lungo le coste ? ha aggiunto – imperano 4-5 regimi, che cercano faticosamente e silenziosamente un equilibrio tra loro: si tratta anche di porti, pesca e turismo, in perenne conflittualità. È qui che si inserisce il problema del dissesto delle coste, aggravato dal fatto che, tra il 1965 e 1985, la popolazione italiana in tali aree era già pari al 30% del totale».
Il dirigente della Scuola della Pubblica Amministrazione ha, infine, concluso: «Nel 2002 l’Unione europea ha proposto agli Stati di organizzare una motivata gestione integrata delle coste: questa é la prospettiva sulla quale stiamo operando».
Strumenti di prevenzione sanitaria
«L’attenzione di noi tutti ? ha dichiarato Roberto Bertollini, Direttore del Programma Speciale Ambiente e Salute dell’Oms Europa ? deve concentrarsi su dati empirici e fatti reali, peraltro già osservati, e su cui la società italiana e internazionale dovranno confrontarsi per disporre adeguate politiche di adattamento».
«Un esempio di quanto sta accadendo ? ha spiegato Bertollini ? è fornito dal caso della zanzara tigre, diffusasi rapidamente in tutta Italia, oltre che in alcune zone di Spagna e Olanda. Qui, l’insetto ha trovato un ambiente accogliente, grazie ai cambiamenti climatici che in questa sede stiamo affrontando. Dopo i recenti e numerosi casi di puntura dell’insetto, le autorità sanitarie hanno promosso attività di informazione piuttosto massiccia. Si tratta dell’ennesima conferma di quanto ipotizzato in passato, e cioè che l’elevarsi delle temperature portano al conseguente incremento delle patologie, in quanto gli agenti patogeni trovano nel clima
attuale le condizioni ottimali di sviluppo e diffusione».
L’esponente dell’Oms ha, poi, sottolineato la necessità di approntare un nuovo regolamento sanitario internazionale, che garantisca comunicazione e informazione su patologie che mettono a rischio la salute. «In questo contesto ? ha chiarito – è indispensabile che il Sistema Sanitario Nazionale potenzi la sorveglianza epidemiologica, con più ampio coinvolgimento dei medici di base».
«È oramai chiaro che le malattie trasmesse da vettori dipendono in modo significativo dai cambiamenti climatici. Come non ricordare l’estate del 2003, in cui un’ondata di calore portò ad un aumento di 35000 morti su quelli attesi? Da quei mesi difficili, tuttavia, scaturirono vari studi, da cui emerse una stima preoccupante: per ogni grado in più di temperatura, aumenta del 3% la percentuale giornaliera di decessi».
Bertollini ha, poi, sottolineato la necessità di politiche attente alle condizioni sanitarie di soggetti particolarmente deboli, come gli anziani e i malati cronici. Ma non solo. «Appare indispensabile potenziare i sistemi di allarme preventivo sulle ondate di calore. Esse non sono sempre uguali, per cui le loro manifestazioni possono essere diverse».
«Gli strumenti sanitari, quando efficaci, lasciano il segno: a Roma e Torino, nel 2004, la curva di aumento della mortalità correlata all’aumento temperatura appariva ai tecnici piuttosto appiattita. Ecco dimostrato che i programmi di allarme precoce funzionano. Il Sistema Sanitario ? ha concluso ? dovrebbe svolgere un ruolo più attivo, attraverso meccanismi che lo rendano più pronto e consapevole. Ho, tuttavia, constatato con rammarico che il rapporto tra cambiamenti climatici e salute è ancora vissuto con poca attenzione e messo spesso in dubbio, con un’attenzione maggiore nei confronti della terapia piuttosto che della prevenzione».
Politica utile se risolve problemi del futuro
«La politica deve indicare una strada praticabile per risolvere problemi come quello dei cambiamenti climatici, altrimenti avrà fallito il suo compito». Lo ha detto, nel moderare la sessione «Gli strumenti di adattamento» della Conferenza nazionale sui Cambiamenti Climatici in corso alla Fao, Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, il quale ha ricordato che martedí 18 settembre si terrá una sessione straordinaria di Montecitorio, dedicata proprio ai temi della Conferenza. Realacci ha aggiunto che i leader del mondo, di sinistra come di destra, hanno compreso il ruolo e l’utilità del loro lavoro, che dev’essere di affrontare le sfide del futuro e dare sicurezza ai cittadini, e «bisogna arrivare a questo livello di condivisione anche in Italia». Il problema è infatti che i cambiamenti climatici, ha ribadito il presidente della Commissione di Montecitorio, «sono un fattore oggettivo e un problema di oggi, per quanto si possano dare diverse valutazioni», quindi, pur rifiutando i catastrofismi, «occorre fare qualcosa da subito». La sfida dell’ambiente, ha detto Realacci, può essere un grande terreno di innovazione e competizione economica, tanto è vero che paesi come Germania e Inghilterra spingono per adeguarsi al più presto ai cambiamenti climatici, sapendo che chi arriva per primo avrà anche importanti vantaggi economici. Sanno, ha concluso, che «quando comincia una cena
è meglio essere tra gli invitati che non tra le pietanze».
Ignorare il problema ambientale è un crimine contro l’umanità
«Il problema dell’ambientalismo è un problema che riguarda l’intera umanità». A parlare è il Vicesindaco di Roma, Mariapia Garavaglia evidenziando come l’ambiente sia estremamente bello in termini flora, fauna e patrimonio naturale, ma contemporaneamente anche compromesso dalle emergenze. L’impegno che le amministrazioni comunali devono profondere è fondamentale in considerazione del loro stesso carattere di estrema vicinanza, di rapporto diretto con la cittadinanza. «Le amministrazioni comunali ? sostiene ? possono e devono fare molto in termine di orientamento delle scelte individuali, possono intervenire affinché queste scelte vengano interiorizzate e divengano scelte consapevoli». Il Comune di Roma si dimostra molto «sensibile» alle problematiche ambientali attraverso interventi «sostenibili», già in atto, per limitare l’impatto dell’uomo sulla natura: una delibera che prescrive che nella costruzione di nuovi edifici il 30% del fabbisogno complessivo ed il 50% della risorsa idrica provenga da fonti rinnovabili. La possibilità, inoltre, di noleggiare la bicicletta nei pressi delle fermate della linea della metropolitana e di riconsegnarla in una diversa da quella di partenza e la costruzione della terza linea della metropolitana per smaltire ulteriormente il traffico cittadino. «È necessario indirizzare la propria attenzione facendo in modo che le amministrazioni locali per prime, ma anche i cittadini, soprattutto i giovani, raggiungano una maggiore consapevolezza sulle questioni ambientali. Il lavoro svolto dalle amministrazioni deve fungere da modello comportamentale per la popolazione: sono molte ad esempio le scuole che ad oggi si servono dei pannelli solari per il riscaldamento. Non è solo tempo di agire, ma siamo già in ritardo rispetto agli altri Paesi europei: le azioni intraprese e da intraprendere devono orientare le scelte dei singoli perché ciascuno di noi è responsabile di tutto di fronte a tutti.
Steiner: L’Italia può dettare strategie sul clima
«Questa Conferenza ha un’importanza enorme in quanto l’Italia fa parte del G8, è un paese industrializzato, ha firmato il Protocollo di Kyoto e la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici: per questo può dare importanti indicazioni sulle strategie da intraprendere». È quanto ha dichiarato il Direttore esecutivo dell’Unep Achim Steiner, intervenendo oggi alla Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici in corso a Roma.
«Il 2007 ha segnato un punto di svolta sui cambiamenti climatici in quanto sono divenuti un argomento di pubblico dominio e non più ristretti alle agenzie o agli esperti del settore. In molti paesi la gente si domanda cosa stanno facendo gli Stati per arginare gli effetti del climate change». Le proiezioni dell’Ipcc si sono dimostrate vere e il prezzo dell’inazione è troppo alto per non essere considerato: «Pensiamo al costo dell’uragano Katrina, 81 miliardi di dollari, oppure ai 6 miliardi di danni provocati in Gran Bretagna in 24 ore dalle precipitazioni».
Il Direttore dell’Unep ha poi annunciato ufficialmente la prossima conferenza delle Nazioni Unite a New York il 24 settembre. In quella sede il Segretario Bank-Ki-Moon vuole lanciare una nuova concertazione fra tutti i governi ? ha dichiarato
Steiner – per far sì che l’incontro di Bali per il post-Kyoto sia proficuo e dia i risultati attesi. All’incontro dell’Onu seguirà poi a Washington un meeting organizzato dall’amministrazione Bush fra i paesi più inquinanti del mondo. «C’è da sottolineare un nuovo atteggiamento da parte degli Stati Uniti: per esempio 300 città americane si sono impegnate a ridurre le emissioni di carbonio in misura maggiore rispetto ai limiti di Kyoto. E lo stesso ha deciso di fare anche la California».
Sono tre i settori nei quali l’Unep consiglia di intervenire per ridurre le emissioni: «Aumentare l’efficienza energetica, migliorare il settore dei trasporti e quello dell’energia».